La finanza pubblica

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Deficit pubblico migliore delle attese

Il CSC stima un indebitamento netto della pubblica amministrazione al 5,1% del PIL nel 2022 e al 3,5% nel 2023 (Tabella 2). La previsione a legislazione vigente sul 2022, in linea con quanto indicato nell’ultima Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (NaDEF), incorpora gli impatti di tutte le misure adottate finora dal Governo per sostenere famiglie e imprese contro il rincaro dei costi energetici (si veda il Focus 7) e beneficia del miglioramento dei saldi di bilancio, dovuto a una migliore dinamica dell’economia e a una più elevata inflazione. La previsione tendenziale sul 2023 sconta la frenata dell’attività economica. Nell’intero biennio di previsione è incluso l’impatto delle risorse europee del PNRR, così come nuovamente riprogrammate nella NaDEF, mentre non sono inclusi gli effetti di ulteriori interventi normativi che potrebbero verificarsi negli ultimi mesi dell’anno per fronteggiare la crisi energetica.

Tabella Il quadro della finanza pubblica- Rapporto di previsione CSC autunno 2022

Un elemento particolarmente positivo emerso quest’anno è il forte aumento delle entrate fiscali rispetto alle attese: nei primi otto mesi dell’anno, stando alle Relazioni al Parlamento presentate dal Governo, sono state incassate maggiori entrate fiscali per complessivi 20,5 miliardi di euro: 14,3 individuati a fine luglio (in concomitanza con la presentazione della legge di assestamento) e 6,2 a inizio settembre6. Sulla base di tali risorse, il Governo ha ottenuto l’autorizzazione a finanziare nuovi interventi a sostegno di famiglie e imprese (disposti con il DL Aiuti bis e il DL Aiuti ter), senza ricorrere a ulteriore deficit.

Applicando la medesima elasticità registrata finora alle entrate attese tra settembre e dicembre, il gettito fiscale nel 2022 potrebbe essere superiore rispetto a quanto stimato di ulteriori 10 miliardi (0,5 punti di PIL).

Per il 2023 la previsione tendenziale dell’indebitamento, marginalmente più alta di quanto stimato dal Governo nella NaDEF (3,4%), è più bassa di 0,5 punti di PIL rispetto al deficit stimato in aprile (3,9%). La stima sconta un peggior andamento dell’economia, ma un deflatore del PIL più elevato (+3,3%). Rispetto

all’obiettivo programmatico autorizzato dal Parlamento ad aprile scorso, vi sarebbe spazio per utilizzare circa 10 miliardi aggiuntivi. Ma il quadro programmatico di finanza pubblica, questa volta non incluso nella NaDEF, verrà ridefinito dal prossimo Governo.

I dati di monitoraggio mensile delle entrate e delle spese della PA confermano il miglioramento dei saldi di finanza pubblica. Il fabbisogno cumulato del settore statale si è attestato a 49,2 miliardi di euro nei primi nove mesi del 2022, quasi 37 miliardi in meno rispetto allo stesso periodo del 2021 (-42,8%). La buona dinamica della spesa primaria legata alle misure di contrasto al caro energia è più che compensata dalla forte accelerazione delle entrate (per lo più imposte indirette e versamenti contributivi); quest’ultima dovuta anche al venir meno di proroghe e sospensioni dei versamenti tributari disposte nel biennio 2020-2021.

Entrate in forte rialzo

Il CSC stima che le entrate complessive in rapporto al PIL si attestino al 49,5% nel 2022 (dal 48,1% del 2021) e al 50,0% nel 2023, registrando una crescita annua molto sostenuta quest’anno (+9,3%), meno il prossimo (+4,4%).

Sul fronte delle entrate, lo scenario previsivo sul 2022 tiene conto degli effetti finanziari delle misure contro il caro-energia adottate fino a fine settembre per complessivi 19,1 miliardi.

Nel dettaglio, le entrate tributarie nel 2022 registrano un maggior gettito complessivo di 49 miliardi rispetto al 2021 (+9,3%), mentre nel 2023 mostrano una dinamica più lenta (+0,7%). Se per quest’anno risultano in forte incremento tutte le voci di imposta, per il prossimo si osserva una contrazione delle imposte dirette dovuto all’arresto della crescita economica (rispettivamente +6,6% e -3,8%). Le imposte indirette aumentano sensibilmente in entrambi gli anni di previsione (+8,0% e +9,1%) e tra queste principalmente l’IVA, nonostante gli interventi contro il caro-energia.

Anche per le entrate contributive si osserva una dinamica molto positiva (+8,5%) quest’anno, più contenuta il prossimo (+5,5%), in linea con la dinamica dell’occupazione.

La pressione fiscale e contributiva, perciò, sale al 44,5% del PIL nel 2022 (dal 43,4% del 2021) e rientra al 44,0% nel 2023. In termini nominali, il gettito tributario e contributivo aumenta del 9,0% quest’anno e del 2,2% il prossimo.

Spesa primaria moderata

Nello scenario CSC la spesa pubblica si attesta al 54,6% del PIL nel 2022 e al 53,6% nel 2023, in riduzione rispetto al 55,3% dello scorso anno. Si conferma, dunque, il percorso di rientro dal picco del 2020, quando la spesa aveva toccato il 56,8% del PIL.

Sul versante della spesa, si tiene conto per il 2022 dell’esaurirsi degli effetti delle misure adottate durante la pandemia e dell’adozione delle misure volte a preservare il potere d’acquisto e la liquidità di famiglie e imprese per complessivi 35,3 miliardi.

La spesa corrente primaria è stimata al 46,1% del PIL nel 2022 e al 44,5% nel 2023; in termini monetari cresce quest’anno (+7,1%), mentre è attesa in frenata il prossimo (-0,2%), sotto l’ipotesi che, a legislazione vigente, vengano meno tutte le misure emergenziali adottate. I redditi da lavoro crescono quest’anno (+6,9%) per effetto dei pagamenti degli arretrati al pubblico impiego e di parte dei rinnovi contrattuali del triennio 2019-2021, ma si riducono il prossimo (-1,0%), scontando una dinamica lenta dell’occupazione. La dinamica positiva dei consumi pubblici nel 2022 (+6,3%) è dovuta ai pagamenti dei crediti di imposta alle imprese, ma è in parte compensata dal rinvio delle risorse europee del PNRR.

La spesa in conto capitale è vista in forte calo quest’anno (-20,6%), ma torna a salire il prossimo (+16,1%) a causa della riprogrammazione degli investimenti pubblici (nel 2022 -3,7% e +33,8% nel 2023).

Interessi e tassi in aumento

La spesa per interessi sul debito pubblico si attesta al 4,0% del PIL nel 2022 e nel 2023 (dal 3,6% nel 2021), registrando un consistente aumento quest’anno (+17,7%).

L’aumento dei rendimenti dei titoli di Stato legato al rialzo dei tassi BCE ha allargato lo spread tra BTP e BUND tedeschi che è attualmente il più elevato d’Europa, molto vicino, se non talvolta superiore, a quello dei titoli greci.

Nello scenario CSC, il rendimento del BTP decennale si attesterà in media a 300 punti base nel 2022, ipotizzando che il rialzo dei tassi registrato negli ultimi mesi persista fi no a fine anno. Il balzo della spesa per interessi nel 2022 sconta principalmente l’aggiornamento del valore nozionale dei titoli indicizzati all’inflazione.

Per il 2023 si è ipotizzato un ulteriore incremento di 100 punti base del rendimento del BTP, per un valore medio annuo di 4,0 punti percentuali. Pertanto, gli interessi aumenteranno di oltre 11 miliardi di euro quest’anno rispetto al 2021 e di altri 2,2 miliardi nel 2023, per un livello di spesa complessiva superiore ai 77 miliardi il prossimo anno.

Debito pubblico in calo…

Il debito pubblico in rapporto al PIL è stimato al 145,5% nel 2022, in riduzione di oltre 4,7 punti rispetto al 2021, come lo scorso anno. L’entità del calo, seppur riferito al quadro tendenziale, è considerevole ed è chiaramente legata sia all’elevato tasso di crescita del PIL che alla dinamica del deflatore: bisogna tornare addirittura al 1947 per registrare una diminuzione di tale ampiezza. Neppure la convergenza di Maastricht riuscì in una simile impresa (il debito scese di 4,3 punti di PIL nel 2000). Per il 2023, il debito pubblico è previsto calare di neanche 0,7 punti per assestarsi al 144,9% di PIL. Rispetto alla NaDEF, che prevede di raggiungere un rapporto debito pubblico su PIL del 145,4% e 143,2% nel 2022 e 2023 rispettivamente, lo scenario CSC mostra un calo inferiore nel secondo anno per via di ipotesi più contenute sulla dinamica del deflatore del PIL.

La differenza tra il costo del servizio del debito e il tasso di crescita dell’economia (cd. componente snowball) risulta negativa in tutto l’orizzonte previsivo, contribuendo all’erosione dello stock di debito pubblico.

… ma rallenta la discesa

Il graduale minore contributo della crescita reale riduce la velocità di discesa del debito (Grafico 19). Infatti, se nel 2021 gran parte della riduzione del debito era ascrivibile alla componente di crescita reale, che più che compensava l’aumento di spesa per interessi e il disavanzo primario, nel 2022 la stessa componente si dimezza per poi scomparire nel 2023, venendo solo in parte rimpiazzata dall’effetto inflazione e da un ritorno a un modesto avanzo primario (0,4% di PIL). Il contributo dell’aggiustamento stock-flussi è rilevante soltanto nel 2021 e 2022, ma tenderà a estinguersi nel 2023.

Grafico Inflazione: crescente contributo al calo del debito pubblico - Rapporto di previsione CSC autunno 2022

Essenziale una politica di bilancio prudente

L’ampliamento dello spread e la riattivazione del Patto di Stabilità e Crescita obbligheranno il Governo a una gestione dei conti pubblici particolarmente prudente, indirizzando il debito su un percorso di rapida riduzione anche per evitare allargamenti dello spread “eccessivi” (termine la cui definizione non è ancora ben specificata nel quadro del nuovo Trasmission Protection Instrument della BCE).

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