Bonomi al Corriere della Sera: più incentivi al lavoro e misure strutturali sull’energia. Servono riforme efficaci

12 febbraio 2022 |


“Era chiaro che prima o poi le banche centrali avrebbero tirato una riga. Purtroppo, in tanti si erano illusi che si potesse continuare a forza di ‘helicopter money’. Invece i nodi stanno venendo al pettine. Le regole europee saranno riviste, ma ci condizioneranno anche in futuro. E l’inflazione sale” lo ha sottolineato il Presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, in un’intervista al Corriere della Sera, a tutto tondo sull’economia italiana, sui freni che ostacolano la ripresa e sulle riforme da realizzare per tornare a crescere.


Sull’aumento dello spread, il Presidente ha detto che “grazie al sostegno della BCE il costo complessivo dell’intero debito è al 2,4%, ben sotto la crescita del PIL. E grazie agli oltre 7 anni di durata media dei titoli di Stato l’impatto del rialzo tassi sarà graduale. Ma per le imprese è diverso: dovranno finanziarsi subito a costi del credito sempre più alti rispetto alle concorrenti europee”. Su questo la politica deve dare delle risposte, specialmente in vista del Piano nazionale di ripresa e resilienza che dovrebbe portare investimenti delle imprese in partnership pubblico-privato. Perché se il denaro costerà di più – ha evidenziato Bonomi – il rischio è che i privati investano meno, anche considerando i rincari dell'energia e delle altre materie prime.


“C’è stato un rimbalzo importante sulla produzione industriale – ha aggiunto il Presidente – ma dovuto al fatto che siamo caduti da molto in alto. Quando quest’effetto ha iniziato a rallentare, sono arrivati lo choc sull'energia e il freno messo dai partiti all’efficacia dell’azione di governo: in autunno pensavano alle Amministrative, poi hanno riempito la legge di Bilancio di bandierine, quindi si sono scontrati sul Quirinale”. Con l’enorme debito italiano, la strada da percorrere – secondo il Presidente – è una sola: crescere, crescere, crescere.


“Nell’anno che resta alle elezioni, ci si deve concentrare su quello che mi piace definire riformismo competitivo: non interventi a margine ma riforme efficaci, che rendano moderno e competitivo il Paese. Per un’economia che lavora e trasforma materie prime importate, è la sola strada”, ha affermato il Presidente.


Sulle riforme, tra le priorità Bonomi ha citato giustizia e concorrenza, rimarcando l’importanza - su quest’ultima – di non allargare ancora gli affidamenti diretti in house a società degli enti locali come successo per le gare del Pnrr. “Lo trovo contraddittorio – ha affermato il Presidente - con l’enfasi pro-concorrenza delle prime pagine del Piano”.


Ma la vera sfida, secondo Bonomi, è la delega fiscale.È il momento di un taglio deciso e strutturale al peggior ostacolo della nostra competitività, il cuneo fiscale. Nel Paese lavora il 37% degli italiani, un'inezia. Vanno creati incentivi al lavoro”. Infatti, secondo il Presidente il taglio del cuneo di 8 miliardi in legge di Bilancio, concentrato sull'Irpef e frammentato in tanti piccoli interessi di partito, ha finito per premiare i redditi più alti senza sostenere, i più colpiti dalla crisi. In particolare., donne e giovani. “Il cuneo da tagliare è quello contributivo – ha proseguito Bonomi -. La delega fiscale è ampia, il Governo può e deve farlo. Al riparo dalla campagna elettorale». Sul caro energia le imprese chiedono aiuti oltre gli 11,5 miliardi stanziati dal governo fin qui. Pre-pandemia, pagavamo otto miliardi l’anno di bolletta energetica. Quest’anno rischiano di essere 37”.


Sul gap di 29 miliardi, Bonomi ha aggiunto che non si può affrontare con continui scostamenti del deficit, perché “servono interventi strutturali che aumentino l’offerta di energia, da destinare alle imprese. In Francia, il Governo sta riservando il 70% dell’energia nucleare a basso costo alle imprese e anche noi abbiamo bisogno di qualcosa di simile, con le nostre capacità. Possiamo raddoppiare la produzione nazionale di gas in 12-15 mesi e destinare una quota all’industria, con contratti pluriennali a prezzi ragionevoli. Possiamo aumentare la produzione da rinnovabili da riservare all’industria. Ci sono centinaia di impianti di rinnovabili fermi per questioni amministrative. È tempo di sbloccarli”.


L’Italia ha fatto una scelta per referendum 34 anni fa sulle tecnologie disponibili allora. Secondo il Presidente, oggi che le tecnologie sono avanzate, c’è l’opportunità per discuterne in modo non ideologico. “Noto che anche la produzione a fusione nucleare, dopo la fase di ricerca, sarà realizzata in Francia con un investimento di 20 miliardi”, ha sottolineato Bonomi. “Le transizioni tecnologiche sono ineludibili. Ma se si impongono forzature diventa pericoloso. O si ha una filosofia di accompagnamento o si rischia un disastro sociale. In Italia non abbiamo colossi che investano 86 miliardi per guidare il processo. Abbiamo, su oltre duemila imprese dell'automotive, 450 specializzate nelle componenti del motore endotermico. E solo loro hanno 70mila occupati”, ha aggiunto Bonomi, secondo cui “il bonus a chi compra l’auto elettrica non può essere la risposta. Serve una politica industriale che, mi spiace, non vedo neanche nel Pnrr. Servono incentivi a investimenti, ricerca, fusioni fra imprese, alla formazione per l'occupabilità di chi perde il posto. Sull'automotive la Spagna ha messo i 6 miliardi del suo Recovery. Noi depotenziamo Industria 4.0 e togliamo il Patent Box che incentivava l'investimento in tecnologia. Rischiamo di avere molti disoccupati e auto elettriche per pochi”.


Sull’allarme lanciato da Uil e Cgil, secondo cui l’Indice dei prezzi armonizzato (Ipca), su cui si basano i salari, ignorerebbe il caro energia, Bonomi ha risposto che non è così. “Il prezzo dei beni energetici c’è, ma viene spalmato nel tempo per evitare che scarti bruschi come quello attuale rendano l'indice ballerino. Se si vogliono innalzare i salari subito, la strada sono contratti di produttività in ogni impresa, addizionali al contratto nazionale”.


In chiusura, il Presidente ha rimarcato la necessità di stare uniti e andare tutti nella stessa direzione per il bene dell’Italia: “Abbiamo un grande premier, dobbiamo tutti metterlo nelle condizioni di lavorare al meglio. Invece, purtroppo, spesso i partiti non lo consentono. Non abbiamo molto tempo per lavorare in questa legislatura: torniamo tutti a guardare all'interesse del Paese e al suo futuro”.



start portlet menu bar

Programmi europei a gestione diretta 2014-2020

Display portlet menu
end portlet menu bar
Dove siamo
Complementary Content
${loading}