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Andrea Montanino
L’ISTAT stima il valore dell’economia sommersa al 12,4 per cento del PIL nel 2016, in discesa rispetto al passato ma sempre superiore alla gran parte dei paesi europei: secondo stime effettuate utilizzando una metodologia comune, tale valore è superiore rispettivamente di 11 punti di PIL rispetto alla Francia e 15 punti rispetto alla Germania (Figura A). Ciò determina una perdita di gettito tributario e contributivo, stimato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze in 107 miliardi di euro (dati 2015).
L’evasione fiscale, oltre a sottrarre gettito, determina anche una distorsione dei normali meccanismi di mercato perché rende meno competitive le imprese che pagano quanto dovuto. Inoltre, la diffusione dell’economia sommersa riduce la propensione a investire in innovazione e in capitale umano, diminuendo gradualmente la competitività dell’intero sistema-Paese.
L’introduzione dellʼobbligo di fatturazione elettronica, adottato con la Legge di Bilancio 2018, sembra rappresentare uno strumento particolarmente efficace. Ne sono prova i dati sul gettito IVA sugli scambi interni dei primi quattro mesi di quest’anno, primo anno di applicazione: +5,4 per cento rispetto allo stesso periodo del 2018, quando era aumentato del +1,1 rispetto allʼanno precedente; malgrado la fase stagnante dellʼeconomia.
Parallelamente, l’Italia è uno dei paesi dove meno diffuso è l’utilizzo di carte di pagamento: rispetto a una media europea superiore a 100 transazioni pro-capite annue, in Italia ne vengono effettuate meno della metà (Figura B). Ciò ha un impatto sia sui costi di gestione del contante, sia sulla maggiore diffusione dell’evasione fiscale. Infatti, il contante è semplice da usare e difficile da tracciare e questo facilita l’occultamento di parte del reddito prodotto. L’osservazione della relazione tra utilizzo di moneta elettronica e dimensione dell’economia sommersa dimostra come le due variabili siano negativamente correlate.
I tre elementi – necessità di interventi di stimolo dei consumi, scarso utilizzo della moneta elettronica e diffusione più ampia dell’economia sommersa – sono tra loro collegati.
Per scoraggiare l’evasione soprattutto nel settore distributivo e in presenza di transazioni regolate in contanti1 occorre stimolare l’uso di strumenti di pagamento tracciabili, soprattutto della moneta elettronica, riducendo l’uso del contante anche per transazioni di valore limitato.
Alla luce di queste considerazioni, per accrescere gli effetti della fatturazione elettronica nel contrasto all’evasione fiscale, si dovrebbe agire aumentando gli incentivi del consumatore finale all’uso della moneta elettronica, rendendo per lui relativamente più conveniente l’utilizzo della moneta elettronica rispetto al contante. Si ritiene che, con la proposta sotto articolata, si possa raggiungere tale risultato, attraverso strumenti che si completano a vicenda e che muovono nella stessa direzione.
Il pacchetto di misure si sostanzia in un meccanismo che sia in grado di incentivare l’utilizzo della moneta elettronica e disincentivare l’uso del contante2. La proposta si articola su due interventi:
a) garantire un credito di imposta del 2 per cento al cliente che effettua i pagamenti mediante transazioni elettroniche (incentivo all’uso della moneta elettronica);
b) introdurre una commissione in percentuale dei prelievi da ATM o sportello eccedenti una certa soglia mensile (disincentivo allʼuso del contante).
Per quanto riguarda l’incentivo all’uso della moneta elettronica, si propone di praticare un credito di imposta del 2 per cento al cliente che paga mediante carta di pagamento (carte di credito, debito e prepagate nominative) o bonifico bancario. Il consumatore paga il prezzo pieno ma accumula un reddito che verrà contabilizzato e comunicato dalla banca di appoggio della carta di pagamento. Il perimetro dell’iniziativa esclude le carte non nominative in quanto non associabili ad alcun codice fiscale.
In termini finanziari, il flusso in “uscita” dalle casse dello Stato sarebbe differito poiché la detrazione non sarebbe applicata al momento del pagamento ma, successivamente, al momento della dichiarazione dei redditi.
Nelle prime ipotesi formulate, un approccio particolarmente adatto per rendere operativa la misura è quello usato per la detrazione degli interessi passivi sui mutui.
Analogamente a quanto accade per tali rapporti contrattuali, entro la data utile per la presentazione della dichiarazione dei redditi, le istituzioni finanziarie che emettono carte di pagamento produrranno ai titolari dei conti un certificato attestante il totale dei pagamenti elettronici effettuati nel corso dell’anno solare. Grazie a tale dichiarazione, sarà possibile fruire della detrazione per un ammontare pari al 2 per cento dei pagamenti effettuati in sede di dichiarazione.
Oltre ai prevedibili effetti positivi legati all’incremento della diffusione delle carte di pagamento e, pertanto, all’ampliamento della base imponibile e delle entrate fiscali, la misura di incentivo ipotizzata contribuirebbe a stimolare i consumi e si caratterizzerebbe per semplicità nell’implementazione.
Stima preliminare di impatto di uno sconto su transazioni elettroniche
Per stimare l’impatto sulla finanza pubblica si fanno le seguenti ipotesi:
Sulla base di queste ipotesi, assumendo che l’intervento entri in vigore il 1° gennaio 2020, lo sconto del 2 per cento verrebbe compensato dall’emersione di attività finora non tassate a partire dal terzo anno, rendendo la misura positiva dal punto di vista degli effetti sulla finanza pubblica soprattutto nel quarto anno (Tabella A).
Va tenuto conto che si assume un aumento delle transazioni con moneta elettronica di oltre il 95 per cento in quattro anni, il ché manterrebbe comunque l’Italia al di sotto della media dellʼEuro area in termini di numero di transazioni pro-capite con moneta elettronica (90 in Italia contro i 107 nellʼEuro area).
Tuttavia, la stima degli effetti di finanza pubblica va prudenzialmente effettuata senza tenere conto degli effetti indiretti sul gettito derivanti dall’emersione di base imponibile. Di conseguenza, si può assumere che tale misura abbia un effetto negativo pari a quanto riportato nella riga (A) della tabella A e che sia necessario il reperimento di un’adeguata copertura finanziaria.
Al fine di reperire in modo immediato una copertura adeguata, si propone di introdurre una commissione in percentuale dei prelievi da ATM o sportello eccedenti una certa soglia mensile (disincentivo).
L’idea è pertanto quella di istituire un sistema di penalizzazione per il ritiro del contante da ATM (bancomat) e presso gli sportelli bancari. La misura è da intendersi come intervento antievasione e a copertura dello sconto sulle transazioni elettroniche di cui al precedente paragrafo.
Sotto il profilo operativo, si dovrebbero sottoporre i prelievi da ATM e da sportello oltre una determinata soglia mensile per ciascun conto corrente a una penalizzazione mediante l’introduzione di una commissione alla fonte da calcolarsi in percentuale del prelievo effettuato, con il cliente che rispettivamente ritirerebbe direttamente la somma “al netto della commissione”.
La banca opererebbe come una sorta di sostituto d’imposta, versando all’erario con le modalità e le tempistiche già in essere per gli altri casi. Mentre la misura di sconto sulle transazioni elettroniche avrebbe un effetto negativo sui conti pubblici differito di un anno, questa misura avrebbe effetti positivi immediati in termini di gettito.
Stima preliminare di impatto di una commissione sui prelievi di contante
Per stimare l’impatto della misura, si sono utilizzati i dati di un grande gruppo bancario nazionale, diffuso su tutto il territorio. Tali dati sono stati parametrati all’universo tenendo conto della quota di mercato stimata per lo stesso gruppo.
Sulla base dei dati in possesso, per ¾ dei conti correnti italiani, i prelievi mensili effettuati da ATM o sportello sono inferiori a 1.500 euro (Figura C).
Dal punto di vista degli importi complessivamente prelevati, la distribuzione differisce: meno del 50 per cento del contante prelevato afferisce infatti a conti dove l’ammontare complessivo è inferiore a 1.500 euro, mentre il 20 per cento del contante prelevato proviene da conti dove le uscite di contanti superano i 3.000 euro al mese.
Sulla base di questa distribuzione, sembra ragionevole assumere di esentare i prelievi mensili fino a 1.500 euro: ciò si traduce in un’esenzione dalla commissione per il 75% dei conti italiani. Applicando una commissione del 2 per cento sui prelievi eccedenti tale soglia, si avrebbe un gettito annuale di circa 3,4 miliardi, sostanzialmente in linea con quello necessario per coprire il mancato gettito dovuto allo sconto sulle transazioni elettroniche derivante dalla prima misura per il 2020.
La tabella B riporta un’analisi di sensitività con varie ipotesi di soglie di esenzione e di aliquota per la commissione sul prelievo. Come si evince, si potrebbero raggiungere effetti analoghi o anche superiori in termini di gettito aumentando contemporaneamente la soglia di esenzione e l’aliquota di commissione.
Al fine di rendere operativi gli interventi, è necessario affrontare le seguenti questioni aperte:
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