AUDIZIONE SU PROGETTI DI LEGGE PER L'ATTUAZIONE DELL'AUTONOMIA DIFFERENZIATA

30 maggio 2023 | Coesione Territoriale, Vice Presidente

Oggi Vito Grassi, Vice Presidente di Confindustria e Presidente del Consiglio delle Rappresentanze Regionali e per le Politiche di Coesione Territoriale di Confindustria, è intervenuto in audizione presso la Commissione Affari Costituzionali del Senato della Repubblica in materia di Progetti di legge per l’attuazione dell’autonomia differenziata.

Per Confindustria, l’autonomia differenziata costituisce un principio costituzionale in sé meritevole di attuazione. Se ben calibrata, può rappresentare l’occasione per incrementare la competitività e valorizzare le specificità dei territori. Si tratta di un processo che, senza aumentare i divari tra Regioni e senza stravolgere le prerogative decisionali previste dall’ordinamento, può rafforzare i territori nel solco dei principi di sussidiarietà, efficienza e solidarietà. Il dibattito sull’autonomia, infatti, può contribuire a migliorare la qualità dei servizi pubblici a livello locale, all’insegna della responsabilizzazione, purché mantenga un costante coordinamento con quelle politiche nazionali orientate alla crescita e alla competitività del sistema produttivo.

Il processo di riforma oggetto del DDL in esame investe valutazioni di carattere istituzionale, finanziario e di efficienza del nostro apparato burocratico; la riforma si innesta su una serie di lacune, costituzionali e non solo, la cui risoluzione è cruciale per l’eventuale trasferimento di competenze.

Importate in primo luogo, la determinazione dei LEP e l’individuazione delle risorse necessarie a farvi fronte, ma anche la concretizzazione del principio di perequazione al fine di compensare gli squilibri sofferti dai territori con minore capacità fiscale.

Più in generale, rileviamo un tema di sostenibilità finanziaria da affrontare nel percorso attuativo della riforma.

Il DDL presentato dal Governo prevede che occorre stabilire in via preliminare:

  • i LEP, cioè quel nucleo di prestazioni da erogare, a parità di condizioni, sull’intero territorio nazionale, per garantire la tutela dei diritti civili e sociali;
  • i relativi fabbisogni e costi standard, cioè le risorse necessarie a erogare quelle prestazioni e i relativi costi.

Di conseguenza, la determinazione dei LEP è il presupposto per quantificare le risorse necessarie ad assicurarli nei diversi territori. L’operazione presuppone un necessario bilanciamento tra le risorse disponibili e l’insieme dei LEP da garantire.

Si tratta di una scelta corretta; al contempo, condividiamo i timori di chi ritiene che il raggiungimento di questi obiettivi, in assenza di uno stanziamento aggiuntivo di risorse, possa non risultare scontato.

Inoltre, riteniamo opportuna una definizione dei LEP non circoscritta alle materie concretamente “trasferite”, bensì riferibile all’intero perimetro delle materie “trasferibili” alle Regioni (insieme alle risorse necessarie a finanziarli); infatti, la prima ipotesi determinerebbe un rischio per gli obiettivi di perequazione, poiché è necessario disporre di quante più informazioni possibili circa l’impatto finanziario sul bilancio dello Stato.

Solo una ricognizione del fabbisogno finanziario complessivo, dunque, sarà in grado di assicurare una gestione ordinata di questi aspetti.

Sono due i rischi da evitare e cioè che: i) le Regioni si trovino a dover assicurare prestazioni essenziali con risorse insufficienti; ii) il riconoscimento ad alcune Regioni di forme e condizioni particolari di autonomia (con le relative risorse) pregiudichi la possibilità di attribuire alle altre Regioni le risorse necessarie a garantire i LEP di loro competenza.

Quelli appena citati sono alcuni dei motivi per cui riteniamo che, in una prima fase, l’attuazione dell’autonomia debba concentrarsi, seguendo un approccio graduale e “sperimentale”, su un novero circoscritto di materie o ambiti di materie.

Il punto che riteniamo cruciale è lasciare alla gestione nazionale alcune competenze strategiche per la tutela del mercato, quelle materie essenziali per:

  • assicurare le condizioni di base per la competitività e lo sviluppo. Ad esempio, le infrastrutture energetiche e di trasporto (e più in generale, i servizi a rete), nonché il commercio con l’estero; materie che richiedono meccanismi di coordinamento che possono essere assicurati solo attraverso una gestione unitaria;
  • garantire omogeneità normativa e amministrativa per gli operatori economici. Occorre cioè evitare un’eccessiva frammentazione su temi strategici per lo sviluppo, come l’ambiente.

Anche per questi motivi chiediamo che si opti per un approccio graduale nella selezione delle materie da trasferire. Ciò per garantire un “passaggio di consegne” ordinato, anche in vista del rispetto degli impegni assunti con l’UE riguardo all’implementazione del PNRR.

Inoltre, lo spostamento di competenze (legislative e amministrative) sul territorio andrebbe orientato in un’ottica di efficienza e celerità gestionale. Questo evidenzia un tema di sostenibilità anche amministrativa della riforma, cioè l’effettiva capacità dei sistemi regionali di far fronte alle nuove competenze trasferite. Si tratta di assicurare la tenuta degli assetti amministrativi esistenti, dal momento che le Regioni dovranno sostenere, in autonomia, le funzioni amministrative e i servizi pubblici connessi alle materie trasferite.

La sostenibilità amministrativa, collegata a quella finanziaria, dovrebbe perciò considerarsi una pre-condizione dell’autonomia, non un obiettivo da conseguire in una seconda fase.

Questa considerazione, e quelle sulle materie trasferibili, chiamano in causa un tema generale: la necessità di inserire l’attuazione dell’autonomia differenziata in una riflessione più ampia, che focalizzi la necessità di ripensare il Titolo V della nostra Costituzione, riequilibrando un riparto di competenze che si è rivelato, alla prova dei fatti, disfunzionale rispetto alle esigenze dell’economia e fonte di infiniti contenziosi.

È un tema che consideriamo prioritario anche nel contesto delle riforme istituzionali.

Infine, quanto all’iter procedurale attraverso cui giungere alle intese Stato-regioni, e in particolare alle prerogative del Parlamento, osserviamo che si tratta di una questione certamente rilevante, ma che andrebbe affrontata con visione pragmatica. Le soluzioni non mancano e diverse sono state già proposte dagli esperti. Tra queste, valutiamo positivamente l’idea di rendere vincolanti, secondo diversi gradi di “intensità”, gli atti di indirizzo che il Parlamento potrà rivolgere al Governo durante la fase di negoziazione con le Regioni, così da assicurare centralità al Parlamento stesso, vista anche la particolare attenzione che occorrerà riservare ai profili di sostenibilità finanziaria di questa riforma.

Riteniamo che il DDL del Governo abbia dato impulso a una riforma utile e, al tempo stesso, non priva di elementi di delicatezza, in relazione ai quali è bene si discuta in modo aperto e con la dovuta cautela. Il cambiamento dell’assetto ordinamentale coinvolgerà tutti gli attori della nostra governance multilivello, ma anche cittadini e imprese; ne deriva l’esigenza di un ampio coinvolgimento degli attori sociali.

Una sfida molto impegnativa: Confindustria è a disposizione per fornire il proprio contributo, nell’interesse delle imprese e del Paese.


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