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“Questa politica rischia di fare più danni del Covid. La narrazione secondo cui una volta passata la pandemia tutto tornerà come prima è una falsità. La realtà è un’altra. Gli imprenditori sono fortemente preoccupati. In autunno molte imprese non riapriranno, altre dovranno ridimensionarsi. Non sappiamo cosa succederà domani, che ne sarà delle commesse, degli ordini, dei fornitori. Serve una strategia, una visione, un’idea di quale Paese vogliamo costruire”.
Così il Presidente Carlo Bonomi in un’intervista a Repubblica.
D’accordo con le parole del Governatore della Banca d’Italia, Bonomi afferma che “bisogna puntare sulla crescita: sono venticinque anni che il nostro Paese perde produttività, allontanandosi sempre più dai concorrenti. E la crescita dipende anche da dove si allocano le risorse: da decenni si aumenta la spesa corrente (il dividendo elettorale) a scapito degli investimenti nelle infrastrutture, nella sanità, nell'innovazione e nella ricerca, nelle politiche per la sostenibilità ambientale e sociale, nelle politiche attive per il lavoro. Non si fa così, è uno spreco di risorse inaccettabile”.
Secondo Bonomi “Siamo alla solita politica degli annunci, servono i fatti. Ci sono stati già tre decreti per affrontare l’emergenza, soldi a pioggia senza mai guardare al futuro. Bisogna cambiare passo, ho la sensazione che la politica tenda a comprare tempo”.
Il Presidente Bonomi sottolinea che il nostro Paese non ha fatto i compiti a casa e che la politica dello struzzo non paga: “lo si vedrà quando scopriremo che il Pil è caduto di dieci punti, allora dovremo faremo tutti i conti con la realtà”.
“Il Paese si sta appassionando a una discussione surreale: quando e come andare in ferie. Un Paese bloccato che discute sulle vacanze! Mi auguro che il Parlamento italiano non chiuda ad agosto, sarebbe davvero una delusione. Sia chiaro: Confindustria resterà aperta”.
Se si vuole un cambiamento, tutti dobbiamo cambiare. Bonomi ricorda la frase pronunciata quando si è candidato “Se vogliamo cambiare l'Italia dobbiamo cambiare noi per primi. Il voto del marzo 2018 è stato un voto contro un intero ceto dirigente, dunque, anche contro di noi. Anche noi abbiamo commesso degli errori. Uno innanzitutto: il Sud. Ne abbiamo parlato tanto, ma avremmo dovuto fare di più. E poi non aver interpretato correttamente come stessero mutando le disuguaglianze, non più solo Nord-Sud ma anche centri urbani e periferie. Ci siamo attardati per troppo tempo sull'idea del “piccolo è bello”. Invece – continua il Presidente - non è politicamente scorretto chiedere di sostenere le medie e grandi imprese, anche le nostre "multinazionali tascabili" perché vuol dire aiutare tutta la filiera produttiva”.
E Bonomi si dice favorevole al “contratto sociale” richiamato dal Governatore Visco nelle Considerazioni finali: “Con umiltà bisogna mettersi tutti intorno a un tavolo per trovare la via d’uscita, altrimenti ho paura che si metteranno le mani sui risparmi di imprese e famiglie per far fronte al debito pubblico”.
E sul mercato del lavoro il Presidente sostiene che “bisogna smettere di guardare il lavoro con lo specchietto retrovisore: il mercato del lavoro è sottoposto ad un processo di transizione radicale. Nulla sarà come prima. Bisogna puntare sulla produttività ancor prima di parlare di aumenti retributivi. Il contratto nazionale deve diventare una cornice esile, per affidare al secondo livello, in azienda, il ruolo preponderante”.