Il PIL

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1.1 Il Prodotto Interno Lordo in aggregato

Resta in crescita l’economia italiana

Il PIL italiano nel 2024 è atteso crescere in linea con la dinamica osservata nel 2023: nello scenario base, il CSC prevede un incremento annuo del +0,9%, ovvero 0,4 punti percentuali in più rispetto a quanto previsto nello scenario di ottobre scorso. Ciò a fronte di una eredità statistica (la variazione che si avrebbe nel 2024 se nei prossimi quattro trimestri la crescita fosse zero) pari a +0,2%. La crescita nel 2025 è attesa poco superiore, al +1,1% (Tabella 1).

Tabella Le previsioni del CSC per l’Italia - Rapporto CSC primavera 2024

La stima di crescita più alta per il 2024 è in buona parte ascrivibile alla revisione al rialzo delle serie storiche sul PIL, operata da Istat a marzo 2024. Invece, l’attesa di un taglio dei tassi di interesse ufficiali della BCE a giugno di quest’anno (si veda il par. 7.3) e la ripresa del commercio internazionale nel biennio di previsione (si veda il par. 7.1) erano già incluse nello scenario di ottobre scorso. Ma l’effetto sulle esportazioni nette è stato rivisto al rialzo. Soprattutto, a inizio anno incideranno ancora positivamente gli effetti degli incentivi all’edilizia.

L’effetto negativo dei tassi di interesse, attualmente su livelli elevati, sulle decisioni di investimento delle imprese e di consumo delle famiglie è stato sinora meno pronunciato delle attese e dovrebbe permanere soprattutto nella prima metà di quest’anno, per poi attenuarsi progressivamente nel resto del 2024 (e nel 2025).

Il PIL italiano nel 4° trimestre 2023 è aumentato del +0,2%, in linea con la stima preliminare. La dinamica in tale trimestre è stata sostenuta dal contributo degli investimenti fissi lordi (+0,5%, da +0,2% nel 3°), della domanda estera netta (+0,4% da +1,2%) e della spesa della PA (+0,1% da zero), mentre la spesa per consumi delle famiglie ha contribuito negativamente (-0,8% da +0,4%) e le scorte in modo nullo (zero da -1,5%). Nel complesso, il contributo della domanda interna al netto delle scorte è stato negativo (-0,2%), a fronte di quello positivo della domanda estera netta (-0,4%; Grafico 1). Considerando l'intero 2023, il prodotto italiano è cresciuto dello 0,9% rispetto all’anno precedente, grazie al contributo rilevante degli investimenti fissi lordi (+1,0%) e dei consumi delle famiglie (+0,7%), di quello più contenuto delle esportazioni nette (+0,3% dovuto non tanto alla crescita delle esportazioni che ha contribuito dello 0,1%, quanto alla decrescita delle importazioni) e dei consumi collettivi (+0,2%). Da notare che senza il fortissimo decumulo di scorte in termini reali, che ha inciso negativamente per l’1,3%, il PIL sarebbe aumentato del 2,2%.

Grafico Contributi alla crescita trimestrale del PIL - Rapporto CSC primavera 2024

Nel 2024, l’eredità statistica debolmente positiva del PIL è sostenuta dagli investimenti (+2,1%, di cui +3,2% le costruzioni, +0,6% gli impianti e i mezzi di trasporto), ma non dai consumi totali (-0,4%, di cui -0,6% la spesa delle famiglie, +0,4% quella della PA).

Nel 1° trimestre del 2024, gli indicatori congiunturali sull’attività economica e sulla fiducia di imprese e famiglie fotografano una fase di debolezza o di moderata espansione. L’RTT index per l’intera economia ha fornito indicazioni di leggero calo nei mesi di gennaio (-0,5%) e febbraio (-0,2%), che delineano un acquisito nel 1° trimestre in aumento del +1,0% (interamente trainato dall’inerzia statistica del 4° trimestre 2023). Il credito a imprese e famiglie è su valori storicamente bassi, anche se in ripresa, l’inflazione si è fortemente attenuata.

Di conseguenza, ci si attende che la ripresa dei consumi, in particolare di beni durevoli, verrà sostenuta tra giugno e dicembre del 2024 e, in particolare, nella seconda metà del 2025 dal graduale taglio atteso dei tassi di interesse. In misura minore, la spesa delle famiglie sarà favorita dal recupero del reddito disponibile reale previsto nel prossimo biennio, anche se parte di questo verrà destinata al risparmio, dopo l’erosione delle risorse accumulate durante la pandemia.

D’altra parte, il miglioramento delle condizioni di accesso al credito anche per le imprese dovrebbe favorirne la capacità di investimento in modo progressivo a partire dal 2° semestre 2024. Quando, inoltre, riprenderebbe in modo più significativo il commercio internazionale e migliorerebbe la fiducia degli operatori economici. Gli incentivi alle imprese e gli investimenti pubblici previsti dal PNRR dovrebbero parzialmente compensare il calo delle costruzioni di tipo abitativo, dovuto a ragioni fisiologiche di “rimbalzo” statistico negativo dopo il picco del 4° trimestre del 2023 e una discreta dinamica nel 1° del 2024, e al graduale venir meno del supporto offerto dal Superbonus.

La dinamica del PIL nel 2024 sarà sostenuta prevalentemente dalle esportazioni nette (con un contributo di +0,4% risultante da quello di +0,8% delle esportazioni e quello di -0,4% delle importazioni) e dagli investimenti fissi lordi (+0,2%), in misura minore dai consumi delle famiglie (+0,1%), dalle scorte (+0,1%) e dai consumi collettivi (+0,1%). Nel 2025, invece, l’elemento trainante sarà costituito dai consumi delle famiglie (contributo di +0,7%), positivo l’apporto delle esportazioni nette (+0,1%, di cui +1,3% le esportazioni e +1,2% le importazioni), degli investimenti (+0,1%) e dei consumi collettivi (+0,1%, per maggiori dettagli sulle determinanti della spesa della PA, si veda l’analisi contenuta nel par. 5), nullo quello delle scorte. A tale riguardo, l’elevata erraticità di questa componente negli ultimi anni (nel 2021 ha contribuito del +1,1% alla crescita del PIL, nel 2023 del -1,3%) rappresenta un elemento di incertezza della previsione. Un eventuale significativo rimbalzo nel prossimo biennio dopo il decumulo osservato nel 2023 implicherebbe un profilo di crescita più elevato rispetto a quello ipotizzato.

I rischi della previsione

Nell’attuale contesto, lo scenario previsivo presenta in prevalenza rischi al ribasso, collegati tra loro, ma anche qualcuno al rialzo. I principali sono:

  1. Un prolungamento delle guerre in Ucraina e in Medio Oriente e un eventuale ampliamento dei paesi coinvolti potrebbero: accrescere ulteriormente la frammentazione geopolitica, con effetti negativi sul commercio internazionale; spingere verso un ulteriore aumento del prezzo del petrolio, che potrebbe trascinare in alto anche le quotazioni di altre commodity energetiche (gas); accentuare l’incertezza e determinare un calo della fiducia di famiglie e imprese.
  2. La dinamica dei prezzi al consumo in Italia e in Europa ha intrapreso un percorso di graduale normalizzazione, ma molto più lento nella media dell’Eurozona. Il processo in essere potrebbe richiedere un tempo maggiore del previsto, spingendo la BCE a ritardare la riduzione attesa dei tassi di interesse, posticipando così gli effetti positivi per l’economia che deriverebbero dall’allentamento della politica monetaria. Le eventuali nuove tensioni sui prezzi energetici dovute a fattori geopolitici, citate nel punto 1, andrebbero nella direzione di ritardare la discesa di inflazione e tassi.
  3. Le banche centrali internazionali sono attese avviare nei prossimi trimestri un percorso, non coordinato, di riduzione dei tassi. Tuttavia, se la FED decidesse di prolungare la fase di stabilità dei tassi, scenario che ha una probabilità non trascurabile, per abbattere ancor più l’inflazione contando sulla resilienza dell’economia USA, la BCE potrebbe seguirla nel lasciare fermi i tassi, per evitare ripercussioni sul cambio, che spingerebbero in alto i prezzi in euro di petrolio e altre commodity importate. Come nel punto 2, ciò ritarderebbe l’impatto positivo del taglio atteso nell’Eurozona e in Italia.
  4. La piena efficacia del PNRR è condizionata al rispetto dei tempi previsti e all’attuazione delle riforme in programma. Il venir meno di uno di questi elementi implicherebbe un minor contributo alla crescita. Il grande ammontare di spesa di risorse PNRR programmata per i prossimi anni rende molto sfidante l’obiettivo di una piena attuazione e genera rischi al ribasso per investimenti e PIL. L’ipotesi sottostante a questo scenario è che nel biennio 2024-2025 si avrà un utilizzo delle risorse in linea con quanto programmato nel DEF.
  5. La persistenza del conflitto israelo-palestinese, che indirettamente alimenta le tensioni geo-politiche nel Mar Rosso, e la siccità che sta riducendo la portata dei bacini del canale di Panama hanno generato delle limitazioni ai trasporti marittimi internazionali in due delle tratte commerciali più importanti al mondo. La prosecuzione del conflitto israelo-palestinese o la sua definitiva degenerazione in guerra regionale potrebbe riflettersi sui prezzi di alcuni beni (petrolio e prodotti petroliferi, gas liquido, prodotti alimentari e fertilizzanti) e sull’export degli stessi (si veda il Focus n. 5).

1.2 Il PIL dal lato dell’offerta

Valore aggiunto trainato da servizi privati e industria nel biennio di previsione

Dal lato dell’offerta, il marginale rallentamento congiunturale del valore aggiunto osservato nel 4° trimestre (+0,2% da +0,3%) è riconducibile a un peggioramento in tutti i settori, a eccezione di quello delle costruzioni (+4,7% dopo un forte aumento anche nel 3°: +1,9%) e dei servizi pubblici (+0,2%, da -0,2%). La dinamica dell’industria in senso stretto è rimasta positiva seppure in ripiegamento (+0,1%, dopo +0,4% nel 3°), in negativo invece i servizi privati (-0,1%, dopo +0,3%) e l’agricoltura (-0,4%, da -2,8%).

Considerando gli andamenti settoriali nell’intero 2023, la variazione annua del valore aggiunto totale (+0,9% tendenziale, rispetto al 4° trimestre del 2022) è stata supportata interamente dalle costruzioni (+4,7%) e dai servizi privati (+1,3%), che hanno compensato la riduzione nella PA (-0,9%), nell’agricoltura (-5,7%) e, marginalmente, nell’industria in senso stretto (-0,1%).

Il picco delle costruzioni in chiusura d’anno sembra essere stato fortemente condizionato dall’attesa riduzione delle agevolazioni edilizie da inizio 2024. Nel corso dell’anno hanno pesato in negativo sull’agricoltura le condizioni metereologiche avverse registrate nel 2° trimestre e l’alluvione in Emilia-Romagna.

Le informazioni congiunturali più recenti, relative al 1° trimestre 2024, convergono nell’indicare che l’attività nei servizi è in moderata ripresa. In particolare, il PMI conferma che il settore è tornato a crescere, in linea con quanto segnalato anche dall’RTT index.

I servizi privati entrano nel 2024 con un’eredità statistica positiva (+0,1%). Questa dovrebbe essere rafforzata dal consolidamento della moderazione inflazionistica e dal miglioramento del reddito disponibile reale delle famiglie, che porterebbero il valore aggiunto del settore a crescere nell’anno in corso del +0,9%. Nel 2025 il miglioramento della fiducia dei consumatori e delle condizioni di accesso al credito al consumo spingerebbero il settore dei servizi fino al +1,6%.

Le costruzioni dal lato abitativo dovrebbero risentire fortemente della riduzione degli incentivi prevista nel 2024 e in misura ancora maggiore nel 2025. Quelle di tipo non abitativo, invece, dovrebbero beneficiare delle risorse del PNRR e di impieghi bancari meno onerosi. Il valore aggiunto complessivo del settore risentirebbe in misura preponderante del primo fenomeno (-2,5% nel 2024, nonostante una variazione acquisita a inizio anno di +4,2%; e -5,4% nel 2025). L’RTT index relativo al settore delle costruzioni a gennaio è sceso del 35,6%, a febbraio del 3,5% (-37,8% a febbraio rispetto a dicembre, -16,7% l’acquisito nel 1° trimestre 2024).

Il valore aggiunto dell’industria in senso stretto è previsto recuperare nel prossimo biennio quanto perso nel 2022-2023 (+1,0% nel 2024, di cui +0,2% già acquisito, +1,6% nel 2025), grazie alla ripresa del commercio mondiale, quindi dell’export di beni, all’allentamento della stretta monetaria nell’Eurozona e all’aumento del reddito disponibile reale che aiuterebbe la ripresa del consumo di beni. L’RTT index industria è aumentato del 3,0% nei primi due mesi del 2024 (+3,3% a gennaio, -0,3% a febbraio, +3,1% acquisito nel 1° trimestre).

Ritorno alla crescita per la produzione industriale, seppur moderata

Nel 2023 l’attività industriale delle imprese italiane è diminuita di -2,1%. La dinamica è stata positiva nel 1° trimestre (+0,5%), e in discesa nella restante parte dell’anno (-1,6% nel 2° trimestre, -0,1% nel 3° e -0,4% nel 4°).

La dinamica dell’attività è stata caratterizzata, inoltre, da una perdurante eterogeneità tra raggruppamenti industriali e tra settori, già documentata nei precedenti rapporti di previsione.

Sia la produzione di beni intermedi, più sensibili ai prezzi energetici e alla domanda internazionale, sia quella di beni di consumo, che risentono maggiormente della dinamica del reddito disponibile reale, hanno continuato a indebolire la dinamica complessiva della produzione industriale. Per quanto riguarda i beni strumentali, invece, dopo lo slancio nel 2022, la produzione è rimasta sostanzialmente piatta nel 2023, per effetto soprattutto della minor domanda di impianti e macchinari derivante dal parziale depotenziamento delle agevolazioni fiscali (si veda par. 2.1; Grafico 2).

Grafico La produzione industriale ha smesso di scendere? - Rapporto CSC primavera 2024

Anche a livello settoriale, emergono performance molto differenti: fra i settori che sono cresciuti ci sono farmaceutica, automotive, altri mezzi di trasporto, riparazioni e installazioni. In particolare, il recupero del settore automobilistico è stato sostenuto dalla ripresa delle consegne di vetture ordinate negli anni passati, ma che erano bloccate dalle strozzature lungo le catene di fornitura. Al contrario, è proseguita la contrazione dei settori energy-intensive, come la metallurgia (-4,4% nel 2023), la chimica (-6,7%), il settore della carta (-9,4%) e i minerali non metalliferi (-10,8%). Anche i comparti del legno, della stampa e del tessile sono scesi. Il calo dell’attività produttiva nel settore del mobile, invece, riflette più un “effetto base” dopo l’aumento registrato durante il biennio 2021-2022 (Grafico 3).

Grafico Dinamiche settoriali molto eterogenee nella produzione industriale - Rapporto CSC primavera 2024

La produzione totale è diminuita a gennaio (-1,4%) e rimasta quasi ferma a febbraio (+0,1%). Segnali misti per l’inizio del 2024 provengono dalle indagini qualitative. Il PMI manifatturiero ha superato la soglia di espansione a marzo (50,4 da 48,7 di febbraio) e la fiducia delle imprese manifatturiere è in miglioramento (88,6 a marzo da 87,6), insieme alle attese sugli ordini (saldi delle risposte a 1,9 da 0,3). Si tratta tuttavia di miglioramenti modesti, che non sembrano anticipare un punto di svolta significativo, ma più una fase di stabilizzazione della produzione.

Le imprese sarebbero in attesa della ripresa della domanda, interna ed estera, e di minori prezzi energetici. Ciò è coerente con quanto emerge dall’Indagine rapida sull’attività delle grandi imprese industriali del Centro Studi Confindustria relativa al mese di marzo, che rileva come le aspettative delle imprese medio-grandi associate a Confindustria rispetto ai costi di produzione migliorano (saldo delle risposte a -0,6%, da -8,5% di febbraio).

La diminuzione del saldo delle risposte relativamente ai giudizi sulle scorte di prodotti finiti forniti dall’indagine Istat, in diminuzione da 5,1 nel 4° trimestre 2023 a 3,6 nel 1° di quest’anno, al di sotto della media storica, anticipa verosimilmente un recupero della produzione necessaria a ricostituirle su livelli ottimali, anche sulla scia di una più vivace ripresa della domanda.

Dal lato dell’offerta, quindi, si attende un graduale miglioramento della produzione industriale, a partire dal 2° trimestre. Tuttavia, la dinamica degli investimenti totali molto contenuta nel biennio di previsione, lascia intravedere una modesta crescita dell’attività, in media d’anno: +1,0% nel 2024, per poi accelerare nel 2025 ad un ritmo medio di +1,9%.

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