Audizione su DL Sud

03 ottobre 2023 | Vice Presidente


"È necessario lavorare sullo sviluppo del Sud per riportare l’Italia intera su un sentiero di crescita robusta e di convergenza verso l’Europa. Occorre agire su tutti quei fattori che possono sostenere e rilanciare lo sviluppo del Mezzogiorno e, quindi, del Paese. Le risorse oggi non mancano: sia il PNRR che la politica di coesione dedicano un’ampia dotazione agli interventi per il Sud. È decisivo, allora, spendere bene queste risorse e, per farlo, serve una visione di medio-lungo periodo, che le coordini in una strategia di politica economica". Così oggi Vito Grassi, Vice Presidente di Confindustria e Presidente del Consiglio delle Rappresentanze Regionali e per le Politiche di Coesione Territoriale di Confindustria, intervenuto in audizione presso la Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, sul c.d. Dl Sud. 

Confindustria ha espresso una valutazione nel complesso positiva sul DL Sud, poiché esso muove da questi presupposti e agisce su queste direttrici. Grassi ha però evidenziato alcuni elementi di potenziale criticità, che potrebbero indebolire il disegno.


Con riferimento al primo capitolo di intervento, quello relativo al Fondo Sviluppo e Coesione (FSC), apprezziamo che il DL preservi i principi di complementarietà e addizionalità che connotano il Fondo, nonché la clausola di destinazione dell’80% delle risorse al Sud, a nostro avviso fondamentale per l’obiettivo di riequilibrio territoriale.

Dalla lettura del DL emergono poi alcuni dati importanti.

Il primo riguarda la governance del FSC. Si registra, infatti, un rafforzamento della regia centrale sulla destinazione delle risorse e sul rispetto dei tempi di utilizzo, prendendo a modello quanto fatto dalla Commissione UE per il PNRR. In questo contesto, i Piani di Sviluppo e Coesione, attraverso cui fino a oggi è stato implementato il FSC, vengono sostituiti dagli “Accordi per la Coesione”, redatti a valle di un negoziato tra il Ministro per il Sud e la Coesione e l’Amministrazione interessata. Queste previsioni creano le condizioni per un utilizzo più efficace delle risorse del FSC.

Al contempo, sottolineiamo alcuni punti aperti.

Se da un lato i nuovi Accordi rappresentano una modalità di lavoro apprezzabile per l’intenzione di velocizzare le procedure e indicare, sin da subito, gli interventi da finanziare, dall’altro segnaliamo che non viene specificato cosa accadrebbe ove si verificasse uno stallo nel negoziato tra Governo e Amministrazione territoriale. In quest’ottica, sarebbe opportuno definire meccanismi di superamento delle situazioni di blocco.

Merita poi attenzione la condizione per cui le risorse inutilizzate, o non utilizzate nel rispetto del cronoprogramma, possano essere riassegnate al Fondo o per un intervento di titolarità di altra Amministrazione. In tal senso, sarebbe opportuno ribadire il rispetto del vincolo di destinazione territoriale.

Sul piano degli obiettivi, invece, il DL punta ad allineare l’utilizzo delle risorse del FSC alle politiche di investimento e di riforma del PNRR, con l’effetto di un progressivo affrancamento dalla programmazione dei fondi strutturali europei. Questo sforzo di coordinamento è comprensibile, ma, al tempo stesso, riteniamo importante mantenere un forte collegamento con la programmazione europea.

Sul piano dei contenuti, invece, riteniamo essenziale che il FSC diventi realmente uno strumento di sostegno agli investimenti. In quest’ottica, fermo il rispetto del vincolo di destinazione territoriale, una quota delle risorse del Fondo andrebbe destinata a finanziare strumenti nazionali per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo delle imprese, in ottica di integrazione tra policy nazionali e regionali.

Il nostro auspicio è che i nuovi “Accordi” consentano di centrare soprattutto questi obiettivi e, per farlo, servirà il contributo di tutti, anche delle rappresentanze d’impresa, il cui ruolo andrebbe adeguatamente valorizzato nella nuova governance del FSC.



Passando al secondo capitolo, cioè alle Zone economiche speciali, l’istituzione della “ZES unica” punta a estendere all’intero territorio meridionale il modello delle attuali 8 ZES, che sono caratterizzate da aree delimitate, che hanno come baricentro i porti TEN-T.

In termini generali, l’idea di una ZES unica che ricomprenda l’intero Mezzogiorno è positiva; affinché possa funzionare in concreto, occorre però riflettere su alcuni temi.

Anzitutto, nel passaggio da un modello all’altro, è indispensabile che la riforma non crei soluzioni di continuità, a partire dalla necessità di preservare l’originaria strategia industriale delle ZES, che rispondeva a una logica di sviluppo ben definita e all’idea di fare del Mezzogiorno la “piattaforma logistica” del Mediterraneo,

Questa vocazione, a nostro giudizio, non va indebolita.

L’altro fattore da considerare sono le esigenze territoriali: se è possibile, infatti, pensare a una ZES unica sul piano geografico, è essenziale, al contempo, valorizzare le peculiarità e le esigenze dei territori.

Passando dal livello strategico a quello operativo, è imprescindibile dotare il progetto “ZES unica” di risorse finanziare adeguate da destinare, anzitutto, a significativi investimenti in infrastrutture, che consentano di collegare in maniera adeguata i poli logistici, di trasporto e produttivi delle attuali ZES, per poi allargare i collegamenti alle altre aree della istituenda “ZES unica”.

Quanto agli investimenti privati, è imprescindibile assicurare continuità agli strumenti di incentivazione e di semplificazione esistenti, garantendo una transizione ordinata da un modello all’altro.

In questo senso, apprezziamo che il nuovo modello confermi il credito d’imposta per l’acquisto di beni strumentali, peraltro nella misura massima consentita dalla nuova Carta degli Aiuti a finalità regionale 2022-2027. Tuttavia, destano preoccupazione alcuni aspetti della misura, che auspichiamo possano essere chiariti o risolti già in sede di conversione, poiché rischiano di indebolire il potenziale di questo progetto.

Appaiono critici la previsione di una durata solo annuale dell’incentivo e di un ammontare di risorse massimo - che, peraltro, sarà determinato con un successivo decreto del Ministro per il Sud - terminate le quali l’incentivo non verrebbe più corrisposto. Anche se è in itinere la riforma degli incentivi, è ben noto che stabilità e dotazione finanziaria di un’agevolazione sono fattori dirimenti nella programmazione degli investimenti privati, anche esteri, e non possiamo permettere che vengano scoraggiati da un clima di incertezza.

Inoltre, desta preoccupazione la previsione di una taglia minima degli investimenti agevolabili, pari a 200.000 euro, senza distinzioni legate alle dimensioni d’impresa. Ne comprendiamo la ratio, ma riteniamo che, per una maggiore efficacia della misura, sarebbe opportuno riproporzionare la soglia minima.

Inoltre, poiché l’entrata in funzione della “ZES unica” è prevista per il 1° gennaio 2024, ma è subordinata a una complessa fase attuativa, un eventuale slittamento di tale termine renderebbe necessario rifinanziare il vigente credito d’imposta Mezzogiorno, per il tempo necessario a passare da uno schema all’altro, nei primi mesi del 2024.

Per inciso, va ricordato che, a dicembre 2023, scade un altro importante strumento per le imprese, ovvero la decontribuzione Sud. Anche alla luce dell’attuale congiuntura, il sostegno garantito dalla decontribuzione rimane indispensabile. Confidiamo in una soluzione che ne garantisca l’operatività fino al 2029, come preannunciato più volte dal Governo.

Tornando alla “ZES unica”, apprezziamo la conferma delle semplificazioni procedimentali e del sistema di autorizzazione unica, la cui competenza viene attribuita al nuovo Sportello unico digitale ZES. Tuttavia, a fronte della notevole estensione delle aree interessate, sarà necessario che esso sia in grado di processare l’enorme mole di istanze che riceverà, pena il rischio di creare veri e propri “colli di bottiglia” e vanificare la portata di semplificazione dell’autorizzazione unica.

Connesso alla strategia e al funzionamento ottimale del progetto nel suo complesso è il tema del nuovo modello di governance del sistema-ZES.

Al riguardo, il DL prevede un doppio livello: una Cabina di Regia che, al netto di alcune novità, è già presente nell’attuale modello, e una Struttura di Missione che, nella sostanza, sostituisce gli attuali Commissari Straordinari.

Considerato il contributo che le rappresentanze d’impresa hanno già offerto, e possono ancora offrire nella definizione e attuazione delle strategie, è opportuno un coinvolgimento più attivo e stabile gli attori economici e sociali sia nella Cabina di Regia che nella Struttura di Missione.

È stato proprio il lavoro congiunto tra Istituzioni, Sistema Confindustria e Commissari Straordinari a favorire il consolidamento del quadro normativo e operativo, che rende ormai le ZES una leva di attrazione per l’insediamento e lo sviluppo delle imprese al Sud.

In conclusione, il DL ha l’indubbio merito di riavviare il dibattito sullo sviluppo del Mezzogiorno e definire - a distanza di qualche anno dall’ultimo tentativo - un quadro composito di misure per il rilancio dell’economia meridionale, partendo da uno dei pochi piani di sviluppo industriale condivisi negli ultimi tempi, quello che fa perno la sulle aree ZES e ZLS, e rivedendo in profondità le regole di funzionamento del FSC.

La messa a punto del FSC è necessaria: le leve individuate sono corrette; dovranno ora essere declinate in stretta sinergia con i territori.

La “ZES unica” è un progetto ambizioso che, riecheggiando alcuni elementi della stagione dell’intervento straordinario, intende andare oltre la riperimetrazione delle aree e muovere verso una prospettiva strategica rinnovata, allargata e - auspichiamo - condivisa con le rappresentanze produttive: per passare dall’annuncio alla realtà, serviranno lucidità politica, celerità attuativa, risorse adeguate e capacità amministrativa.

Come già fatto in questi anni, Confindustria non farà mancare il proprio supporto e il contributo in termini di idee e proposte.


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