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Il 29 aprile scorso si è riunito a Bruxelles il Comitato Consultivo sulla Libera Circolazione dei Lavoratori nell'UE, organismo tripartito che fornisce assistenza alla Commissione europea sui temi legati alla mobilità dei lavoratori comunitari nell'UE.
Tra i vari argomenti discussi (modica allo studio del Reg. 883/2004 sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, sviluppo del portale EURES, riconoscimento delle qualifiche professionali, carta professionale UE), ne segnaliamo uno in particolare, che sta sollevando forte preoccupazione tra i sindacati europei: l'espulsione di cittadini comunitari che si trovavano in uno Stato membro diverso da quello di appartenenza, nel momento in cui gli stessi sono divenuti "economicamente inattivi" in quello Stato.
Ai sensi della direttiva 38/2004/UE, i controlli e le espulsioni di cittadini comunitari da uno Stato membro possono essere disposti unicamente nei confronti di persone che non hanno ancora acquisito il "diritto di soggiorno permanente" in uno Stato membro (soggiorno che viene riconosciuto automaticamente dopo 5 anni di permanenza ininterrotta).
Le espulsioni registrate negli ultimi anni (soprattutto dal Belgio) sarebbero, invece, state disposte al di fuori di tale ipotesi giuridica e, in particolare, nei confronti di:
cittadini considerati dalle autorità pubbliche dello Stato membro che li ha espulsi come "economicamente inattivi";
cittadini che percepivano una indennità di disoccupazione in un dato Stato Membro;
alcuni lavoratori impiegati con contratti di lavoro sovvenzionati dallo Stato (emplois subsidié).
L'argomento è stato fatto inserire nell'o.d.g. della riunione dai sindacati europei, attraverso la presentazione di un Report curato dall'Inca - CGIL, in cui si esamina più dettagliatamente il fenomeno.
Il Report è disponibile, in versione integrale, in lingua francese (unica disponibile), nella sezione libreria della Community LW