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Impariamo dalla Brexit tutti gli errori da non fare

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Impariamo dalla Brexit tutti gli errori da non fare

01 aprile 2019 | Centro Studi

La Brexit potrebbe costituire un esempio di come si finisca per cedere sovranità economica proprio perseguendo l'intento di conquistarne.

In “Lettera dall’industria”, la rubrica del nostro Centro Studi per il Corriere L’Economia, l’analisi sulla Brexit firmata da Tullio Buccellato.

Chi contava di rilanciare l'economia britannica, svincolandola dall'appartenenza al mercato unico, ha contribuito a gettare il Paese in uno stato di incertezza senza precedenti. I primi segni di indebolimento li ha dati la sterlina, che ha perso oltre l'11% nei confronti dell'euro dal periodo pre Brexit; il calo generale della fiducia (il dato di marzo per le imprese è scivolato ai minimi dal 2009) si è poi fatto sentire su consumi e investimenti.

Le cose potrebbero ancora peggiorare se si ricadesse in uno scenario di no deal in cui le regole tariffarie del Wto si applicherebbero a circa il 45% delle esportazioni britanniche. In questa situazione, varie multinazionali stanno già considerando di ridimensionare la loro presenza o abbandonare il Regno Unito; corporation come Panasonic, Dyson, Nomura e Goldman Sachs.

Se per l'UE gli effetti sull'economia risultano ancora difficili da calcolare, il cambiamento politico è già stato di portata enorme e ascrivibile in un range di scenari che spaziano da un rallentamento, allo stallo del processo di integrazione, che andava avanti a velocità alternate da oltre sessant'anni.

La prospettiva della Brexit mette a rischio importanti quote di mercato anche per i principali partner europei. Basti guardare all'Italia, che è tra i meno esposti sul mercato britannico e che rischierebbe di compromettere circa il 5% del suo export, con punte del 12% e dell'8% rispettivamente per i vini e l'agrifood.

Pensare che quanto è accaduto nel Regno Unito rappresenti un'eccezione sarebbe fuorviante. L'allarme dovrebbe servire da monito a molti altri paesi europei che hanno assistito a un indebolimento generale dei propri tessuti economico-sociali senza che il policymaker, nazionale ed europeo, sia riuscito a fornire risposte convincenti o almeno a spiegare gli obiettivi perseguiti per contrastare tali tendenze: è un fatto che populismi e sovranismi hanno trovato terreno fertile in molti Paesi d'Europa (e non solo), Italia in primis.

La compattezza mostrata dagli Stati membri durante le negoziazioni è forse l'unica nota positiva della Brexit. È però incerto dopo le elezioni europee quanto resterà compatto il fronte favorevole a proseguire nel cammino d'integrazione e ancor meno se l'Italia si posizionerà all'interno o al di fuori di esso. Il rischio da scongiurare è quello di rinunciare al posto in prima fila che il nostro Paese occupa dai trattati di Roma e subire senza condividerle decisioni prese altrove o, in altre parole, di perdere sovranità.


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