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I mercati delle materie prime energetiche hanno continuato ad essere caratterizzati, anche nel 3° trimestre del 2022, da forti oscillazioni di prezzo, spingendo soprattutto gas e carbone verso nuovi record storici e gravando sempre di più sui costi di produzione delle imprese.
Nonostante gli interventi del governo (si veda il Focus 7), gli abnormi rincari del gas stanno mettendo alle corde il nostro tessuto economico. Oltre alle ricadute sul prezzo dell’energia elettrica, poiché il gas è la fonte prevalente per la produzione di elettricità (coprendo nel 2019 il 49% della produzione), l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) segnalava già a fine luglio le forti criticità per il sistema nazionale a causa dei prezzi fuori scala raggiunti sui mercati all’ingrosso del gas, che stanno penalizzando sia i clienti finali sia i venditori. Da un lato le imprese, come clienti finali, si ritrovano bollette energetiche insostenibili e hanno difficoltà a stipulare nuovi contratti di fornitura per l’anno termico che è partito dal 1° ottobre, dall’altro i piccoli e medi rivenditori faticano a rinnovare i contratti con i grandi produttori e importatori a condizioni sostenibili per i loro bilanci e a reperire dai grossisti i volumi necessari a soddisfare la domanda.
Secondo le stime del Centro Studi Confindustria, realizzate tramite le tavole input-output e basate sulle variazioni attese dei prezzi internazionali delle materie prime energetiche ipotizzate nello scenario di previsione per l’anno 2022, i costi energetici arriverebbero ad incidere per il 9,8% sul totale dei costi di produzione dell’intera economia, con una crescita di circa 5 punti percentuali rispetto al pre-pandemia (4,6%; Grafico A). In euro, i maggiori costi energetici si tradurrebbero in un aumento della bolletta annuale per l’intera economia italiana pari a circa 110 miliardi (in più rispetto alla bolletta energetica pre-pandemia, di quasi 87 miliardi).
Ipotizzando che di questo ammontare addizionale il nostro sistema economico ne abbia già pagato, nei primi 8 mesi del 2022, una quota basata sulle stime CSC di giugno della bolletta energetica, ovvero approssimatamente il 49%, le imprese si troverebbero a dover pagare 55,6 miliardi di euro aggiuntivi da settembre a dicembre 2022. In termini mensili, si tratterebbe quindi di quasi 14 miliardi in più.
Per la sola manifattura, l’aumento dei prezzi delle materie prime energetiche calcolato secondo le ultime evoluzioni del mercato si tradurrebbe nel 2022 in un’incidenza dei costi energetici sul totale dei costi pari al 9,0%, con una crescita pari a quella del totale dell’economia e con un aumento nella bolletta annuale di 43 miliardi di euro (in aggiunta rispetto alla bolletta energetica pre-pandemia, di oltre 30 miliardi). Di questi, sempre confrontando con le prime stime CSC, le imprese manifatturiere dovrebbero aver già onorato fino ad agosto il 48% circa. Di conseguenza, si troverebbero in bolletta almeno altri 22,2 miliardi di euro aggiuntivi per gli ultimi quattro mesi dell’anno, ovvero 5,5 miliardi di euro al mese in più da settembre a dicembre 2022.
Analizzando nel dettaglio la manifattura, in quasi tutti i comparti l’incidenza dei costi più che raddoppierebbe, toccando i valori massimi in corrispondenza dei settori più energivori (Grafico B). In particolare, i settori maggiormente colpiti dall’aumento atteso dei prezzi delle materie prime risulterebbero di gran lunga la metallurgia, dove l’incidenza dei costi energetici potrebbe sfiorare il 26% alla fine del 2022 (+15 punti percentuali dai livelli pre-pandemia) e le produzioni legate ai minerali non metalliferi, dove l’incidenza potrebbe arrivare al 20% (+11 p.p.). Tra gli altri energivori più colpiti dagli aumenti seguono, con valori tra loro analoghi, le lavorazioni del legno, la gomma-plastica e la produzione di carta, con una incidenza stimata rispettivamente al 13% (+8 p.p.), all’11% (+7 p.p.) e al 10% (+6 p.p.). Un impatto significativo si avrebbe anche nella chimica, settore in cui l’aumento dell’incidenza dei costi è minore rispetto agli altri settori energivori (+5,4 p.p.) ma partendo da livelli già estremamente elevati, per cui l’incidenza potrebbe raggiungere il 20% alla fine del 2022, al pari dei settori più colpiti.
L’incidenza dei costi energetici rimarrebbe invece su livelli relativamente bassi nei settori dei mezzi di trasporto (automotive e altri mezzi d trasporto) e in quello della produzione di apparecchiature elettriche.