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L’implementazione del PNRR e il suo stato di avanzamento presentano luci e ombre. In termini di pianificazione, la rimodulazione del Piano finanzia progetti di grande rilevanza, la cui piena operatività, tuttavia, presenta ancora significative incognite legate alle acclarate difficoltà di spesa della PA unitamente allo spostamento in avanti nel tempo di una larga parte della spesa programmata. Le spese pianificate per il biennio 2025-2026, infatti, hanno raggiunto un ammontare molto elevato e cresce quindi il rischio di non riuscire a realizzare gli interventi previsti. In termini di spesa, anche se le risorse finora erogate sono solo un quarto della dotazione complessiva, quelle “impegnate”, cioè, quelle per le quali vi è già un’obbligazione di pagamento, sono oltre la metà. In termini di monitoraggio, mancano stime ufficiali aggiornate sull’impatto macroeconomico atteso del Piano e rimane incompleta e non aggiornata la comunicazione di informazioni sullo stato di attuazione.
A seguito della rimodulazione del 2023, il nuovo PNRR vale 194,4 miliardi di euro (+2,9 miliardi rispetto al PNRR originale), di cui 71,8 (+2,9) in sovvenzioni e 122,6 in prestiti. Comprende 7 missioni (+1), che prevedono complessivamente 66 riforme e 150 investimenti. I relativi traguardi e obiettivi ammontano a 617 (da 527).
Ad oggi, la Commissione ha erogato oltre il 50% dei fondi assegnati all’Italia nell’ambito del dispositivo per la Ripresa e la Resilienza (RRF) per un totale di quasi 102,5 miliardi di euro, di cui 25,4 come prefinanziamento e 77,0 come pagamenti per il positivo conseguimento dei traguardi e obiettivi previsti per le prime quattro rate. A fine 2023 l’Italia ha inoltrato la richiesta di pagamento della quinta rata, dal valore di 10,6 miliardi, a fronte del raggiungimento di 22 traguardi e 30 obiettivi, che sono tuttora in corso di valutazione da parte della Commissione europea (Tabella A).
Per il 2024 l’Italia si è impegnata a conseguire 113 condizioni, tra traguardi e obiettivi, di cui 39 nel primo semestre e 74 nel secondo, che consentiranno di sbloccare la sesta rata da 9,2 miliardi e la settima da 19,6. Tra quelli attualmente in corso, sono previsti: la riduzione, rispettivamente, del 25% presso i tribunali amministrativi regionali e del 35% presso il Consiglio di Stato del numero di cause pendenti nel 2019; la riduzione, entro giugno 2026, del 95% dell’arretrato di cause civili pendenti, sempre rispetto al 2019, sia presso i tribunali che presso le Corti d’appello; il completamento delle procedure di assunzione o di proroga dei contratti dei dipendenti dell’Ufficio del processo e di altro personale tecnico amministrativo; l’entrata in operatività della piattaforma dedicata in materia di crediti commerciali, per le imprese creditrici e le pubbliche amministrazioni debitrici; il completamento della spending review per il 2023; la digitalizzazione della catena logistica; l’inizio degli interventi infrastrutturali nelle ZES; l’entrata in vigore dell'atto giuridico che attiva i crediti d'imposta Transizione 5.0, determinandone i criteri di ammissibilità anche in termini di risparmio energetico minimo e di tetto di spesa massimo per la misura.
La rimodulazione del Piano ha comportato una maggiore focalizzazione delle risorse verso le imprese. Dei circa 14 miliardi di risorse aggiuntive, infatti, circa 12 sono destinati a queste ultime: 6,3 miliardi per Transizione 5.0, 2,5 per filiere green e net zero technologies, 2,0 per i contratti di sviluppo della filiera agroalimentare, 852 milioni per i parchi agrisolari, 320 milioni per il sostegno a investimenti green e 50 milioni per le materie prime critiche. Inoltre, le risorse del PNRR saranno erogate, in larga parte, attraverso strumenti automatici: ciò dovrebbe garantire una spesa più rapida e agevolare la raggiungibilità dei target.
Il quadro post-rimodulazione rimane dai contorni poco chiari, per almeno tre ragioni:
Dato che l’ultima previsione di crescita del PIL legata al PNRR vincolante per il Governo risale alla NADEF 2022, un anno e mezzo fa, risulta difficile anche solo fare delle ipotesi sugli impatti complessivi che le nuove risorse avranno sul tasso di crescita dell’economia. Nell’autunno 2023 il Centro Studi Confindustria stimava che l’impatto complessivo del PNRR sul PIL a fine 2026 potesse essere di 2,8 punti percentuali in più rispetto allo scenario base, ma le stime erano basate sul PNRR non ancora rimodulato.
La composizione della spesa PNRR per tipologia di intervento è stata influenzata solo in parte dalla revisione: dal confronto tra la Terza Relazione al Parlamento, del 31 maggio 2023, e la Quarta, del 22 febbraio 2024 (quindi successiva alla revisione), emerge uno spostamento di circa 10 miliardi di risorse dalla voce “realizzazione di lavori pubblici” a favore della voce “concessione di incentivi a unità produttive”.
La stessa Relazione evidenzia come, al 22 febbraio 2024, la maggior parte delle risorse spese riguardava misure automatiche come la concessione di contributi a soggetti diversi da unità produttive (es. incentivi a famiglie, Ecobonus) e incentivi a unità produttive (es. Transizione 4.0), sia in termini di spesa totale, sia rispetto alle risorse complessive di ciascuna voce. Viceversa, su oltre 80 miliardi di spesa previsti per la realizzazione di lavori pubblici, sono solo 10 i miliardi (13%) finora spesi, sottolineando una acclarata difficoltà nella capacità di spesa da parte della PA (Tabella B). Tra l’altro, di questi 10 miliardi, ben 5,4 sono riferiti al soggetto attuatore Rete Ferroviaria Italiana, 3,3 agli Enti Pubblici Territoriali e solo 0,6 alle Amministrazioni Centrali.
Al 25 marzo 2024 l’Italia ha speso complessivamente quasi 45 miliardi di euro su 194,4 (23%), di cui 2,6 riguarderebbero misure realizzate già spostate fuori dal Piano (Grafico A). Rispetto alla previsione di spesa precedente alla rimodulazione, il Piano aggiornato ha visto uno spostamento ai prossimi anni di 18,3 miliardi, portando così la spesa pianificata per il biennio 2025-2026 a livelli davvero elevati, che suscitano preoccupazione circa l‘effettiva possibilità di realizzazione.
Rispetto al totale di 194,4 miliardi, ne restano quindi da spendere ancora i tre quarti (circa 150 miliardi) nel triennio 2024-2026. Nel 2023 sarebbero stati spesi 21,1 miliardi, quasi quanto speso cumulativamente nel biennio 2021-2022 (22,4 miliardi), quando però gli obiettivi e i traguardi del PNRR erano costituiti, essenzialmente, dalla predisposizione di riforme di sistema e non si era ancora entrati nella fase attuativa degli investimenti del Piano.
Se da un lato è stato speso solo un quarto delle risorse, dall’altro un dato incoraggiante proviene dal valore delle risorse “impegnate”, pari a circa la metà delle risorse del dispositivo RRF (100,3 miliardi, 51,6% del dispositivo RRF). Si tratta delle risorse accantonate dai Soggetti Attuatori per il pagamento dei soggetti realizzatori di lavori o servizi. In altre parole, indica l’importo per il quale sono stati attivati dei contratti giuridicamente vincolanti, seppur ad oggi non si siano ancora verificate spese e la PA non abbia ancora effettuato pagamenti a favore dei soggetti realizzatori.
Rispetto agli altri paesi europei, la dotazione totale italiana di risorse del Piano è la più elevata, con ben 194,4 miliardi di euro, seguita da quelle di Spagna (163 miliardi), Polonia (60) e Francia (42).
Ad oggi l’Italia è tra i paesi che hanno ricevuto più risorse in percentuale della dotazione totale del nuovo Piano (la considerazione è valida anche se si guarda alla dotazione iniziale del Piano, quella del 2021). La Francia ha ricevuto finora il 55% delle risorse e l’Italia il 52%, ben oltre il 37% medio registrato dai paesi con un PNRR dal valore superiore ai 5 miliardi di euro.
L’Italia è anche tra i primi paesi per numero di traguardi e obiettivi conseguiti in percentuale del totale (29%). Fanno meglio solo Francia (51%) e Lussemburgo (43%), ma quest’ultimo ha un piano di meno di 100 milioni di euro. In media i paesi europei con un PNRR dal valore superiore ai 5 miliardi di euro hanno raggiunto il 21% del totale delle condizioni previste (Grafico B).
Positiva l’intenzione di accelerare il caricamento dei dati da parte dei soggetti attuatori, come previsto dal DL 2 marzo 2024, n. 19 (detto DL PNRR Quater). Tuttavia, il sistema di rendicontazione REGIS risulta ancora caratterizzato da gravi criticità, nonostante i circa 2 anni di operatività, almeno da quanto si desume nell’utilizzarlo come strumento di monitoraggio: i dati della sezione “cruscotto” sono incompleti, non aggiornati e talvolta incoerenti tra loro; gli open-data contengono valori errati (es. ci sono spese riferite, erroneamente, al 1900), probabilmente perché in fase di caricamento non sono stati previsti dei controlli; alcuni file non sono aggiornati correttamente (es. gli open-data su traguardi e obiettivi riportano dati nuovi mescolati ai vecchi, rendendo quindi difficoltoso il loro utilizzo).