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4. Le retribuzioni e i prezzi
4.1 Le retribuzioni e il Clup
Dopo l’inflazione, accelerano i salari nominali La dinamica delle retribuzioni di fatto pro-capite nell’intera economia italiana accelera al +4,2% nel 2024, dal +2,4% nel 2023, ed è prevista continuare sul +3,1% nel 2025. Il rafforzamento della dinamica retributiva nominale, contemporaneo al netto rientro dell’inflazione, permetterà un recupero, seppur non completo, delle retribuzioni reali, che avanzeranno del +4,3% cumulato nel biennio in corso (dopo il -6,7% nel biennio 2022-2023). La risalita è già iniziata nel 2023, trainata dal settore privato, dove le retribuzioni reali per ULA nel 2° trimestre 2024 hanno recuperato il 40% della perdita di potere d'acquisito generata dalla crisi energetica (-5,0% sul 1° 2021, da un punto di minimo di -8,3% a fine 2022; Grafico 16).
Rinnovi a singhiozzo nel settore pubblico Nel settore pubblico, invece, che vale circa un quarto del monte retributivo totale, le retribuzioni reali pro-capite sono scese ancora di più con l’impennata dei prezzi (-13,2% nel 1° trimestre 2023 sul 1° 2021) e hanno iniziato a recuperare solo dalla seconda parte del 2023, attestandosi a metà 2024 su un livello di quasi 9 punti percentuali inferiore a quello di inizio 2021. La dinamica salariale recente e prospettica nel settore pubblico riflette due tornate di rinnovi dei contratti collettivi di lavoro in ampio ritardo. I rinnovi relativi al 2019-2021 sono stati firmati nel 2022 e hanno determinato un avanzamento complessivo delle retribuzioni contrattuali di circa il 4% spalmato sul triennio di riferimento, secondo il criterio di competenza alla registrazione del pagamento degli arretrati adottato dall’Istat nella Contabilità Nazionale rivista a settembre 2024. Per i rinnovi della tornata 2022-2024, sulla base delle risorse stanziate in Legge di Bilancio 2024 (7,3 mld di euro inclusivi degli stanziamenti dedicati al comparto della sanità), si prevede un aumento complessivo vicino al 6% delle retribuzioni contrattuali dei dipendenti pubblici. Nessun rinnovo è stato ancora siglato alla data di pubblicazione di questo rapporto, ma le trattative sono in corso e parte degli incrementi previsti sono già stati pagati tramite il meccanismo dell’indennità di vacanza contrattuale (IVC). Sempre sulla base del criterio di competenza, ci si attende che l’incremento complessivo sarà registrato dall’Istat sul 2024. La dinamica nel 2025 dipenderà dagli stanziamenti eventualmente inclusi nella Legge di Bilancio 2025, ma in questo rapporto prevediamo una dinamica tra 0,5%-1%, a riflesso almeno del pagamento di IVC.
Accelerazione delle retribuzioni contrattuali nel settore privato Nel settore privato, invece, la dinamica salariale dal 2023 è stata sostenuta da un’accelerazione delle retribuzioni contrattuali, che, sulla base del meccanismo di adeguamento dei minimi tabellari definito tra le parti sociali nel 2009 e confermato nel 2018, è avvenuta sulla scia del balzo dell’inflazione osservato tra fine 2021 e 2022. Nell’industria in senso stretto, dove la copertura dei CCNL è stata pressoché completa (94% i lavoratori mediamente coperti da un contratto in vigore nel biennio 2022-2023), a giugno 2023 la dinamica delle retribuzioni contrattuali ha accelerato a +4,6% (dall’1,6% medio nei primi 5 mesi dell’anno), si è attestata al +4,9% medio mensile da allora ad agosto 2024, ed è prevista avanzare a questo ritmo fino a metà 2025 (Grafico 17).
Nei servizi privati, invece, si è registrata una copertura molto più bassa dei CCNL (29% i lavoratori coperti mediamente nel biennio 2022-2023) e ciò ha frenato la crescita delle retribuzioni contrattuali: +1,3% in media d’anno nel 2023 contro il +3,2% nell’industria in senso stretto. Ciononostante, la dinamica delle retribuzioni nominali di fatto è stata simile nei due macro-settori (+3,1% e +3,4% rispettivamente), grazie alla corresponsione di emolumenti non continuativi. A marzo 2024 è stato firmato il rinnovo nel comparto del commercio, che pesa quasi il 40% del monte retributivo complessivo dei servizi privati e il cui CCNL era scaduto da dicembre 2019. Grazie a questo e ulteriori rinnovi, nel 2024 e 2025 le retribuzioni complessive nei servizi privati torneranno ad essere alimentate dal rialzo delle retribuzioni contrattuali, che hanno già accelerato al +3,6% medio mensile da aprile 2024, principalmente grazie a una tranche di 70 euro riconosciuta dal CCNL commercio (una di 30 euro era già stata pagata ad aprile 2023 come anticipo sul rinnovo allora in trattativa, e ne seguiranno due a marzo e novembre 2025 di 30 e 35 euro rispettivamente).
Clup industriale atteso in aumento anche nel 2024 e 2025 Nel 2023 il Clup manifatturiero in Italia è lievitato (+5,9%) sotto la spinta dell’accelerazione salariale contemporanea alla contrazione della produttività del lavoro. Per le stesse ragioni, il CLUP è cresciuto ancora nella prima parte dell’anno in corso (+5,6% nel 1° semestre sul 1° 2023) e il rialzo non è atteso ridimensionarsi in media d’anno. Solo l’anno prossimo il miglioramento della produttività del lavoro smorzerà il ritmo di crescita del Clup, che comunque è previsto ancora in aumento di circa 3 punti, dato che la dinamica salariale è attesa rimanere sostenuta (Grafico 18).
4.2 I prezzi, i deflatori, i margini
Inflazione bassa, prezzi alti La dinamica dei prezzi al consumo in Italia ha registrato un nuovo rallentamento negli ultimi due mesi, scendendo a +0,7% annuo a settembre 2024, da +1,3% a luglio. Si tratta di valori molto sotto l’obiettivo BCE del +2,0% (Grafico 19). La variazione acquisita a settembre per l’intero 2024 è pari al +1,0%. Sono ormai lontani i record di inflazione toccati a fine 2022 (+11,8% annuo a ottobre), anche se in termini di livello dei prezzi non c’è mai stata una discesa, bensì una stabilizzazione su valori più alti in modo permanente (+15,5% rispetto a settembre 2022).
In prospettiva, negli ultimi mesi del 2024 l’inflazione è attesa posizionarsi poco sopra ai moderati valori correnti: in media, quest’anno si attesterà al +1,1% (da +5,7% nel 2023). Si tratta di una revisione al ribasso di -0,6 punti rispetto allo scenario di aprile. Nel 2025, l’inflazione è attesa risalire in parte in corso d’anno, ma restando sotto la soglia BCE, arrivando al +1,8% in media. Tale scenario incorpora, anzitutto, un prezzo del gas più caro e viceversa un petrolio in calo. Nei mesi finali del 2024, come già nella prima parte, l’inflazione totale tende a aumentare man mano che la variazione sui 12 mesi dei prezzi energetici al consumo risale da valori molto negativi verso lo zero, coerente con la stabilizzazione (in media) delle quotazioni internazionali.
Secondo fattore rilevante dello scenario di previsione è la sostanziale stabilizzazione dell’euro sul dollaro: ciò evita impatti addizionali in Italia sull’inflazione “importata”, tramite le materie prime che sono quotate in dollari. Ciò continuerà fino al 2025 a favorire il rallentamento dei prezzi al consumo. Le attese dei consumatori italiani sui prezzi sono di stabilizzazione (-1 il saldo delle risposte a settembre 2024), dopo aver indicato un calo nel 2023 (-6 in media). Le imprese industriali, invece, si aspettano un lieve aumento dei prezzi (+6 a settembre 2024, da +3 nella seconda metà del 2023). Lo scenario, infine, assume che gli effetti di second round dei precedenti rincari delle commodity sui prezzi al consumo, già riassorbiti in Italia soprattutto per i beni, non registrino nuove fiammate: la domanda delle famiglie crescerà poco e molti settori industriali soffrono di produzione in calo.
Prezzi core sotto la soglia La dinamica dei prezzi core (esclusi energia e alimentari) ha proseguito il graduale rallentamento, scendendo al +1,8% annuo a settembre 2024, per la prima volta sotto la soglia BCE dopo due anni e mezzo (picco a +4,9% nell’aprile 2023). Il rientro sotto il 2% è avvenuto con un ritardo di 11 mesi rispetto a quello dell’inflazione totale (ottobre 2023), come anticipato dal CSC. L’inflazione di fondo, terminata la frenata, resterà moderata nei mesi finali del 2024 e nel 2025. Tra i prezzi core in Italia, quelli relativi ai servizi restano più sostenuti del totale, pur avendo rallentato molto dal picco: +2,8% annuo a settembre 2024 (da +4,8% nell’aprile 2023). In particolare, i prezzi dei servizi di trasporto, molto legati al prezzo del petrolio, hanno frenato di recente (+2,5%), mentre quelli dei servizi ricreativi-culturali (+4,0%), legati al turismo, tengono su la dinamica aggregata.
I prezzi al consumo dei beni industriali hanno rallentato molto di più, fin quasi a fermarsi: +0,1% annuo a settembre (da +5,5% nei primi mesi del 2023). Ciò è sintesi di situazioni opposte per le varie tipologie di beni, sebbene tutti sotto i picchi: la dinamica dei prezzi dei durevoli è in territorio negativo (-1,6%, da +6,6%), mentre quella dei non durevoli resta positiva (+0,9% da +7,0%). I prezzi finali dei beni continuano a seguire la decisa frenata dei corrispondenti prezzi nella fase della produzione (+0,4% annuo nell’agosto 2024, da +11,2% a fine 2022). Il differenziale tra le dinamiche di questi prezzi, misurate al cancello della fabbrica e al supermercato, è dunque quasi nullo (mentre era ampio nel 2023), indicando stabilità dei margini nel settore della distribuzione commerciale.
Secondo i dati di contabilità trimestrale, a loro volta, i prezzi di vendita delle imprese manifatturiere italiane seguono i costi degli input: questi ultimi registrano una moderazione (-0,6% tendenziale nel 2° trimestre 2024), dopo il forte aumento precedente causato da energia e commodity, e quindi le imprese industriali hanno moderato anche i prezzi, in misura più che proporzionale (-1,3%), invertendo la tendenza di rincari vista tra 2020 e 2022. Il mark-up delle imprese manifatturiere italiane, dopo il recupero fino a metà del 2023, sta subendo una nuova erosione: nel 2° trimestre del 2024 è diminuito di -1,8% rispetto al 2° 2023, tornando sui livelli del 2020 (Grafico 20).
L’andamento dei prezzi di vendita delle imprese italiane è diventato più uniforme nel 2024: quelli dei beni di consumo sono gli unici in lieve aumento, mentre per i beni strumentali (-0,1% annuo in agosto) sono quasi fermi e i prezzi degli intermedi (-1,6%) e degli energetici (-2,0%) sono in riduzione. Ciò suggerisce che l’andamento dei margini industriali nel 2024 è meno eterogeneo rispetto al 2022-2023, ma comunque tendono ad andare meglio per i settori posti a valle.
L'energia scende meno I prezzi energetici al consumo, relativi a elettricità, gas e carburanti, per la casa e per i trasporti, in Italia hanno visto sostanzialmente moderarsi il ritmo di caduta nel corso del 2024, pur con qualche oscillazione mensile: -8,7% annuo a settembre, da un minimo di -24,7% a dicembre 2023. Questa minor riduzione dei prezzi energetici tende ad alzare l’inflazione totale: il contributo dell’energia è di -0,9 punti a settembre 2024, da -2,6 a fine 2023. Tale percorso recente dei prezzi energetici finali risente di un “effetto base” sfavorevole: nei mesi della seconda metà del 2024, nel calcolare la dinamica sui 12 mesi dei prezzi energetici, i livelli si confrontano con quelli dei mesi già successivi alla fase di caduta dei prezzi internazionali di gas e petrolio nella prima metà del 2023, per cui risulta ora un minor calo in termini annui. Nel determinare il profilo mensile dei prezzi al consumatore giocano un ruolo importante anche gli interventi di policy adottati in Italia per mitigare l’effetto dei passati rincari.
Nello scenario di previsione, nel 2024 e nel 2025 il Brent espresso in euro è quasi invariato in media d’anno (-0,4% e -0,2%); il gas invece scende del 20% quest’anno e risale del 14% nel prossimo. Perciò, la dinamica annua dei prezzi energetici al consumo in Italia tenderà a restare poco negativa nella parte finale del 2024, mentre nel 2025 dovrebbe risalire verso lo zero, tornando poi debolmente positiva, avvicinando l’inflazione totale e quella core. I prezzi alimentari hanno proseguito il marcato rallentamento nel 2024, scendendo sotto la soglia del +2,0%: +1,3% a settembre, da +5,8% a fine 2023. A differenza dei prezzi energetici, la dinamica annua degli alimentari non è mai scesa in negativo, ma il loro contributo all’inflazione è molto limitato: +0,2 punti, da +1,1. Nello scenario CSC, le prospettive restano di rallentamento dei prezzi alimentari, visto che le materie prime proseguiranno la lenta moderazione fino al 2025. Perciò, la dinamica dei prezzi al consumo alimentari in Italia continuerà a diminuire, tendendo verso lo zero.
Meno inflazione in Italia rispetto all’Eurozona L’inflazione core rimane molto più bassa in Italia rispetto all’Eurozona: a settembre, +1,8% contro +2,7%. Questo differenziale di circa un punto si riflette in uno analogo per gli indici totali (+0,7% contro +1,7%). Tale differenziale (sui prezzi core) dipende soprattutto dai prezzi dei servizi, che sono più moderati in Italia, mentre sono più simili le dinamiche dei prezzi dei beni non energetici. In termini annui, la BCE a settembre ha stimato l’inflazione totale dell’Eurozona a +2,5% nel 2024 e a +2,2% nel 2025: quindi la dinamica dei prezzi in Italia dovrebbe risultare molto più bassa nel 2024 (di -1,4 punti) e inferiore anche nel 2025 (di -0,5 punti). In termini di inflazione italiana, sarebbe dunque appropriato un taglio rapido dei tassi, ma la BCE deve guardare ai dati aggregati dell’Eurozona e quindi il percorso dei tagli sarà molto più graduale e prudente.
Deflatori vicini all’inflazione Nel 2023 è rimasto un divario di circa mezzo punto tra l’inflazione misurata sui prezzi al consumo (+5,7%) e il deflatore dei consumi delle famiglie (+5,1%). Il motivo è che le famiglie italiane, a fronte dei rincari, hanno spostato gli acquisti su beni e servizi meno costosi: ciò non viene colto dal NIC che è calcolato su un paniere di beni fissato a inizio anno, ma è invece incluso nel deflatore, che infatti è più basso. Nel 2024, invece, il deflatore dei consumi è previsto in frenata al +1,1%, come l’inflazione e quindi il divario è atteso chiudersi quest’anno, come già sostanzialmente ipotizzato nel rapporto di aprile. Nel 2025, il deflatore dei consumi salirebbe al +1,8%, restando in linea con l’inflazione. Nello scenario di previsione CSC, il deflatore del PIL registrerà nel 2024 e nel 2025 una dinamica di 0,1-0,2 superiore a quella del deflatore dei consumi (+1,3% e +1,9%). Ciò dipende nel 2024 da un miglioramento delle ragioni di scambio e dall'accelerazione del deflatore dei consumi collettivi, bilanciati parzialmente dal calo del deflatore degli investimenti; atteso invece risalire nel 2025 a ritmi superiori a quello dei consumi privati.