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L’aumento
dei prezzi delle materie prime sui mercati internazionali è ampio e diffuso:
petrolio +13% a dicembre 2021 su fine 2019, rame +57%, cotone +58%. Di recente,
si è aggiunta l’enorme impennata del gas naturale in Europa (+723%), che si è
trasferita sul prezzo dell’energia elettrica in Italia, facendo lievitare i
costi energetici delle imprese industriali: 37 miliardi previsti nel 2022, da 8
nel 2019. Un livello insostenibile che minaccia la chiusura di molte aziende.
Il forte aumento dei costi per le imprese italiane si è tradotto in una brusca
compressione dei margini operativi, data la difficoltà di trasferire ai clienti
i rincari delle commodity: soffrono soprattutto i settori più a valle e i
settori energivori. I rincari, per adesso, sono stati assorbiti nei margini e
per questo l’inflazione in Italia, seppure sia in crescita (+3,9% annuo) è più
bassa che altrove e, al netto di energia e alimentari, è moderata (+1,4%). Molte imprese stanno però programmando periodi di chiusura
temporanea perché non è più conveniente produrre.
E’
possibile agire su diversi fronti:
1 — intervenire sulle componenti fiscali e parafiscali della bolletta elettrica e del gas
2 — aumentare la produzione nazionale di gas e riequilibrare gli approvvigionamenti esteri
3 — riformare il mercato elettrico.
Leggi la nota al seguente link https://bit.ly/Nota_CSC_energia