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Deficit pubblico in riduzione Nello scenario “a legislazione vigente” l’indebitamento netto della pubblica amministrazione è previsto scendere al 3,9% del PIL nel 2024, dal 7,2% dello scorso anno, e al 3,1% nel 2025 (Tabella 3).
La previsione tiene conto del lieve rallentamento della crescita economica, come stimato a partire dai nuovi dati, annuali e trimestrali, di contabilità economica rivisti da Istat tra fine settembre e inizio ottobre. Sconta, poi, la parziale implementazione delle misure previste per il PNRR e l’impatto derivante dall’allentamento dei tassi di interesse sul costo del finanziamento del debito pubblico. Nella stima per l’anno in corso si registra, inoltre, il venir meno del ricorso al Superbonus, così come stabilito con il DL 39/2024. Il rapporto deficit/PIL per quest’anno si differenzia da quello indicato nel Piano strutturale di bilancio (PSB) sostanzialmente per una diversa dinamica del PIL nominale. Ciò dipende da una stima della dinamica del deflatore più bassa di quanto indicato nel PSB (1,3% contro 1,9%) e da una stima di crescita a prezzi costanti più contenuta (0,8% contro 1,0%). La stima CSC, infatti, incorpora anche le revisioni Istat pubblicate a inizio ottobre che hanno ridotto la variazione acquisita per il 2024 dello 0,2%.
Alto il fabbisogno Il fabbisogno di cassa cumulato del settore statale si è attestato a 110,7 miliardi di euro nei primi 9 mesi del 2024, in aumento rispetto allo stesso periodo del 2023 (102,3 miliardi), nonostante nel mese di agosto sia stata contabilizzata la quinta rata del PNRR. Nello scenario CSC si ipotizza anche l’incasso della sesta rata (8,5 miliardi) entro l’anno, a miglioramento del fabbisogno. La copertura del fabbisogno del settore statale determina un aumento della spesa per interessi, perché conduce all’emissione di un ammontare maggiore di titoli di Stato.
Spesa per interessi in moderato aumento La spesa per interessi è stimata a 85,6 miliardi nel 2024 e a 86,4 nel 2025 (al 3,9% del PIL nominale in entrambi gli anni), in moderato aumento per via dell’effetto netto di due fattori: da un lato il maggior stock di titoli di Stato, emessi e/o rinnovati a un tasso più elevato durante il periodo post-Covid che spinge in aumento la spesa; dall’altro, la fase di allentamento della politica monetaria della BCE, che dovrebbe proseguire lungo tutto il periodo di previsione (si veda il par. 7.3) e che sui nuovi titoli comporterà una minore spesa per interessi. Nello scenario CSC, infatti, il rendimento del BTP decennale si attesterà in media intorno al 3,70% nel 2024 e al 2,38% nel 2025. Rispetto allo scenario governativo del PSB, ci si attende una spesa per interessi inferiore di circa 800 milioni, per via di uno spread in graduale calo fino a 100 punti base a fine 2025.
Entrate in crescita Nello scenario CSC, le entrate complessive si attestano al 46,5% del PIL nel 2024 e al 47,2% nel 2025. In valore assoluto si registra una crescita in entrambi gli anni di previsione, ma più forte il prossimo anno (rispettivamente +1,7% e +4,3%). Il gettito tributario cresce complessivamente sia quest’anno che il prossimo (rispettivamente +4,0% e +2,2%), attestandosi al 29,4% e al 29,2% del PIL. In particolare, la dinamica positiva delle imposte dirette è solo in parte contenuta dalla modifica contabile della classificazione del Superbonus (imputabile come “minor gettito IRPEF”, come confermato da Eurostat a inizio luglio). Le imposte indirette crescono nel 2024 a ritmo moderato e ancor più lento nel 2025 (+4,5% e +1,9%), scontando l’ennesimo rinvio dell’entrata in vigore di sugar e plastic tax, ma anche l’effetto del calo dell’inflazione. Per quest’anno, si registra anche un incremento del gettito tributario derivante dalle attività di accertamento e controllo (+31,4% nei primi nove mesi del 2024), spiegato principalmente dai versamenti riguardanti la Definizione Agevolata così come introdotta dalla Legge di Bilancio 2023. Il gettito contributivo appare avere una dinamica più contenuta quest’anno (+1,7%) per effetto del taglio contributivo per i lavoratori dipendenti e degli esoneri contributivi a favore di giovani e madri. A legislazione vigente, per il 2025 si stima il venir meno delle misure sopracitate e quindi un ritmo di crescita più sostenuto dei versamenti contributivi (+6,5%). La pressione fiscale e contributiva sale, complessivamente, al 42,20% del PIL nel 2024 (dal 41,5% nel 2023) e al 42,3% nel 2025. In termini nominali, si osserva una dinamica in rallentamento quest’anno (al +3,3% dal +6,0% nel 2023) e in ripresa al +3,5% il prossimo.
Uscite contenute La spesa pubblica in rapporto al PIL è stimata ancora in calo nel 2024, al 50,4% dal 53,8% nel 2023, e al 50,3% nel 2025. In termini nominali registrerebbe una contrazione quest’anno (-4,4%) e una modesta crescita il prossimo (+2,6%), scontando una progressiva, seppur parziale, realizzazione dei progetti PNRR. I consumi pubblici restano stabili intorno al 17,1% del PIL nel biennio di previsione. I redditi da lavoro, in termini nominali, crescono nel 2024 (+4,6%), per effetto del forte incremento delle retribuzioni, solo in parte frenato dal calo dell’occupazione nel settore pubblico, meno nel 2025 (+1,2%), ipotizzando che il grosso degli stanziamenti della tornata contrattuale 2025-2027 venga rinviato a partire dal 2026. I consumi intermedi, invece, appaiono invariati quest’anno (+0,2%), per tornare a salire il prossimo (+4,3%). La quota di spesa pubblica per prestazioni sociali in denaro è stimata al 20,6% del PIL nel 2024 e al 20,4% nel 2025, in decisa crescita quest’anno in termini nominali (+5,3%), guidata dalla dinamica della spesa pensionistica che aumenta a causa degli effetti delle misure contenute negli interventi di riforma adottati negli ultimi anni e la maggiore indicizzazione all’inflazione. Per il 2025 la crescita è prevista rallentare al +1,9%. La spesa della PA in conto capitale è stimata in marcata riduzione quest’anno (-45,8%, rispetto al 2023) e in leggero recupero il prossimo (+6,0%), mentre la sua incidenza sul PIL è attesa pari al 4,8% nel 2024 e al 4,9% nel 2025. La marcata riduzione deriva principalmente da un crollo dei contributi agli investimenti totali rispetto al 2023 (-74,2%) dovuto all’abolizione del Superbonus. Gli investimenti pubblici, invece, rimangono pressoché stabili tra il 2023 e il 2024 (+1,6%), mentre tornano a crescere nel 2025 (+13,4%), portandone l’incidenza sul PIL al 3,5%, dal 3,1% nel 2024.
Rispetto alla previsione governativa, quella del CSC sconta gli effetti di un parziale utilizzo delle risorse PNRR rispetto a quanto programmato: circa la metà nel 2024 e due terzi nel 2025. I dati di metà ottobre della piattaforma di monitoraggio e rendicontazione ReGiS indicavano una spesa sostenuta finora pari a 9,5 miliardi, ben inferiore a quella pianificata nel 2024, cioè 42,2 miliardi. Se da un lato è ragionevole ipotizzare che verso fine anno ci sarà un cospicuo aumento di spesa, per via di un ritardo fisiologico nel caricare i dati sulla piattaforma da parte dei soggetti attuatori e per via di una rendicontazione delle spese “a stato avanzamento lavori”, dall’altro è ormai probabile che ci siano dei ritardi nella messa a terra di alcuni progetti e che quindi ci sia un minor tiraggio per alcune misure (circa 21 miliardi in meno nel 2024 e 19 nel 2025).
Nonostante la revisione Istat, il debito resta troppo elevato Il debito pubblico in rapporto al PIL è stimato al 136,9% nel 2024, in aumento di 2,1 punti rispetto al 2023. Questi valori incorporano sia la revisione contabile di Istat, sia l’aumento dovuto alla riclassificazione degli interessi sui prestiti EFSF alla Grecia. Per l’anno prossimo, è previsto salire di altri 1,6 punti, fino al 138,5% del PIL.
Le due componenti che contribuiscono all’aumento del debito nel biennio sono l’aggiustamento stock-flussi, che dopo tre anni torna gradualmente a contribuire al rialzo per effetto della contabilizzazione dei crediti edilizi, e soprattutto la già citata spesa per interessi. Per contro, i contributi della crescita reale e dell’inflazione, che andavano a erodere negli anni scorsi lo stock di debito pubblico (in % PIL), non sono più sufficienti a compensare l’effetto sul debito degli altri fattori. Il differenziale tra il costo medio del debito e il tasso di crescita nominale del PIL, infatti, torna ad essere positivo (+0,9 punti nel 2024 e +0,1 nel 2025). La componente di avanzo primario, che diventa marginalmente positiva nel 2024, resta comunque di importo limitato e insufficiente a contribuire significativamente alla riduzione del debito (0,1% di PIL nel 2024 e pari a circa lo 0,7% nel 2025).