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ENERGIA: CONFINDUSTRIA ADERISCE ALL’ALLEANZA EUROPEA PER L’IDROGENO
Aurelio Regina sarà il rappresentante dell’Associazione all’interno dell’iniziativa Ue
Roma, 21 agosto 2020 - Confindustria conferma il suo impegno a favore dell’idrogeno e prende parte alla European Clean Hydrogen Alliance
(ECH2A), l’iniziativa della Commissione europea che mette insieme enti pubblici e privati, associazioni di imprese e cittadini, per definire le priorità strategiche dei prossimi anni volte alla promozione e allo sviluppo dell’idrogeno.
Unica associazione di rappresentanza delle imprese italiane a prendere parte all’iniziativa, Confindustria rafforza così il dialogo con la Commissione europea nella definizione di una strategia europea per l’idrogeno, sostenendo gli obiettivi di lungo termine verso la neutralità climatica prevista al 2050. Il Presidente Bonomi ha indicato Aurelio Regina, attuale Presidente del Gruppo Tecnico Energia di Confindustria, come rappresentante dell’Associazione all’interno dell’ECH2A.
Nel luglio scorso la Commissione europea ha presentato la prima Strategia UE per l’idrogeno pulito, definendo tre fasi lungo cui stabilire una traiettoria di sviluppo graduale per l’idrogeno. Nella prima (2020 – 2024), l’Europa si propone di decarbonizzare l’attuale produzione di idrogeno, con almeno 1 milione di tonnellate di idrogeno rinnovabile e l’installazione di almeno 4 GW di elettrolizzatori.
Confindustria è al fianco della Commissione per promuovere la creazione di un mercato efficiente dell’energia e intende sviluppare un Piano d’Azione per l’Idrogeno in Italia, in linea con la traiettoria prevista a livello comune: il vettore dovrebbe raggiungere il 13-14% del mix energetico europeo entro il 2050, partendo dall’attuale 2%. Il Piano, che prevede il coinvolgimento di tutte le associazioni e gli operatori interessati, verrà presentato al Governo italiano e alle Istituzioni europee nel prossimo autunno, costituendo quindi un riferimento ai fini della partecipazione all’iniziativa europea ECH2A.
CREDITO: CONFINDUSTRIA, UN MILIONE DI DOMANDE PER FONDO GARANZIA CONFERMA UTILITA’ STRUMENTO
Orsini: “Ora andare oltre l’emergenza con misure strutturali e visione di lungo periodo”
Roma, 21 agosto 2020 - “Il traguardo di un milione di domande al Fondo di Garanzia conferma la grande utilità di uno strumento che in questi mesi ha rappresentato una risposta concreta ed efficace per le imprese che si sono trovate a fronteggiare un’emergenza di liquidità senza precedenti”. Così Emanuele Orsini, Vice Presidente di Confindustria con delega al credito, alla finanza e al fisco commenta l’imponente richiesta di domande registrate per accedere al Fondo.
“Tuttavia, non va dimenticato che si tratta di maggior indebitamento che rischia di appesantire le nostre imprese e renderne ancor più difficile la ripartenza, poiché veicola una buona parte dei flussi finanziari generati alla restituzione del debito contratto nel periodo Covid, fa notare Orsini. Per questo ora è urgente guardare oltre l’emergenza con una visione di lungo periodo e mettendo in campo misure strutturali per assicurare il riequilibrio finanziario delle imprese e sostenerne gli investimenti e i piani di sviluppo a lungo termine”, conclude il Vice Presidente di Confindustria.
Roma, 5 agosto 2020 - “Come abbiamo spiegato in un documento inviato al governo due settimane fa, se l’esecutivo intende ancora protrarre il divieto dei licenziamenti, il costo per lo Stato sarà pesante. Come correttamente osservato dall’OCSE e da numerosi economisti, il divieto per legge assunto in Italia – unico tra i grandi paesi avanzati – non ha più ragione di essere ora che bisogna progettare la ripresa. Esso infatti impedisce ristrutturazioni d’impresa, investimenti e di conseguenza nuova occupazione. Pietrifica l’intera economia allo stato del lockdown”. – così Confindustria in una nota.
“In assenza della libertà di ristrutturazioni è ovvio che lo Stato dovrà continuare nel suo pieno sostegno a occupati e imprese com’erano prima della crisi, e sarebbero del tutto inaccettabili misure che aggravassero gli oneri a carico delle imprese, con qualunque tipo di criteri arbitrari fossero determinati. Il perdurare del divieto deve essere accompagnato dalla simmetrica concessione della cassa integrazione per tutti e senza oneri aggiuntivi.
Quanto alle accuse rivolte dai sindacati a Confindustria sui rinnovi contrattuali la nostra posizione resta sempre la stessa” sottolinea la nota. “Abbiamo tutti firmato un accordo interconfederale nel 2018 che fissa impegnativamente le coordinate di relazioni industriali ispirate alla cooperazione e non alla conflittualità e all’antagonismo.
Oggi più che mai valgono quegli impegni comuni che consideriamo fondamentali per sottoscrivere contratti che mettano al centro la competitività e la retribuzione di merito, insieme al diritto alla sicurezza, alla formazione, e al welfare integrativo aziendale.
Inutile aver firmato allora quegli impegni, e ora fingere che non valgano. Inutile evocare uno sciopero generale, specie in questo momento di gravissime difficoltà economiche e sociali in cui sarebbe necessario progettare insieme la ripresa” – conclude la nota di Confindustria.
EFFICIENZA ENERGETICA, LE PROPOSTE DI CONFINDUSTRIA: SERVE RIFORMA DEI CERTIFICATI BIANCHI IN UN OTTICA DI MERCATO
Regina: da obiettivi green investimenti per oltre 500mld, la meta da efficienza. L’Industria è l’asse centrale.
Roma, 29 luglio 2020 - L’innalzamento degli obiettivi di decarbonizzazione comunitari renderà ancora più rilevante il ruolo dell’efficienza energetica, soprattutto con riferimento ai settori industriali, ai quali sarà richiesto di avviare un nuovo ciclo di investimenti in innovazione tecnologica ambientale. Per questa ragione Confindustria ritiene fondamentale che il nuovo quadro di politica energetica preveda la continuità dei Titoli di Efficienza Energetica (i cosiddetti certificati bianchi) secondo una riqualificata prospettiva, strutturalmente stabile in relazione agli obiettivi 2030. Se consideriamo gli obiettivi presentati dal Governo Italiano nel Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) possiamo osservare la rilevanza dell’Efficienza energetica rispetto alla riduzione delle emissioni dei gas ad effetto serra al 2030. Circa il 75% della riduzione delle emissioni al 2030 (-40%).
Proprio considerata l’importanza dello strumento per il settore manifatturiero e la sua efficienza in termini di costo, Confindustria ha presentato una proposta di riforma, illustrata oggi nel corso di un webinar, dello strumento dei TEE con l’auspicio che per il periodo 2021-2030 si possa avere un quadro di regole e strumenti di mercato stabili e privi di incertezze nell’ottica della semplificazione, dell’ottimizzazione delle metodologie di quantificazione e riconoscimento del risparmio energetico, della riduzione dei tempi per l’approvazione, l’emissione e l’offerta dei titoli sul mercato. L’approfondimento svolto ha portato alla redazione di una proposta che prevede sia necessario sviluppare una piattaforma di mercato completa in grado di orientare le decisioni di investimento degli operatori in modo strutturale. La nuova piattaforma di mercato deve essere in grado di fornire “segnali di prezzo” a breve ma anche a lungo termine per favorire le condizioni informative disponibili agli operatori, promuovendo la concorrenza.
“Nei prossimi 10 anni dovremmo ridurre le emissioni di CO2 del 55% - ha commentato Aurelio Regina delegato del Presidente di Confindustria per l’Energia nel corso del webinar - avviando attraverso una forte crescita della generazione elettrica da rinnovabili, una diffusione dei green gas e degli e-fuel, correlate ad un incremento dell’efficienza degli impianti e ad una trasformazione delle tecnologie. L’Italia ha stabilito la traiettoria per il nostro Paese, prevedendo una riduzione delle emissioni, un incremento della produzione energetica rinnovabile, e una importante crescita dell’efficienza energetica nei consumi finali. Per raggiungere i nuovi obiettivi il paese dovrà sostenere un flusso di investimenti cumulato di oltre 500 mld ovvero oltre 50 mld/€/anno. La ragione sostanziale per la quale abbiamo voluto promuovere questa iniziativa è perché l’industria, energetica e manifatturiera, è l’asse centrale sul quale convergono le politiche per raggiungere gli obiettivi climatici. L’efficienza energetica all’interno degli investimenti per raggiungere gli obiettivi al 2050 rappresenta circa il 50% del totale, quasi 250 mld ovvero circa 25 mld/€/anno. L’efficienza energetica - conclude Regina -ha il pregio di rappresentare, nel nostro paese, un grande opportunità per un tessuto industriale pronto a coglierla sul piano della leadership tecnologica”.
Roma, 22 luglio 2020 - Una fotografia a tinte fosche quella scattata dal nuovo Rapporto Regionale PMI 2020, realizzato da Confindustria e Cerved, in collaborazione con SRM-Studi e Ricerche per il Mezzogiorno che, in un’unica pubblicazione, integra le evidenze presentate negli anni scorsi nel Rapporto PMI Mezzogiorno e nel Rapporto PMI Centro-Nord. Il volume di quest’anno si arricchisce di un capitolo di analisi sugli impatti che il Covid-19 ha determinato sui sistemi territoriali e regionali di PMI, nonché di una sezione dedicata alla ricognizione e all’approfondimento delle misure messe in campo sia a livello europeo che nazionale per fronteggiare l’emergenza. A completare il tutto, una monografia sui potenziali effetti della Tassonomia UE per la Finanza Sostenibile, con un focus sulla capacità delle nostre imprese di sostenere gli investimenti necessari alla riconversione e sull’impatto delle nuove norme a livello territoriale.
L’oggetto dell’analisi è lo stato di salute di 156 mila società italiane che, impiegando tra 10 e 249 addetti, rientrano nella definizione europea di piccola e media impresa e costituiscono l’ossatura della nostra economia. Con più di 93 mila società (53 mila nel Nord-Ovest e 40 mila nel Nord-Est), il Nord è l’area con la maggiore concentrazione di PMI, comunque molto presenti anche nel Centro Italia (32 mila) e nel Mezzogiorno (31 mila). Questo aggregato produce un valore aggiunto pari a 224 miliardi di euro: il 39% è prodotto da PMI localizzate nel Nord-Ovest, il 28% nel Nord-Est, il 18% del Centro e il restante 15% del Mezzogiorno.
Il Rapporto conferma come la lenta ripresa delle PMI italiane avesse esaurito la spinta già prima dell’epidemia. Nel 2019 la natalità è tornata a calare, il numero di PMI fallite è risultato di nuovo in aumento e i tassi di crescita dei ricavi si sono più che dimezzati. Su queste tendenze si è innestata l’emergenza sanitaria da Covid-19, che avrà un impatto senza precedenti sui conti delle PMI, sulla liquidità e sul grado di rischio economico-finanziario. Sarà indispensabile, da un lato, garantire risorse finanziarie alle imprese per superare il 2020; dall’altro, agganciare una ripresa solida, che consenta alle PMI di ripagare i debiti accumulati e ripartire di slancio. Per questo è necessario sostenere i processi di investimento, di riorganizzazione produttiva e occupazionale, soprattutto per quanto riguarda le PMI, che sono più esposte al rischio di chiusura e quindi alle perdite occupazionali indotte dagli effetti del Covid-19, in particolare nel Mezzogiorno.
Roma, 22 luglio 2020 - “I dati Istat sull’istruzione in Italia mostrano quanto il nostro capitale umano sia ancora relativamente debole rispetto al resto d’Europa. Abbiamo forti carenze in particolare sul livello di istruzione dopo il diploma”. Questo il commento del Vice Presidente di Confindustria per il Capitale Umano, Giovanni Brugnoli sul rapporto Istat dedicato all’Istruzione.
“ Il problema principale è l’assenza di una “seconda gamba” professionalizzante. Serve un’offerta formativa terziaria che copra la domanda delle imprese, che ad oggi non risulta soddisfatta. In Confindustria – prosegue Brugnoli - abbiamo stimato che ogni anno l’industria italiana avrebbe bisogno di almeno 20mila giovani che provengano da un percorso professionalizzante post-diploma - magari costruito con le aziende - proprio come accade nel sistema ITS. Da questo canale però lo scorso anno sono usciti soltanto 4mila giovani, che infatti hanno trovato subito un impiego. Le criticità da affrontare sono diverse e altrettanto note: poche donne nei percorsi STEM, 2 milioni di NEET e l’abbandono del percorso scolastico. I nostri ragazzi sono disorientati ed è un problema che prescinde dal Covid-19. Siamo al paradosso in cui abbiamo da un lato tanti giovani che non trovano o neanche cercano lavoro e dall’altro le imprese che cercano ma non trovano lavoratori giovani – fa notare il Vice Presidente di Confindustria
“Gli scritti e i diplomati ITS sono troppo pochi e non bastano le lauree professionalizzanti, peraltro ancora in via di sperimentazione, a colmare questo gap. Abbiamo bisogno quindi di impostare subito una riforma complessiva perché, al fianco delle università “tradizionali”, lavorino istituzioni educative professionalizzanti in cui il ruolo centrale delle imprese sia riconosciuto e apprezzato. Si può partire proprio dagli ITS e dalle loro caratteristiche specifiche: co-progettazione didattica, lezioni in laboratorio e robusti moduli di formazione in azienda. Dobbiamo smettere di pensare solo all’emergenza. Non ci si può concentrare soltanto sulle pur fondamentali questioni urgenti come la riapertura della scuola, ma serve una visione di medio-lungo periodo. Con Next Generation EU – conclude Giovanni Brugnoli - abbiamo l’occasione di cambiare le cose e non possiamo sprecarla.”
Roma, 21 luglio 2020 - “L’esito del Consiglio europeo sul Recovery Plan rappresenta un buon risultato. E’ frutto di lunghe mediazioni, l’Europa risponde al COVID come non era avvenuto con le crisi del 2008 e del 2011”. Questo il commento di Confindustria in merito all’accordo raggiunto al vertice di Bruxelles. “Si tratta di un risultato ottenuto anche grazie all’azione del Governo italiano, in linea con il paziente ma fermo traino esercitato da Germania e Francia. Ora è il tempo di predisporre al più presto piani d’impiego delle risorse che siano seri e credibili, volti al rilancio dell’economia, dell’impresa e del lavoro” - sottolinea Confindustria. “Gli obiettivi, i tempi e le risorse vanno stimati ex ante con grande precisione, puntando innanzitutto alla crescita degli investimenti, ed evitando, al tempo stesso, un aumento della spesa pubblica corrente” - proseguono gli industriali.
“Visto che nell’accordo finale risultano purtroppo tagliati rilevanti fondi che dovevano far espandere il bilancio comunitario a favore della ricerca, delle nuove tecnologie, della sostenibilità ambientale, della digitalizzazione e della competitività delle imprese europee, riteniamo ancor più di prima che sia primario interesse dell’Italia usare il MES per 37 miliardi a fini sanitari, in aggiunta alle risorse necessarie all’economia produttiva”. – conclude Confindustria.
Il ruolo di Direttore Generale sarà ricoperto ad interim da Francesca Mariotti, già direttore dell’Area Politiche Fiscali, a cui vanno i migliori auguri di buon lavoro.
Roma, 3 luglio 2020 – “La conferma che lo split payment continuerà fino al 30 giugno 2023, affidata oggi a un Comunicato stampa del Ministero dell’Economia e delle Finanze, ci lascia molto perplessi” così Emanuele Orsini, vicepresidente di Confindustria con delega al Credito, alla Finanza e al Fisco.
“Sapevamo che il Governo, alla fine dell’anno scorso, aveva chiesto l’estensione dell’autorizzazione concessa all’Italia e che le Istituzioni europee si apprestavano a concederla. Si trattava, però, di una richiesta avanzata ben prima che l’epidemia da Covid-19 stravolgesse la vita e le prospettive economiche di milioni di cittadini e di imprese. Ci attendevamo oggi un passo indietro – osserva Orsini – cioè che il Governo italiano rinunciasse ad applicare un meccanismo che scambia liquidità immediata per le imprese con la promessa di rimborsi che invece registrano ritardi imbarazzanti.
L’atteggiamento ondivago e contraddittorio del Governo è destabilizzante perché da una parte vara misure per garantire liquidità alle imprese, mentre con l’altra conferma strumenti che rischiano di soffocarle. A maggior ragione in una fase in cui gli effetti della pandemia stanno generando squilibri finanziari significativi per il la gran parte delle aziende, che si stanno indebitando per provare a rilanciare la loro attività. Questa scelta conferma che ancora non è stata colta la gravità della situazione e questo è l’aspetto che più ci preoccupa” conclude il vice presidente degli industriali.
“Le bozze che sono circolate finora non risolvono tutte le criticità, ma è innegabile che il problema è immenso e costituisce da molti anni un collo di bottiglia per la crescita del Paese, la realizzazione di opere e interventi troppo a lungo rinviati, il reddito e il lavoro di centinaia di migliaia di italiani. Per questo un segnale forte è indispensabile e bene ha fatto il premier Conte ad annunciarlo in questi giorni anche nei suoi colloqui europei” ha aggiunto Bonomi.
“Anzi, chiediamo esplicitamente che il decreto non investa solo tutte le fasi che allungano incredibilmente i tempi di procedimenti essenziali per l’iniziativa privata e le infrastrutture pubbliche, ma che indichi anche tempi molto più rapidi per perseguire chi viola le norme in materia, e per non dover più aspettare decenni per abbattere gli ecomostri edilizi, com’è invece avvenuto nella storia italiana” ha concluso il presidente degli industriali.