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Salario minimo: l’audizione di oggi in Senato

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Salario minimo: l’audizione di oggi in Senato

12 marzo 2019 | Lavoro e Relazioni Industriali

Oggi siamo stati ascoltati in audizione informale dalla Commissione Lavoro del Senato per discutere il Disegno di Legge per l’Istituzione del salario minimo orario.

La regolazione dei minimi salariali costituisce un meccanismo fondamentale nel funzionamento del mercato del lavoro. Una funzione che in Italia è storicamente svolta dai contratti collettivi nazionali di categoria.

Salario minimo e sistema della contrattazione collettiva: un rapporto da definire in maniera corretta

L’introduzione di un salario minimo legale potrebbe - a ben determinate condizioni - contribuire a ridurre l’area delle situazioni anomale, ma il problema centrale è e resta quello di garantire il rispetto delle regole e della giusta retribuzione del lavoro, a prescindere dalla sua fonte di regolazione (se legale o contrattuale).

Il tema centrale è quindi definire correttamente il rapporto tra il salario minimo legale e il sistema della contrattazione collettiva esistente.

Le garanzie e le tutele al lavoratore del contratto collettivo nazionale

È importante sottolineare che il perimetro delle garanzie e delle tutele offerte al lavoratore dal sistema dei CCNL è ben più esteso del solo trattamento economico minimo.

Con una introduzione del salario minimo legale che non tenesse affatto conto di questa importante differenza è elevato il rischio che si determini un fenomeno di “fuga” dal contratto collettivo.

Fenomeno che si sta registrando, già da tempo, in vari paesi europei che hanno adottato il sistema del salario minimo legale, pur in presenza di una consolidata tradizione di contrattazione collettiva.

Per evitare la fuga dalla contrattazione e garantire la giusta misura del salario minimo, la vera questione, allora, diventa quella di stabilire criteri obiettivi per individuare quale dovrebbe essere il contratto collettivo di settore da prendere a riferimento.

Il Patto della Fabbrica fra Confindustria, CGIL, CISL e UIL: cosa prevede il Trattamento economico minimo

Nel nostro ordinamento, infatti, già esiste una sorta di salario minimo legale (che è fissato dalla legge al fine di determinare la corretta misura della contribuzione previdenziale dovuta dal datore di lavoro), che prende a riferimento proprio gli importi dovuti in base ai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni di rappresentanza comparativamente più rappresentative.

Confindustria e Cgil Cisl Uil hanno da tempo iniziato un percorso che ha proprio la finalità di individuare il contratto collettivo di riferimento per ogni settore produttivo.

Nel Patto della Fabbrica del 2018 le parti sociali, riprendendo gli accordi già firmati nel 2011 e nel 2014, si sono impegnate a concordare un sistema di regole per la misura della rappresentanza proprio con questa finalità.

Inoltre, sempre nell’accordo del 2018, si propone un modello di contrattazione che individui nei contratti collettivi un Trattamento economico minimo (TEM), considerandolo equivalente al salario minimo inderogabile, da tenere distinto dal Trattamento economico complessivo (TEC), dove verrebbero ricomprese tutte le altre voci retributive o aventi natura di corrispettivo.

Dunque, la finalità principale che viene perseguita dai disegni di legge in esame ben potrebbe essere assolta con l’osservanza, da parte delle imprese, del Trattamento Minimo Economico, come stabilito nel Patto della Fabbrica. 

Il peso della rappresentanza delle organizzazioni sindacali e datoriali

L’attuazione di questo Patto è strettamente legata alla misura della rappresentanza sia datoriale che sindacale, che comporta, però, una collaborazione attiva da parte del Ministero del Lavoro che tuttora non si è realizzata.

La misura della reale rappresentatività delle organizzazioni sindacali e datoriali è un passaggio cruciale e quanto mai urgente che permetterà, non solo di rendere effettivamente esigibili gli accordi, ma anche di eliminare situazioni di dumping che danneggiano le imprese che rispettano le regole.

Se questa disegno riformatore fosse pienamente attuato, il legislatore ben potrebbe limitarsi a stabilire un livello di salario minimo orario da rispettare solo nei settori non regolati da contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative.

 

 

 

 


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