Non accelera la crescita italiana e restano i rischi, con schiarite in alcuni mercati

Congiuntura Flash

L’Italia prosegue nella crescita anemica: l’export procede a strappi, i consumi sono frenati e gli investimenti in calo. Inoltre, i tassi in lieve aumento non aiutano il credito. L'Eurozona è in ulteriore frenata, ma vanno meglio i mercati finanziari e, in prospettiva, gli scambi mondiali: negli USA ci sono segnali di stabilità, la Cina è in altalena.

 Per approfondimenti rimandiamo al Rapporto di autunno del Centro Studi Confindustria


L'economia italiana e mondiale in breve

  • L’Italia prosegue nella crescita anemica. Il PIL in Italia si preannuncia debole nel 4° trimestre, come nei precedenti (+0,1%). L’occupazione da luglio segue un andamento altalenante (in ottobre +0,2%). L’industria resta in difficoltà: a novembre gli ordini di beni hanno subito un’ulteriore erosione; il CSC stima una produzione di nuovo in flessione (-0,3%), con una variazione nulla acquisita nel trimestre; il PMI (Purchasing Managers’ Index) è in area di contrazione (47,6). Nei servizi, invece, il PMI continua a salire (52,2 in ottobre), dopo l’apprezzabile aumento del fatturato nel 3° trimestre.

Grafico Manifatturiero ancora in flessione, ma reggono i servizi - Congiuntura flash dicembre 2019

  • L’export procede a strappi. L’export italiano è salito dell’1,2% in valore a settembre, ma registra un calo nel 3° trimestre. Ciò è da imputare alle vendite intra-UE (-1,3%). Quelle extra-UE sono rimaste invariate e in ottobre sono balzate del 6,1%, per consegne straordinarie di navi negli USA. Ma le prospettive per fine anno sono negative, in base agli ordini esteri che a novembre sono sui minimi da oltre sei anni.
  • Consumi frenati... La fiducia delle famiglie è diminuita nettamente a novembre, per il calo dei giudizi sull’economia. Ciò potrebbe portare a ulteriore risparmio precauzionale, frenando i consumi, cresciuti invece nel 3° trimestre (+0,4%). Inoltre, gli ordini interni dei produttori di beni di consumo sono caduti ed è in calo anche l’indicatore ICC, mentre le immatricolazioni di auto hanno recuperato in parte in ottobre.
  • …e investimenti in calo. Dopo l’attesa flessione degli investimenti nel 3° trimestre (-0,2%), a novembre gli ordini interni dei produttori di beni strumentali hanno subito un’altra mini-erosione e la fiducia delle imprese manifatturiere è diminuita di poco, continuando ad oscillare su valori modesti. Ciò preannuncia un moderato calo della spesa per beni strumentali anche nel 4° trimestre.
  • Tassi in lieve aumento... A novembre il rendimento del BTP decennale è risalito di tre decimi rispetto ai minimi, in media a 1,18%. Il mini-rialzo ha riguardato anche altri paesi dell’Eurozona, che avevano tassi molto negativi, segnalando in parte più fiducia tra gli investitori. Perciò, lo spread sopportato dall’Italia è cresciuto, ma in misura limitata (160 punti base sulla Germania a fine mese; 150 in media). Ciò avviene nonostante i nuovi acquisti BCE di titoli, dal 1 novembre (13 mld di euro di bond pubblici finora), che proseguiranno nei prossimi mesi, ma il cui effetto sembra essere stato già scontato dai mercati.
  • …non aiutano il credito. Il costo del credito per le aziende italiane è rimasto ai minimi storici (1,3% a settembre), ma il calo dei prestiti sembra ampliarsi (-1,0% annuo). Le indagini qualitative avevano fornito segnali incoraggianti sulle condizioni di offerta nel 3° trimestre. Ma resta ampia la quota di imprese che non ha ottenuto il credito richiesto (5,5% a settembre), segnalando domanda inevasa.
  • Eurozona in ulteriore frenata. La fiducia di imprese e famiglie, pur migliorata a novembre, resta ai livelli più bassi dal 2015. L’indice PMI è sceso poco sopra la soglia che segnala attività ferma. Perciò, la crescita nel 4° trimestre sarà limitata al +0,1/0,2% (stime CSC). La Germania, in particolare, è ancora penalizzata dal settore industriale, che frena l’andamento del PIL: le imprese lamentano un forte calo degli ordini, sopratutto esteri, che ha portato una netta riduzione dell’utilizzo della capacità produttiva.

Grafico Germania: l'industria in calo non manda in recessione l'economia - Congiuntura flash dicembre 2019

  • Meglio i mercati finanziari... Le Borse dei paesi avanzati sono in salita per il terzo mese a novembre. In Italia i listini restano del 5% sotto i massimi 2018, negli USA li superano del 6% proseguendo il trend rialzista che dura da 11 anni. L’euro e il prezzo del petrolio si sono quasi stabilizzati negli ultimi mesi (intorno a 1,11 dollari per euro e 63 dollari al barile), su livelli favorevoli all’economia dell’Eurozona.
  • …e gli scambi mondiali. Lo scenario internazionale ha registrato scambi fermi nei due trimestri centrali del 2019. Le prospettive, però, sono divenute meno negative, con gli ordini esteri nel PMI globale in risalita a 48,9 in ottobre e il manifatturiero mondiale tornato quasi sulla soglia della stabilità (49,8).
  • Negli USA segnali di stabilità... La crescita del PIL nel 3° trimestre è stata rivista al rialzo (+2,1%), per la dinamica più positiva di investimenti e consumi, indice di solida domanda interna. Qualche miglioramento nel manifatturiero (PMI a 48,3 in ottobre), mentre gli altri settori sono in decisa espansione (54,7). La disoccupazione è salita di poco (3,6%), ma resta vicina ai minimi storici. I prezzi al consumo, invece, sono sotto l’obiettivo FED: in ottobre il PCE al netto dell’energia è all’1,6% annuo.
  • …e Cina in altalena. Le tensioni commerciali hanno impattato sulla Cina, dove la produzione industriale ha decelerato più dell’atteso (+4,4% annuo in agosto). Ciò a causa della contrazione dell’export, specie verso gli USA (-16,0%). Il PMI manifatturiero, però, indica più vivacità per fine 2019, grazie a nuovi ordini cresciuti a buon ritmo. La questione è se la Cina raggiungerà l’obiettivo di crescita del 6,0-6,5%: Pechino ha i mezzi per stimolare l’economia. Anche Brasile e India sono in espansione, mentre la manifattura in Russia continua a deteriorarsi, a causa di ordini esteri in caduta.

 

Focus del mese Deflazione in Italia? Nell’industria i maggiori pericoli

  • Molto vicini alla deflazione... La dinamica dei prezzi al consumo in Italia ha tendenzialmente frenato dalla fine del 2018. Negli ultimi mesi è giunta poco sopra lo zero (+0,4% annuo a novembre). Calcolata al netto delle componenti tipicamente più volatili, cioè energia ed alimentari, è più alta, sebbene di poco (+0,9%).

Grafico Prezzi: dinamica esigua nei beni industriali, ampio gap con i servizi - Congiuntura flash dicembre 2019

  • …con l’energia meno cara. A spingere al ribasso i prezzi al consumo, infatti, sono anzitutto gli energetici (-4,6% annuo), che seguono con intensità ridotta e un breve lag l’andamento del prezzo del petrolio in euro. Il quale si è stabilizzato negli ultimi mesi su valori ridotti rispetto al 2018 (-23% in ottobre). I minori prezzi per l’energia favoriscono famiglie e imprese.
  • Industria: prezzi deboli, come la produzione... Il dato che preoccupa di più è l’esigua dinamica dei prezzi dei beni industriali (+0,3% annuo), negativa fino a ottobre (-0,2%). Questo riflette la situazione di affanno che vive ancora l’industria italiana, dovuta in buona misura al complicato contesto internazionale, su cui hanno pesato vari fattori (dazi USA, difficoltà nel settore auto).
  • ...segnale di consumi stagnanti... La dinamica tuttora fiacca dei prezzi dei beni conferma la debolezza della domanda interna in Italia, in particolare dei consumi delle famiglie: è questo che induce le imprese industriali a contenere l’aumento dei listini, a fronte del trend di incremento dei costi. Il quale è dovuto al tendenziale rialzo del costo del lavoro (per unità di prodotto, CLUP), mentre le quotazioni delle materie prime sono deboli.
  • ...e margini erosi. Da tali andamenti di costi e prezzi deriva una pressione al ribasso sui margini delle imprese industriali. Il mark-up, già su valori contenuti, è in calo dallo scorso anno (-0,2% nella prima metà del 2019). Ciò assottiglia la redditività delle aziende e ne erode la capacità di auto-finanziare gli investimenti.
  • Servizi: prezzi in aumento. La dinamica dei prezzi al consumo è più elevata, invece, nell’eterogeneo settore dei servizi (+1,1%), comunque su valori modesti. Questo è coerente con la maggiore resilienza dell’attività economica in tale settore, rispetto all’industria: i servizi sono rimasti in debole crescita quest’anno, come mostrato in particolare dagli indici PMI che evidenziano un crescente divario tra i due settori.
  • La deflazione crea un rischio... Un eventuale diffuso calo dei prezzi potrebbe porre un freno alla crescita dei consumi, nella misura in cui le famiglie rimandano gli acquisti di beni nell’attesa di ribassi. In parte ciò sta già avvenendo (-0,1% annuo i prezzi dei beni durevoli) e aiuta a spiegare la debolezza nell’industria. Questo meccanismo negativo potrebbe allargarsi all’acquisto di beni di investimento da parte delle imprese.
  • ...e debiti più pesanti. Una deflazione generalizzata condurrebbe anche a difficoltà nella gestione del debito, rispetto a una situazione ottimale di prezzi (e redditi) moderatamente crescenti che tendono ad alleggerirne il peso. Questo vale per i debiti di famiglie e imprese e anche per quello pubblico: il deflatore del PIL, legato ai prezzi al consumo e cruciale per ridurre il debito in rapporto al prodotto, è stimato solo al +1,0% nel 2019.
  • Tutto ciò pone un problema di politica monetaria... I prezzi in Italia e nell’Eurozona (+1,0% a novembre, +1,3% l’indice core) sembrano non reagire alle misure iper-espansive di politica monetaria, in campo da anni, che dovrebbero alimentare l’inflazione, oltre all’attività economica. Fattori strutturali, a livello internazionale, giocano al ribasso sui prezzi (innovazioni tecnologiche, globalizzazione di produzione e scambi).
  • ...nonostante gli sforzi... Lo stimolo monetario è stato rafforzato dalla BCE tra giugno e settembre, alla fine del mandato di Draghi, con il riavvio del Quantitative Easing e una limatura ai tassi di interesse a breve (-0,5% sui depositi bancari). Se ciò continuasse a non alzare i prezzi, sarebbe una pessima notizia per Francoforte.
  • ...e la BCE discute una nuova linea. L’obiettivo principale BCE oggi è tenere l’inflazione poco sotto il +2,0%. Con la presidenza Lagarde ci si attende continuità rispetto alle misure espansive, ma la BCE ridiscuterà a breve le proprie strategie. Un’opzione può essere ritoccare l’obiettivo, per convivere meglio con i tassi zero: “in media intorno al 2%” significherebbe accettare qualche anno di inflazione bassa, purché poi cresca.


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