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Subito le riforme: l’intervista del Presidente Bonomi al Salone Nautico di Genova

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Subito le riforme: l’intervista del Presidente Bonomi al Salone Nautico di Genova

02 ottobre 2020 | Presidente

A pochi giorni dall'Assemblea 2020, il Presidente Carlo Bonomi tocca tutti i grandi temi economici del Paese, dal rinnovo dei contratti al piano industria 4.0, in un’intervista con il Direttore de La Stampa Massimo Giannini all'evento “L'alfabeto del futuro”, organizzato ieri al Salone Nautico di Genova.

“Questo Paese è poco abituato ad avere persone che dicono quello che pensano – ha sottolineato il Presidente. Io ho il diritto-dovere di criticare quello che ritengo non vada bene. L'atteggiamento di Confindustria non era così conflittuale come veniva raccontato prima, e non è cambiato oggi. C'è stata un'apertura da parte del Governo e noi cerchiamo di essere collaborativi e propositivi come sempre”.

Rispondendo ad una domanda sul quadro politico a seguito delle elezioni regionali e del Referendum, il Presidente ha detto: “Noi non facciamo scommesse sulla politica e non ci interessiamo di politica, ne stiamo fuori. Facciamo politica economica”.

“Noi ragioniamo sui fatti – ha proseguito Bonomi. Il crollo dei consumi, l'abbandono del progetto 4.0, quota 100 che non ha portato nuova occupazione: non c'è stato l'uno a uno, ma semmai una sola entrata ogni due uscite. Abbiamo detto che le politiche attive del lavoro così non avrebbero funzionato e i fatti purtroppo ci stanno dando ragione".

A proposito dei rapporti con il Governo, il Presidente ha commentato: “Non c'è antagonismo tra me e il Presidente del Consiglio, sono stati enfatizzati i nostri rapporti dialettici, siamo disposti a collaborare se c'è una visione di Paese. Se non c'è fiducia le misure di sostegno non si trasformano in economia reale. Infatti i consumi non sono aumentati mentre sono cresciuti i depositi bancari”.

“Che clima c'è nel Paese?” Alla domanda del Direttore Giannini sulla fiducia nel Paese il Presidente ha risposto: “Nella gestione d'emergenza l'Italia ha portato a casa buoni risultati. Credo però che il clima di fiducia non abbia pervaso imprese e cittadini: tutti alla finestra ad aspettare di vedere che succede. Nei Paesi intorno a noi ci sono dati allarmanti. Lo abbiamo visto con la moda a Milano e lo vediamo con la nautica qui a Genova: i buyer interazionali non si sono visti. Da qui la necessità di essere sempre più interconnessi”.

L'economia assistita non può durare all'infinitoha continuato il Presidente commentando l’annuncio della proroga fino a fine anno dello stato d’emergenza - Era corretto affrontare la parte emergenziale, però bisognava già aver programmato l'uscita. Quella è venuta a mancare”.

 Cosa fare oggi? 

I dati dicono che se andiamo avanti su questo trend - ha spiegato il Presidente - non riprenderemo il pre-Covid prima di 2-3 anni. E in pre-Covid noi eravamo 3 punti di PIL sotto l'ultima crisi del 2008, non in una situazione florida. Possiamo invertire la tendenza solo facendo investimenti. E allora per prima cosa dobbiamo portare a casa il Mes. Non è una questione politica. Sono 37 miliardi da investire: portiamo a casa tutte le risorse che la UE ci mette a disposizione. E dobbiamo stimolare gli investimenti, sia pubblici che privati”.

Sul possibile ritardo nella gestione dei fondi e dei progetti legati al Recovery Fund il Presidente ha risposto: “Non credo. Mi preoccupa semmai il metodo. Noi facciamo una bella collezione di progetti e li mandiamo in Europa. Bruxelles, invece, ci ha dato quattro grandi aree su cui lavorare. E poi la Pubblica Amministrazione: se portiamo a casa i miliardi e poi ci vogliono vent'anni per fare un'opera pubblica, dove andiamo?”.

A proposito dell’accusa a Confindustria di chiedere l’investimento di fondi solo a vantaggio delle imprese Carlo Bonomi ha risposto: “No, non battiamo cassa. Chiediamo cose che vadano bene al Paese, come gli stimoli all'industria 4. 0. Servono a far star bene tutti".

L’intervista è poi proseguita sui temi del fisco. Sugli interventi su Irpef e cuneo fiscale il Presidente ha spiegato: “Credo che non si possa definire riforma fiscale solo una modifica delle aliquote Irpef. Bisogna rivedere l'impianto della politica fiscale in Italia: è assurda. Si tratta di capire se il fisco è uno strumento per fare cassa per lo Stato o una leva di competitività del Paese. Se lo è, occorre rivedere il suo impianto. Quanto alla rimodulazione dell'Irpef, non credo sia quella la strada per creare più potere d'acquisto. Dobbiamo lavorare su altri aspetti. Ad esempio, diamo il lordo in tasca ai lavoratori, dispensando le aziende dal sostituto d'imposta”.

Infine, nell’intervista sono stati trattati i temi del lavoro e del rinnovo dei contratti. Sulle ristrutturazioni aziendali il Presidente Bonomi ha detto: “Non posso immaginare che il 1° gennaio si possa partire con una raffica di licenziamenti. Non è possibile, non reggiamo. Ondate no, mi auguro di no, e nessuno vuole licenziare. È inevitabile, però, che ci sarà una riorganizzazione.

Ma serve una riforma degli ammortizzatori sociali seria. Il tema non è più salvaguardare il posto di lavoro, ma è mettere al centro la persona, la sua occupabilità. Dobbiamo garantire alla persona di essere sempre occupata in un mondo che si trasforma.

Proprio per prevenire - va benissimo l'intervento in fase emergenziale - poniamo il problema di cosa ci sarà dopo. Non possiamo lasciare mezzo milione di persone senza reddito in un momento come questo”.

E sull’accusa di non voler chiudere i contratti, il Presidente Bonomi ha risposto: “È un'accusa irricevibile. Abbiamo chiuso i contratti della sanità privata, della gomma-plastica e del vetro. Ma ci sono settori che non possono essere messi in crisi con aumenti salariali che non riescono a sostenere”.

“Stiamo vivendo una crisi epocale – ha chiarito in fine il Presidente richiamando la necessità di stringere un grande Patto per l’Italia - Abbiamo tutti, imprese, sindacati, governo, una responsabilità storica”.



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Si fa un gran parlare di come utilizzare i 209 miliardi che arriveranno dall'Europa. Ma le riforme necessarie per riuscire a spendere in modo efficace queste risorse, a oggi, non sono state nemmeno impostate. A partire da quella del lavoro, la più urgente. E poi fisco e burocrazia. La verità è che per il governo la fase 2 non è ancora iniziata.

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