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02 - Le componenti del PIL dal lato della domanda

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LE COMPONENTI DEL PIL DAL LATO DELLA DOMANDA

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2. Le componenti del PIL dal lato della domanda

2.1 I consumi e gli investimenti

Consumi delle famiglie in crescita moderata La spesa delle famiglie per beni e servizi è tornata sui livelli pre-Covid grazie all‘ottima crescita registrata nel 2023 (+1,0% in media d’anno): a fine anno scorso, era a +0,2% rispetto ai valori di fine 2019. Il 2024, quindi, è iniziato con il venir meno della spinta ai consumi che proveniva dalla volontà delle famiglie di recuperare i livelli di spesa “compressa” durante la pandemia.

Nella prima metà del 2024, i consumi sono cresciuti in misura molto limitata, rispetto alle variazioni trimestrali messe a segno negli scorsi anni: in media, appena +0,2% a trimestre. A causa del particolare profilo trimestrale dei consumi nel 2023, quando si è avuta prima una forte crescita fino ai mesi estivi (+0,7% in media a trimestre), interrotta poi da un brusco calo nel 4° (-1,7%), la variazione acquisita al 2° trimestre 2024 per l‘anno in corso è negativa (-0,2%), nonostante i dati comunque positivi registrati finora quest’anno. In dettaglio, i consumi di servizi hanno registrato una crescita vigorosa nel 2023 (+3,3% in media d’anno), che ha consentito di avvicinarsi molto ai livelli pre-pandemici (-0,8% nel 4° trimestre). Il calo dei consumi complessivi a fine 2023 è stato dovuto proprio alla spesa per i servizi, diminuita di -2,7% (Grafico 5). Nella prima metà del 2024 i consumi di servizi sono rimasti deboli nel 1°, ma poi sono ripartiti nel 2° (+0,4% medio a trimestre), arrivando esattamente ai livelli pre-Covid. In contrazione invece nel 2023 la spesa per i beni (-1,3% in media), che però era già superiore ai valori pre-pandemia (ancora +1,3% sopra a fine anno scorso). Nella prima metà del 2024, i consumi di beni sono cresciuti nel 1° e calati nel 2° trimestre, registrando comunque un +0,2% medio a trimestre. Questa debole espansione ha riflesso l’aumento della spesa per i beni durevoli, (+0,6% medio a trimestre) e per i non durevoli (+0,2%); in calo invece i semi-durevoli (-0,5%), categoria più incline ad essere compressa dalle famiglie in situazioni di difficoltà (ad esempio, l’abbigliamento).

Reddito in recupero, ma alto il risparmio Il reddito disponibile delle famiglie in termini reali ha registrato un lieve calo nel 2023 (-0,2% annuo). Nella prima metà del 2024, invece, ha imboccato un sentiero di marcata crescita (+2,2% acquisito al 2° trimestre). Ciò grazie al protrarsi dell’espansione dell’occupazione, al rafforzamento della dinamica dei salari nominali e alla moderazione dell’inflazione (Grafico 6).

Nel 2023 si era avuta una provvisoria stabilizzazione della propensione al risparmio delle famiglie appena sotto i valori storici pre-pandemia: 7,8% del reddito disponibile in media, rispetto a 7,9% nel periodo 2015-2019. La propensione al risparmio è poi cresciuta di nuovo, già dal 4° trimestre del 2023, e soprattutto nella prima metà del 2024, arrivando molto oltre i valori “normali” (10,2% nel 2° trimestre). Questo andamento anomalo, che ricorda su una scala ridotta quanto accaduto durante la pandemia, nel 2020-2021, potrebbe aver riflesso la maggiore incertezza connessa allo scenario internazionale (guerra in Ucraina, guerra in Medio Oriente, elezioni USA), ovvero risparmio “precauzionale”, ma anche l’intenzione di ricostituire il risparmio speso nel 2022-2023 (a causa dell’alta inflazione). Quindi, il forte aumento della quota di reddito risparmiata ha frenato la crescita dei consumi, nonostante la marcata espansione del reddito.

Investimento delle famiglie neutrale rispetto ai consumi Nel 2023 ha toccato il suo picco storico il tasso di investimento delle famiglie, in ristrutturazioni e altri interventi in abitazioni (9,9% del reddito nel 4° trimestre, pari a 33,3 miliardi di euro correnti). Si trattava di valori quasi doppi rispetto al tasso di investimento medio registrato nel periodo 2015-2019 (5,3%). Il tasso di investimento delle famiglie italiane ha poi iniziato a scendere nella prima metà del 2024 (9,3% nel 2° trimestre, pari a 31,8 miliardi). Ciò è coerente con l’analogo calo osservato negli investimenti in abitazioni di Contabilità Nazionale trimestrale. Questo andamento, prima in aumento e poi in calo, è spiegato dagli incentivi governativi molto generosi (Superbonus al 110% e altri bonus edilizi) in vigore fino al 2023 e poi depotenziati dalla fine del 1° trimestre 2024. Tali incentivi hanno “restituito” alle famiglie gran parte delle risorse spese (nel 2022 e nel 2023) per gli investimenti in abitazioni; grazie al meccanismo di cedibilità del credito fiscale, parte della spesa per le riqualificazioni edilizie non è stata mai sborsata. Dunque, l’aumento del tasso di investimento non ha sottratto risorse significative ai consumi. Analogamente, il minore investimento in abitazioni nel 2024 non dovrebbe liberare risorse addizionali per i consumi, rispetto al sentiero di reddito e risparmio. Risorse addizionali per i consumi non stanno venendo neanche dal canale del credito. Nella prima parte del 2024, infatti, i prestiti bancari per le famiglie italiane sono ancora in lieve calo (-0,6% annuo a luglio), anche se la loro variazione annua è risalita in misura marcata rispetto ai minimi toccati tra la fine dell’anno passato e l’inizio di quello in corso (-1,3% annuo a dicembre 2023).

Buone prospettive per i consumi Nello scenario previsivo del CSC, le famiglie dovrebbero tendere gradualmente a normalizzare il tasso di risparmio, cioè a ridurlo rispetto agli alti valori attuali aumentando i consumi. Inoltre, è previsto il consolidarsi dell’espansione del reddito disponibile reale, con un’accelerazione nel 2025: un altro driver favorevole alle decisioni di spesa. Infine, grazie al taglio dei tassi BCE già avviato e atteso proseguire, si prevede un miglioramento nel canale del credito, sia in termini di risalita dei flussi di prestiti, sia in termini di riduzione del costo per le famiglie, con effetti positivi che si sentiranno soprattutto nel 2025. L’andamento del tasso di investimento, invece, dovrebbe continuare a non avere effetti rilevanti sui consumi di beni e servizi. In tale scenario complessivamente favorevole, la spesa delle famiglie italiane è attesa proseguire la crescita moderata nella seconda metà del 2024, anche se in media d’anno registrerà un -0,1%, interamente dovuto al trascinamento negativo ereditato dal 2023. La crescita dei consumi privati è poi prevista proseguire e acquisire slancio nel corso del 2025, quando si registrerà un’espansione media del +0,9% nell’anno.

Ferma nel biennio l’espansione degli investimenti Dopo la robusta crescita registrata negli anni scorsi (+21,5% nel 2021, +7,5% nel 2022 e +8,5% nel 2023), gli investimenti fissi lordi sono attesi avanzare di un esiguo +0,5% nel 2024 e arretrare dell’1,3% nel 2025. La dinamica nella prima parte dell’anno in corso riflette già un’ampia frenata (+1,1% l’acquisito al 2° trimestre), dovuta in primo luogo all’azzeramento del contributo degli investimenti in abitazioni, ma su cui ha inciso anche il contributo negativo di quelli in impianti e macchinari (Grafico 7).

La dinamica degli investimenti è attesa diventare negativa nella seconda parte dell’anno, a causa della caduta prevista nel settore dell’edilizia residenziale, che si acuirà l’anno prossimo. Agiranno a compensazione, seppur non completa, le spese connesse all’implementazione del PNRR, con il conseguente rafforzamento del contributo degli investimenti in fabbricati non residenziali, e la ripresa degli investimenti in impianti e macchinari, già dalla seconda parte dell’anno in corso. Su tutte le componenti degli investimenti agiranno positivamente sia il taglio dei tassi di interesse che le migliori prospettive.

Nell’edilizia, staffetta tra residenziali e non Il contributo alla crescita degli investimenti in Italia nello scorso triennio è stato fornito soprattutto dalle costruzioni residenziali, sostenute a loro volta da generosi incentivi fiscali in vigore da metà 2020, in primis il Superbonus. Secondo i dati Enea, sia gli investimenti ammessi a detrazione sia quelli conclusi con detrazione Super Ecobonus hanno raggiunto un picco a marzo 2024 e da allora si sono fermati. La differenza tra investimenti ammessi e conclusi si è ormai quasi esaurita e comunque il completamento di opere in corso non porterà grande spinta (solo 4,5 miliardi residui, pari al 3,0% del valore degli investimenti in abitazioni nel 2023). Senza la spinta del Super Ecobonus ci si attende che gli investimenti in abitazioni caleranno nella seconda parte dell’anno, portando la contrazione media annua a -3,1% da un acquisito del -0,2% nel 2° trimestre. L’anno prossimo, quando anche altri incentivi edilizi saranno scaduti o torneranno alle aliquote ordinarie e nonostante l’impatto positivo del taglio dei tassi di interesse, il calo è atteso accentuarsi (-14,9%), riportando in media nel 2025 gli investimenti in abitazioni su un livello a metà tra quelli del 2021 e del 2022, corrispondente ai valori del 2008 (pre-Lehman). Il calo delle costruzioni residenziali sarà compensato, seppur solo parzialmente, dal rafforzamento della componente non residenziale. Ciò grazie alla spinta fornita dalle risorse del PNRR dedicate ad investimenti pubblici in fabbricati non residenziali. Dopo i 10,2 miliardi di euro complessivamente investiti nel quadriennio 2020-2023 (22,3% del totale delle risorse del Piano), le spese pianificate per questa voce salgono nel triennio 2024-2026, sia in valore assoluto (14,4 miliardi nel 2024, 21,7 nel 2025 e 22,7 nel 2026) sia come quota del totale risorse (39,5% in media, Grafico 8).

Pur ipotizzando anche per queste misure una spesa parziale delle risorse previste dal Piano nel biennio 2024-2025 (circa la metà quest’anno e due terzi l’anno prossimo è l’ipotesi incorporata in questo rapporto), la spinta da parte degli investimenti pubblici addizionali contribuirà ad un rialzo degli investimenti in fabbricati non residenziali, atteso complessivamente pari a +8,5% nel 2024 (+8,3% acquisito al 2° trimestre) e +5,1% nel 2025. Sulla parte privata di questa componente nel 2024 continuano a pesare negativamente sia la morsa degli elevati tassi, sia le difficoltà del settore industriale, entrambi fattori che si smorzeranno sul finire dell’anno e ancor più l’anno prossimo.

Ripartono gli investimenti in impianti e macchinari La spesa in impianti e macchinari è arretrata nella prima parte del 2024 e nella seconda metà del 2023 anche per effetto dell’attesa che entrasse in vigore il nuovo incentivo Transizione 5.0, annunciato già da luglio 2023 ma le cui regole di accesso sono state definite solo quest’estate. La misura presenta oggettive difficoltà applicative, specie in relazione alla necessità di dimostrare il risparmio energetico, che le imprese stanno cominciando a fronteggiare. Ulteriori complessità derivano dalla non chiara definizione delle regole di cumulo con altre misure finanziate con risorse comunitarie e dall’esclusione dall’accesso all’incentivo di una parte rilevante del sistema produttivo in ottemperanza al principio europeo del Do No Significant Harm. A fronte di ciò, sono necessari tempestivi chiarimenti applicativi e alcune semplificazioni procedurali per favorire il completo assorbimento delle risorse del PNRR destinate all’incentivo (6,3 miliardi nel biennio 2024-2025). La definizione delle regole, comunque, rimuove quell’effetto “attesa” che ha pesato negativamente negli scorsi trimestri e ci si attende per la seconda parte dell’anno la realizzazione di una quota di investimenti che erano stati posticipati. L’aspettativa di un miglioramento a breve è confermata dagli indicatori congiunturali più recenti: in particolare, le attese sugli ordini delle imprese nel settore dei beni strumentali sono migliorate nel bimestre luglio-agosto. Gli investimenti in impianti e macchinari sono quindi previsti calare dell’1,7% in media d’anno nel 2024, in miglioramento rispetto all’acquisto del -2,2% nel 2° trimestre, e tornare a crescere del +4,6% l’anno prossimo, spinti dalla ripresa del settore industriale e da un minor costo del credito.


2.2 Export e conti con l’estero

Debole crescita dell'export, giù l'import nel 2024 Nello scenario CSC, le esportazioni italiane di beni e servizi, dopo una modesta crescita nel 2023 (+0,8%, dato rivisto al rialzo dal +0,2% delle precedenti stime Istat), restano in debole espansione nell'anno in corso (+0,6%) e accelerano nel 2025 (+2,0%), seppure a ritmi inferiori a quelli medi pre-pandemia (+3,3% nel periodo 2014-2019). Le importazioni, invece, già in discesa nel 2023 (-0,4%, marginalmente rivisto dal -0,5% precedente), registrano un secondo brusco calo nel 2024 (-2,9%) e tornano a crescere nel 2025 (+1,9%). Di conseguenza, l'export netto offre un forte contributo alla crescita del PIL nell'anno in corso (+1,2 punti percentuali), nonostante la debolezza dell'export, e resta marginalmente positivo nel prossimo anno (+0,1 punti). La dinamica complessiva degli scambi con l'estero è il risultato di andamenti molto eterogenei tra settori, in particolare tra beni e servizi, e nei diversi mercati esteri, determinati da uno scenario internazionale incerto e diseguale.

L'export di beni risente del calo della domanda europea Le esportazioni italiane di beni sono viste sostanzialmente piatte quest'anno (-0,1%, dopo -1,2% nel 2023), soprattutto a causa della debolezza della domanda nei principali paesi europei. La stagnazione dell'export di beni nei primi sette mesi del 2024 (rispetto allo stesso periodo del 2023), infatti, è il risultato di un aumento nei mercati extra-UE (+1,8%), anche grazie al +3,3% verso gli Stati Uniti (secondo paese di destinazione delle vendite italiane), e una diminuzione in quelli UE (-1,6%), con un calo del -5,4% verso la Germania (primo paese di sbocco). La debolezza delle importazioni dell'Unione europea (destinazione del 52% dell'export italiano), a fronte di un modesto aumento degli scambi mondiali, si riflette in una minore domanda potenziale per le vendite italiane all'estero: -0,7% nei primi sette mesi del 2024, dopo -2,4% nel 2023 (stime Centro Studi Confindustria). L'export italiano di beni, quindi, sebbene piatto, ha registrato una dinamica migliore della propria domanda potenziale, guadagnando quote di mercato nei propri mercati di destinazione. La buona performance italiana, in un contesto di diffusa debolezza europea, emerge chiaramente anche dal confronto con quella degli altri principali paesi del mercato unico negli ultimi anni. Infatti, le vendite di beni italiani all'estero hanno registrato un rimbalzo molto più robusto dopo il 2020 e hanno mantenuto un livello nettamente più elevato nel 2024 (Grafico 9).

Ciò testimonia la dinamicità delle imprese italiane sui mercati esteri, favorita da una presenza molto diversificata per paese, tipologie di prodotto e posizione lungo le catene del valore. Inoltre, la struttura dimensionale delle imprese italiane si è rafforzata, pur rimanendo medio-piccola, garantendo una certa flessibilità di fronte a shock idiosincratici (si veda anche il Focus n. 1).

Giù l'import di beni: Le importazioni italiane di beni calano del -3,0% nel 2024 (dopo un -1,2% nel 2023) con un parziale recupero previsto per il 2025 (+1,9%). Il declino delle importazioni è attribuito alla debolezza della domanda interna di consumo e, soprattutto, degli investimenti, in particolare nei macchinari. Inoltre, le esportazioni stagnanti, che incorporano materie prime e semilavorati importati, hanno contribuito a questa tendenza. Il calo degli acquisti dall’estero di beni energetici (gas e petrolio, che hanno rappresentato l'11% dell'import italiano nel 2023) ha avuto un forte impatto negativo. Questa diminuzione è stata favorita dall'accumulo di scorte negli anni precedenti e da temperature invernali miti, che hanno comportato un deciso calo dei consumi energetici.

Nei primi sei mesi del 2024, l’import complessivo di materie prime si è ridotto di oltre un quinto, a prezzi costanti, rispetto allo stesso periodo del 2023, contribuendo per oltre la metà al calo complessivo delle importazioni (-2,4 punti su -4,6). In confronto, l’export di materie prime ha subito una contrazione ancora maggiore (quasi un terzo), ma il suo peso sul totale delle esportazioni è rimasto marginale (Tabella 2).

La caduta dell’import nel 2024 si concentra in settori manifatturieri strettamente legati alle catene di approvvigionamento internazionali e alla domanda di beni semilavorati e d'investimento. Questi settori includono macchinari e impianti, apparecchi elettrici, elettronici e ottici, metalli di base, tessile, abbigliamento e pelli.

Prospettive discrete Nella seconda parte del 2024, l'import di beni potrebbe essere sostenuto dalla necessità di ricostituire le scorte. Tuttavia, le prospettive per l'export e l'attività manifatturiera rimangono deboli e incerte, in base alle indicazioni sugli ordini manifatturieri sia interni che esteri. I dati doganali più recenti (luglio 2024 e agosto per l'extra-UE) offrono segnali positivi per gli acquisti italiani dall'estero, ma indicazioni miste per le vendite.

Nel 2025, si prevede una ripresa moderata per export e import di beni, favorita da un miglioramento dell'attività manifatturiera mondiale, soprattutto in Europa. Ciò dovrebbe portare a una graduale crescita della domanda potenziale per le merci italiane, sebbene a ritmi inferiori a quelli degli scambi mondiali, trainati dalla domanda più dinamica dei Paesi emergenti extra-UE. Le importazioni saranno sostenute dalla ripresa degli investimenti in macchinari e impianti, oltre che dai consumi interni e dall'attività manifatturiera italiana, anche destinata ai mercati esteri.

Rallenta la crescita dei servizi Nei primi sei mesi del 2024, gli scambi di servizi si sono ridotti (a prezzi costanti) a causa di una contrazione delle importazioni (-4,0%), controbilanciata da una modesta crescita dell’export (+1,2%). Questa tendenza segnala una fase di normalizzazione rispetto al forte rimbalzo post-pandemia.

I saldi con l'estero per le diverse componenti dei servizi hanno mostrato un miglioramento generale, riducendo il deficit complessivo. Il surplus nei viaggi internazionali, indicatore del turismo, ha continuato ad aumentare nei primi sette mesi del 2024, raggiungendo i 12,5 miliardi di euro, superando il già elevato surplus dello stesso periodo del 2023 (+11,7 miliardi). I viaggi in Italia da parte dei non residenti sono cresciuti, mentre i viaggi all'estero dei residenti italiani hanno rallentato.

Anche il deficit nella componente dei trasporti si è ridotto (-8,6 miliardi di euro, 440 milioni in meno rispetto al 2023) grazie a una modesta crescita delle importazioni di servizi di trasporto (+1,4%) e a un forte aumento delle esportazioni di tali servizi (+8,4%). Questa dinamica è stata influenzata da fattori come l'aumento del costo dei noli, accelerato dalle tensioni geopolitiche e dalla riduzione del traffico nel Canale di Suez, oltre che da eventi climatici estremi e dal calo delle importazioni di merci.

Infine, gli altri servizi (alle imprese, finanziari, informatici, ecc.), che rappresentano più della metà del totale dei servizi scambiati, hanno mostrato una stabilizzazione su livelli elevati. Il deficit di questa componente si è ridotto a -5,2 miliardi di euro nei primi sette mesi del 2024 (rispetto a -6,2 miliardi nel 2023), grazie a una crescita più elevata dei servizi venduti all'estero (+6,5%) rispetto a quelli acquistati (+3,5%).

Si consolida il surplus di parte corrente Nei primi sette mesi del 2024 il saldo delle partite correnti si è rafforzato in territorio positivo (+15,5 miliardi di euro) sebbene ad un livello molto inferiore rispetto a quello registrato nello stesso periodo del 2021, precedente al balzo delle quotazioni dell’energia (+32,4 miliardi di euro). Tale risultato è determinato sia da un’espansione del surplus delle merci, più per merito della riduzione dei flussi all’import che per l’espansione di quelli all’export, sia negli ultimi mesi dalla riduzione del deficit dei servizi. Il surplus delle merci (tutti i saldi sono a prezzi correnti) è favorito nel 2024 anche da un miglioramento delle ragioni di scambio, grazie al contenimento dei prezzi del gas nella media dell’anno. Nello scenario CSC tale contributo positivo cesserà nel 2025.

Il deficit alla voce redditi, infine, resta elevato. In particolare, le passività dei redditi primari (da lavoro e da capitali) sono raddoppiate nel corso del 2023, a causa soprattutto della voce “altri investimenti” da capitale, che comprende prestiti e depositi a breve e brevissimo termine del sistema bancario italiano detenuti all’estero, i cui rendimenti reagiscono rapidamente alle variazione dei tassi ufficiali; il deficit è quindi in fase di riduzione, in prospettiva anche nei prossimi mesi, grazie alla graduale diminuzione dei tassi e al miglioramento della posizione debitoria (Grafico 11).

Nel complesso, il surplus commerciale e quello delle partite correnti si consolideranno nel 2024 e resteranno sostanzialmente stabili nel 2025. L’avanzo di parte corrente continuerà a favorire un rafforzamento della posizione patrimoniale netta dell’Italia con l’estero, in territorio ampiamente positivo (10,5% del PIL nel 2° trimestre 2024, da 7,4% a fine 2023).


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