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Dopo il profondo shock subito nel 2020 con la pandemia da Covid-19, nel 2021 il turismo in Italia ha registrato un parziale recupero, con un sostanziale incremento rispetto all’anno precedente delle presenze di italiani e stranieri negli esercizi ricettivi (+39%) e della spesa dei turisti internazionali (+23%), senza però riuscire a colmare il divario rispetto ai livelli pre-pandemia, soprattutto in termini di presenze di turisti dall’estero (-52% rispetto al 2019).
La piena ripresa di questo settore è invece cruciale per le prospettive di crescita dell’intero sistema economico italiano. Nel pre-pandemia il turismo aveva infatti un peso rilevante: secondo l’ISTAT, esso contava circa il 6% in termini di valore aggiunto e il 7% in termini di occupati (circa 1,7 milioni di addetti). Includendo gli effetti diretti e indiretti e quelli indotti, ovvero rispettivamente quelli che originano dalle forniture di beni e servizi domandati dalle imprese dei comparti turistici e quelli generati dai consumi dei lavoratori del turismo, secondo stime World Travel and Tourism Council (WTTC) l’impatto complessivo del turismo sul PIL per l’Italia nel 2019 era pari al 10,6%, mentre quello sull’occupazione era del 12,2%.
Per il 2022 dati preliminari di fonte ISTAT e Banca d’Italia, disponibili rispettivamente fi no a giugno e fi no a luglio, confermano la progressiva ripresa del settore in termini di presenze sia nella componente di domanda domestica sia di quella straniera. Come per l’anno passato, il recupero è trainato dall’ulteriore miglioramento del turismo domestico, che nel 2° trimestre ha raggiunto complessivamente il -6% rispetto al 2019, ma anche dal ritorno dei turisti stranieri, le cui presenze sono quasi triplicate rispetto all’anno precedente, anche se permangono a livelli ancora inferiori a quelli pre-pandemici (-16%; Grafico A).
Inoltre, nella prima metà del 2022 è continuato il deciso recupero della spesa dei viaggiatori stranieri in Italia, che ha raggiunto nel periodo aprile-giugno circa il 90% dei livelli pre-pandemici, confermando la forte dinamica registrata nei mesi precedenti (Grafico B). Tuttavia, rispetto al dato particolarmente incoraggiante di giugno, in cui il differenziale con il pre-Covid si era quasi azzerato (-0,9% rispetto lo stesso mese pre-pandemia), in luglio la spesa dei turisti stranieri si è assestata su un -6,7%, indicando un rallentamento della ripresa. Particolarmente positivo l’andamento della spesa dei turisti provenienti dall’Unione europea (+7% nel 2° trimestre 2022 sul 2019) e, tra quelli extra-UE, dei turisti dal Regno Unito e dagli Stati Uniti, facilitati dal cambio euro/dollaro favorevole, anche se in entrambi i casi ancora sotto i livelli pre-pandemici (rispettivamente -14% e -27% rispetto al 2019). Questi dati, riferiti alla spesa nominale, riflettono anche l’aumento generalizzato dei prezzi, che ha interessato in maniera particolare i trasporti ma anche i prezzi dei servizi ricettivi e di ristorazione e dei servizi ricreativi e culturali (rispettivamente +11,6%, +9,4% e 4,7% ad agosto rispetto allo stesso mese del 2019). In termini reali, quindi, la dinamica della spesa risulterà fortemente ridimensionata.
Inoltre, su una piena ripresa del comparto turistico incidono negativamente sia l’inflazione record che frenerà la domanda, sia i rincari energetici e la scarsità di personale, che vincolano l’offerta.
Secondo stime del Centro Studi Confindustria, con i prezzi di gas, carbone e petrolio che si sono realizzati in media dall’inizio dell’anno fino alla fine di agosto, il settore alberghiero e della ristorazione ha visto raddoppiare l’incidenza dei costi energetici sul totale dei costi di produzione (dal 6% al 12-13%), con un aumento superiore a quello medio registrato nell’intera economia italiana (+4 punti percentuali circa). Rincari di questa entità mettono a rischio gli investimenti e la stessa tenuta del settore, se si assottigliano troppo i margini, e frenano di nuovo la domanda, se vengono scaricati sull’utente finale.
Secondo stime WTTC, il completo recupero del comparto potrebbe inoltre essere compromesso dalla scarsità di personale, più accentuata nel nostro Paese che altrove, in particolare rispetto a Francia, Spagna e Portogallo. Infatti, una parte dei dipendenti di questo settore, licenziati o messi in cassa integrazione durante la pandemia, ha trovato impiego in altri comparti, oppure è uscito del tutto dalla forza lavoro. Questo fenomeno, insieme ad un calo del numero dei lavoratori immigrati a causa di una più bassa mobilità, ha fatto sì che l’offerta di lavoro scarseggiasse, a fronte di una domanda crescente.
Il WTTC prevede che nel 3° trimestre di quest’anno resteranno vacanti in Italia un posto su sei di quelli offerti complessivamente dal settore, con picchi nel settore alberghiero (38%) e nelle agenzie di viaggio (42%).
In linea con questo quadro, l’ISTAT stima per settembre un netto peggioramento del clima di fiducia delle imprese del turismo (108,6 da 119,0 di agosto), che raggiunge il valore più basso degli ultimi 5 mesi (Tabella A). L’indice, così come quello aggregato della fiducia delle imprese, cala per il terzo mese consecutivo. In particolare, crollano le attese sugli ordini, che passano addirittura ad un valore negativo, e peggiorano nettamente sia i giudizi sia le opinioni degli imprenditori sull’andamento degli affari. Il comparto, quindi, che ha vissuto il momento di picco dell’anno tra maggio e giugno, e ancora ad agosto godeva di una certa fiducia sull’andamento corrente, mostra segni di pessimismo per l’autunno, anche a causa degli spropositati rialzi del prezzo dell’energia.
Questi dati potrebbero quindi segnalare che il comparto turistico, seppure in netta ripresa, potrebbe non aver ancora recuperato del tutto i livelli del 2019, neanche nel 3° trimestre del 2022.