Una ricetta in tre mosse per evitare l'aumento dell'IVA e iniziare a tagliare le tasse - L’editoriale di Andrea Montanino su La Stampa

26 agosto 2019 | Centro Studi


La prossima Legge di Bilancio dovrà affrontare due nodi principali: come evitare l’aumento dell'IVA e come avviare una riduzione delle tasse sulle persone fisiche, assicurando la compatibilità dei conti pubblici con una graduale riduzione del rapporto fra debito e Pil.

Oggi le aliquote fiscali sono cinque, vanno dal 23 per cento per redditi fino a 15 mila euro, fino al 43 per cento per redditi oltre 75 mila euro.

Tra le ipotesi circolate prima della crisi di governo, si parlava di un'aliquota del 15 per cento fissa fino a 55 mila euro di reddito. 

Diventa utile, oggi, far parlare i numeri: se non si modificassero le attuali detrazioni e deduzioni, un'aliquota al 15 per cento fino a 55 mila euro di reddito, costerebbe circa 80 miliardi di euro dimezzando quindi sostanzialmente il gettito Irpef annuale e rendendo la riforma insostenibile dal punto di vista dei conti pubblici. 

C’è però una strada percorribile a cifre ben più abbordabili. Questa via è costituita da 3 elementi. 

Il primo è un accorpamento di alcuni scaglioni, che rafforzi i redditi tra i 15 e i 28 mila euro, dal 27 al 23 per cento, come l’attuale aliquota marginale nominale per il primo scaglione di reddito. Sarebbe un avvio della flat tax che non danneggerebbe nessuno e ridurrebbe leggermente l’aliquota media effettiva a circa 21 milioni di italiani, includendo quelli che oggi non beneficiano degli 80 euro di Renzi. Se venisse attuata, il costo sarebbe meno di 2 miliardi di euro l’anno. 

Sulla scia di questa riforma si dovrebbe agire sul cuneo fiscale, per lasciare più risorse in busta paga ai lavoratori. Si tratterebbe in sintesi di ridurre il cuneo fiscale inserendo una imposta negativa e agendo sulle detrazioni da lavoro dipendente. E’ una componente fondamentale di qualunque riforma Irpef perché, come mostrano anche i recenti dati sul lavoro presentati dall’Istat, si stanno creando lavori a basso valore aggiunto e presumibilmente a basso reddito. Questo porterebbe un incentivo a lavorare e compenserebbe i disincentivi oggi insiti nel reddito di cittadinanza.

Il terzo elemento deve premiare i comportamenti virtuosi delle imprese e dei lavoratori, rafforzando gli attuali incentivi fiscali sui premi di risultato così che per entrambi ci sia stimolo ad aumentare la produttività.

Questi tre elementi costerebbero complessivamente intorno ai 12 miliardi di euro.

Se la riduzione delle imposte fosse costruita in modo graduale, credibile e soprattutto a favore di chi ha un lavoro dipendente, si avrebbero due effetti positivi: sul clima di fiducia, contribuendo così ad abbassare il costo del debito pubblico italiano e in secondo luogo sulla crescita economica grazie ai maggiori consumi e a gli incentivi a lavorare.


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