Il credito per le imprese

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Credito a fine calo

I prestiti bancari alle imprese italiane continuano a ridursi in termini annui (-3,8% a febbraio 2024), ma in misura meno marcata rispetto al minimo toccato nel 2023 (-6,7% a settembre). Il calo annuo in corso fa seguito agli alti ritmi di crescita dei prestiti registrati fino a metà 2022 (+4,8% annuo in agosto; Grafico 23). Questa rapida inversione di tendenza al ribasso è stata dovuta al forte rialzo dei tassi di interesse deciso dalla BCE a partire da luglio 2022.

Grafico Attenuato il calo dei prestiti per le imprese - Rapporto CSC primavera 2024

Tuttavia, guardando alle variazioni più di breve termine, cioè alla dinamica trimestrale recente, i dati mostrano che la caduta si è in realtà interrotta da novembre 2023 e i prestiti alle imprese sono tornati a inizio 2024 a variazioni di poco positive.

I prestiti sono calati, in termini annui, di più per le PMI, meno per le grandi imprese. A livello settoriale, di recente la flessione annua sta frenando di più nel credito alle costruzioni, meno nei servizi, mentre nel manifatturiero la dinamica annua negativa rimane sostanzialmente stabile. Le costruzioni, insieme alla manifattura, sono anche il settore con la maggiore “intensità creditizia” (59% e 57% rispettivamente il rapporto prestiti/valore aggiunto), mentre nei servizi il credito conta meno (52% nel commercio, 43% nell’alloggio e ristorazione).

La riduzione nel credito alle imprese sembra essere stata correlata alla graduale flessione del prezzo del gas, come già avvenuto in precedenza (al rialzo) con il picco dell’agosto 2022. La domanda di credito delle imprese, fin dallo shock energetico di inizio 2022, è stata infatti prima alimentata e poi ridotta dal maggiore/minore fabbisogno di liquidità dettato dai pagamenti delle bollette energetiche (gas ed elettricità). Ovvero, dalla volatilità delle esigenze di credito a breve termine,

L’indagine Banca d’Italia (BLS) segnala, in effetti, che la domanda di credito delle imprese ha continuato a ridursi nel 4° trimestre 2023 e nel 1° del 2024, sebbene a ritmi più contenuti rispetto ai primi 3 trimestri dello scorso anno. Diminuisce di più la domanda di fondi per il lungo termine, meno per il breve. Ciò è coerente con un andamento altalenante delle richieste di credito per finanziare le scorte e il capitale circolante, cioè domanda di liquidità, in timida risalita nel 4° 2023 e poi piatta nel 1° 2024, mentre le richieste per finanziare investimenti fissi calano in modo incessante, confermando che la domanda è frenata dall’aumento dei tassi.

L’indagine BLS mostra anche che l’offerta di credito per le imprese è rimasta invariata tra fine 2023 e inizio 2024, dopo la stretta, moderata, nei primi 3 trimestri dello scorso anno. Il ribasso delle attese delle banche sull’economia e su specifici settori continua a peggiorare l’offerta. La raccolta sui mercati a fine 2023 ha invece agito in direzione favorevole all’offerta di credito, mentre non si riscontrano problemi sulla liquidità, nonostante la veloce normalizzazione in corso delle misure straordinarie della BCE in termini di acquisto titoli e prestiti agli istituti. Nella seconda parte del 2023, sono stati irrigiditi i criteri in termini di stretta sull’ammontare dei prestiti concessi e di maggior richieste di garanzie, a inizio 2024 di nuovo agendo sugli oneri addizionali, mentre i margini di interesse sono stati ridotti a fine anno scorso dopo i forti aumenti precedenti, per poi salire di nuovo a inizio 2024 per i prestiti giudicati più rischiosi.

Secondo l’indagine Istat nel manifatturiero, la quota di aziende che non ottengono i prestiti richiesti resta piuttosto alta, 7,4% a marzo 2024 (4,5% a fine 2021). La quota di imprese che ottiene credito solo a condizioni più onerose si va invece normalizzando (17,8% dal 45,1% di inizio 2023), grazie alla stabilizzazione dei tassi, pur su livelli molto alti. Anche sull’accesso al credito si vede qualche miglioramento, nel senso che resta sfavorevole, ma meno rispetto a un anno fa (-13 il saldo delle risposte, da -36).

Nella seconda metà del 2023 e fino a inizio 2024 i depositi bancari delle imprese, prima misura della loro liquidità, hanno continuato ad oscillare senza una precisa direzione, dopo essere già rientrati sul trend pre-pandemia (+3,7% annuo a febbraio). Coerentemente, l’indicatore Istat della liquidità disponibile in azienda (rispetto alle esigenze operative) oscilla intorno a valori all’incirca stabili (33,7 a marzo 2024, 34,7 il massimo toccato nel 2023). Non ci sono dunque, in aggregato, segnali di una carenza di liquidità. Da un lato per molte imprese il credito continua a ridursi, ma dall’altro lato si è ridotto il fabbisogno di risorse liquide in molti settori che sono in flessione.

I tassi pagati dalle imprese italiane hanno registrato un forte aumento fino al novembre 2023, seguendo il rialzo del tasso BCE. A febbraio 2024 il tasso sulle nuove operazioni in media è al 5,34%, dopo il picco a 5,59% a novembre, da 1,18% a fine 2021. Quindi il rialzo subito dalle imprese ora è di +4,16 punti percentuali (+4,41 nel mese di picco), ovvero sostanzialmente pari al rialzo complessivo deciso dalla BCE (+4,50). In particolare, il tasso pagato dalle PMI è un po’ più alto (5,81%), quello per le grandi imprese più basso (5,00%).

Prospettive positive per i prestiti

Il costo del credito per le imprese italiane sembra aver raggiunto il picco, con un lag di qualche mese rispetto ai rialzi BCE. Per il biennio di previsione, le ipotesi rilevanti incorporate nello scenario di previsione sono: inizio dei tagli dei tassi ufficiali a metà del 2024, rendimento del BTP in flessione soprattutto nel 2025. In tale contesto e scontando anche un ritardo rispetto alle mosse BCE, i tassi per le imprese dovrebbero iniziare a calare gradualmente entro il 2024 e poi proseguirebbero in modo più marcato la flessione nel corso del 2025.

Così come i passati rialzi hanno accresciuto il peso degli oneri finanziari delle aziende e frenato i nuovi investimenti, dalla metà del 2024 gli attesi tagli dei tassi dovrebbero allentare le tensioni finanziarie delle imprese.

Con la discesa del costo, la domanda di credito finora bassa (Grafico 24), nella seconda parte del 2024 e ancor più nel 2025 dovrebbe ripartire, sostenuta anche dal proseguire della crescita economica.

Grafico Meno domanda di credito, ma anche meno offerta - Rapporto CSC primavera 2024

Perciò, la dinamica annua dei prestiti alle imprese è attesa risalire pian piano nella seconda parte del 2024 su valori positivi. Nel frattempo, a causa del posticipo dei tagli dei tassi BCE, resta una situazione di credito troppo caro, domanda abbattuta e offerta molto selettiva.

Grazie alla ripartenza del processo di aumento della quota del capitale sul passivo, dopo l’arretramento nell’anno di pandemia, le imprese italiane in aggregato hanno bilanci più solidi del passato. Lo scenario economico ancora difficile e incerto, tuttavia, soprattutto fino alla metà del 2024, può creare per alcune imprese ancora difficoltà in termini di liquidità, oltre che la normale necessità di ricorrere al debito bancario per finanziare produzione e investimenti. Perciò è cruciale che l’offerta di credito in Italia resti ampia. E le misure di policy per il credito, che ne favoriscono un allentamento, possono risultare importanti per una parte delle imprese.

L’offerta di credito è favorita dalla redditività bancaria, che è aumentata nel corso del 2023 facendo ulteriormente crescere il ratio di capitale degli istituti, già elevato. Ciò grazie soprattutto all’aumento del margine di interesse, sulla scia dell’aumento dei tassi; per le banche maggiori, sono anche diminuite le rettifiche su crediti e i costi operativi.

Le sofferenze bancarie, nonostante il contesto sfavorevole di tassi alti, nel 2023 e a inizio 2024 non hanno mostrato il temuto trend di aumento, anche perché l’economia italiana è rimasta in crescita: 18,5 miliardi di euro a gennaio 2024, da 17,0 a fine 2022. Il flusso di nuovi prestiti deteriorati si è ridotto di recente, su valori moderati, all’1,5% dello stock nel 3° trimestre 2023. Resta limitato il flusso di cartolarizzazioni di prestiti in sofferenza, che li fanno uscire dai bilanci bancari (1,8 miliardi nel 2023, da 17,3 nel 2021). Quindi è limitato il rischio che le banche debbano effettuare nel breve-medio termine nuove forti rettifiche sui crediti deteriorati. Inoltre, il tasso di copertura dei crediti deteriorati nel 2023 ha continuato a crescere (54,3%), su livelli rassicuranti.

È migliorata, per le banche, anche la situazione sul fronte dei rendimenti sovrani italiani: 3,68% a marzo 2024 il BTP decennale, un punto in meno rispetto al picco di ottobre 2023 (4,70%). La flessione del BTP riflette in gran parte l’atteso taglio dei tassi ufficiali nell’Eurozona. Ciò tende ad abbassare il costo della raccolta bancaria, dato che i tassi di medio-lungo termine sui mercati sono molto correlati. Fattore molto importante, dato che nell’ultimo anno le banche italiane sono tornate a finanziarsi soprattutto con emissioni di obbligazioni.

Il calo dei rendimenti significa pure un aumento dei prezzi di mercato dei titoli pubblici. Anche questo è uno sviluppo positivo per le banche, perché sostiene il valore del loro portafoglio di titoli di Stato. Il quale, al valore contabile, si è assottigliato nell’ultimo anno, pur restando ampio (348 miliardi a gennaio 2024, da 405 a fine 2021).

Complessivamente, i rischi per la solidità degli istituti sembrano essersi ridotti e ciò dovrebbe favorire un allentamento delle condizioni di offerta di credito nel medio termine rispetto alla stretta attuale.

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