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L’andamento del PIL italiano nel 2023 si profila in forte rallentamento rispetto alla media 2022 (+3,7%), ma comunque più favorevole di quanto ipotizzabile fino a qualche mese fa: nello scenario aggiornato del CSC si prevede un incremento annuo del +0,4% quest’anno, ovvero 0,4 punti percentuali in più rispetto allo scenario di stagnazione delineato in ottobre. La crescita nel 2024 è prevista in miglioramento, al +1,2% annuo (Tabella 1).
La revisione al rialzo nel 2023 è spiegata in gran parte dall’andamento, migliore delle attese, dell’attività nella seconda metà del 2022, nonostante la crisi energetica. Lo scorso anno l’economia italiana ha in effetti beneficiato di una forte inerzia positiva, innescata nel 2021 dal recupero dei livelli precedenti la pandemia, specie nel settore dei servizi.
Il nostro Paese era stato colpito dalla pandemia più della media dell’Eurozona: a fine 2020, l’economia italiana aveva accumulato un gap rispetto al livello di fine 2019 molto più alto di Francia e Germania (-6,0% a fronte rispettivamente di -4,2% e -2,1%). Ma in seguito si è avuto un rimbalzo sostenuto, che ha consentito all’Italia di superare entrambe le principali economie europee: a fine 2022 +1,9% rispetto a fine 2019, a fronte del +1,2% francese e dello zero tedesco.
Grazie soprattutto all’ottima performance del 2° trimestre 2022, quando il prodotto è aumentato molto al di sopra delle attese (+1,1%), e alla buona tenuta osservata nel 3° (+0,4%), la crescita annua del PIL italiano nel 2022 non ha risentito in modo particolare della riduzione nel 4° trimestre (-0,1%), meno negativa del previsto, e trasmette all’anno appena iniziato una eredità positiva.
La variazione acquisita per il 2023, ovvero quella che si avrebbe se i quattro trimestri registrassero una crescita nulla, è pari al +0,4%. Esattamente in linea con quella dell’Eurozona: quest’ultima è la risultante di un dato positivo della Spagna (+0,8%) e della Francia (+0,2%) e negativo per la Germania (-0,1%).
Quindi, il miglioramento dello scenario CSC per il 2023, rispetto a quello delineato a ottobre scorso, è esclusivamente legato alla migliore dinamica dell’economia nella seconda metà del 2022. Infatti, escludendo il trascinamento, per quest’anno si conferma una crescita piatta.
Secondo lo scenario CSC, l’economia italiana registrerà una contrazione nel 1° trimestre del 2023, poco più ampia di quella di fine 2022 (Grafico 1). Ciò a causa degli effetti ritardati dell’inflazione sui consumi e di un’attesa flessione degli investimenti dopo il balzo del 4° trimestre legata anche ai primi impatti dei rialzi dei tassi. Inoltre, si è ormai esaurita, in aggregato, la spinta legata al gap da colmare rispetto al livello pre-Covid, sebbene la spesa delle famiglie non sia ancora tornata al valore del 2019. Nel 2° trimestre del 2023, invece, è probabile un rimbalzo statistico, dopo tale flessione.
A partire dal 3° trimestre dell’anno in corso, si dovrebbero iniziare ad attenuare maggiormente le pressioni inflazionistiche, a seguito della normalizzazione dei prezzi energetici e di molte commodity già osservabile. Anche se si dispiegheranno in pieno gli effetti dei rialzi dei tassi, l’intensificarsi dell’attività produttiva si renderebbe necessaria anche solo per la ricostituzione delle scorte erose lo scorso anno. Questo favorirebbe una dinamica positiva del PIL fino alla fine dell’orizzonte di previsione, nel 2024. Con un profilo moderato, ma superiore alla media storica pre-crisi, anche grazie agli effetti positivi degli investimenti e delle riforme del PNRR. Anche quest’anno non è atteso un contributo positivo alla crescita dalle esportazioni nette poiché è prevista rallentare sia la dinamica dell’export che quella dell’import.
Nello scenario CSC si ipotizza che:
I principali rischi dello scenario previsivo al momento appaiono i seguenti: