COMUNICATI STAMPA


Roma, 17 settembre 2019 - “Tra Coni e Governo è necessario stemperare le tensioni. Mi auguro che l’incontro previsto a breve tra Malagò e il nuovo ministro allo sport Spadafora sia chiarificatore. Occorre iniziare con il piede giusto. La partita olimpica è troppo importante e non bisogna commettere passi falsi”.

A dirlo è la coordinatrice del Tavolo nazionale di Confindustria “Sport e Grandi Eventi”, Lorraine Berton, presidente di Confindustria Belluno Dolomiti.

“Rispetto la posizione delle parti e la loro autonomia, ma – da imprenditrice – vorrei che si iniziasse a entrare nel vivo della questione e si superasse l’attuale impasse. C’è un futuro da programmare: dobbiamo cominciare a parlare di infrastrutture sostenibili, mobilità, pianificazione turistica. Sette anni passano in fretta e dobbiamo fare un lavoro da consegnare alle generazioni future”.

Ed è ai nastri di partenza il Tavolo tecnico nazionale “Sport e Grandi Eventi” coordinato proprio da Berton: “Al Consiglio di Presidenza di Confindustria della scorsa settimana ho chiesto di convocare la prima riunione a Cortina d’Ampezzo. Sarà un tavolo composto da varie anime, imprenditori con varie competenze e rappresentativi dei territori”.

“Faremo la nostra parte con azioni e proposte concrete”, conclude Berton, “anche per questo abbiamo bisogno di interlocutori sereni e risoluti. Ogni contraccolpo alla macchina olimpica è un contraccolpo all’economia e al cuore produttivo di questo Paese”.




A seguito delle dichiarazioni del senatore Nicola Morra in merito all’assemblea di Confindustria Cosenza, rilasciate in occasione del convegno della stampa cattolica e lette con stupore, segnaliamo che:

- un’indagine è il primo passo di un percorso giudiziario teso a cercare la verità su un fatto presunto;
- non è nostro costume trasformare un indagato in un condannato sostituendoci ai tribunali;
- in uno Stato di diritto si è colpevoli quando lo stabilisce una sentenza non quando si sollevano polveroni in un comizio politico.

Confindustria ritiene che occorre difendere la lucidità del capire e non usare le istituzioni o confondere i ruoli per battaglie politiche.

Da tempo richiamiamo la politica a una dimensione di responsabilità a partire dal linguaggio e dal rispetto dei ruoli, con l’auspicio che prevalga sempre il buon senso, rifiutando e contrastando ogni strumentalizzazione.



Roma, 22 agosto 2019 - In un momento così delicato per la vita del Paese - istituzionale, politico ed economico - il tentativo di compromettere un progetto come la Gronda, strategico e vitale per Genova e l’Italia, appare illogico e irresponsabile. Di tutto abbiamo bisogno tranne che di creare nuovi alibi per impedire o ritardare la realizzazione di infrastrutture fondamentali per il ripristino di una viabilità che consenta a cittadini e imprese di recuperare livelli minimi di agibilità. Un brutto segnale quando tutte le organizzazioni rappresentative del mondo imprenditoriale e del lavoro si sono mostrate concordi sulla necessità di far ripartire gli investimenti e avviare tutti i cantieri utili a rendere moderno, efficiente e competitivo il sistema Paese.



Il nuovo esecutivo metta al centro economia, crescita e sviluppo 


Roma, 4 settembre 2019 - Cambia il governo, resta la nostra Agenda. Così Confindustria che in attesa dell’intervento alle Camere del premier incaricato Giuseppe Conte rinnova l’auspicio che l’esecutivo metta al centro della sua attenzione l’economia reale e mostri sensibilità ai temi dello sviluppo.

È dal 2016 - ricorda Confindustria - che indichiamo in più crescita, meno deficit e meno debito pubblico i tre capisaldi di una politica economica capace di rimettere in moto il Paese tenendo i conti sotto controllo.

In questo senso appare prioritario rilanciare gli investimenti in infrastrutture in Italia come in Europa superando ogni resistenza ideologica, intervenendo con misure anticicliche rese ancor più necessarie dal rallentamento della Germania e assicurando alle imprese un’indispensabile competitività di sistema.

Per la sua storia e la sua posizione di seconda manifattura d’Europa l’Italia dovrà svolgere un ruolo di primo piano in una nuova stagione riformista dell’Unione europea avendo cura di usare la crescita per ridurre le disuguaglianze e combattere la povertà. Appare quindi indispensabile puntare ad avere un commissario di primo livello a Bruxelles e dirigenti di alta qualità. 

Come abbiamo più volte ribadito - conclude Confindustria - valuteremo i provvedimenti che saranno adottati nella consapevolezza che ci aspetta una manovra molto delicata e che il Paese ha un grande bisogno di reagire.



Roma, 25 luglio 2019 – L’Assemblea generale di Businessmed, l’Unione delle Confindustrie del Mediterraneo, ha ufficializzato oggi la nomina di Vincenzo Boccia come vicepresidente dell’associazione. Boccia terminerà il suo mandato alla vicepresidenza di Businessmed nel 2020, quando ne diventerà automaticamente presidente come da statuto dell'organizzazione. 

“Incoraggiare l'integrazione economica e sociale nella regione euro mediterranea attraverso il ruolo delle nostre imprese è l’obiettivo che ci siamo dati. La nostra unità è essenziale per contare di più presso le istituzioni e gli organismi nazionali ed esteri. Non importa quali divisioni possano sorgere a livello politico tra i nostri paesi, noi dobbiamo sforzarci di costruire un approccio comune. È quindi in linea con questa missione di Businessmed che assumo la posizione di vicepresidente”, ha dichiarato il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia assumendo la carica di vicepresidente di Businessmed. 

“Il nostro obiettivo è il coordinamento delle tre Unioni delle Confindustrie d'Europa (Businesseurope), del Mediterraneo (Businessmed) e dell'Africa (Businessafrica), allo scopo di dare voce ai rappresentanti del settore privato di 97 Paesi dell'area e trovare soluzioni alla disoccupazione e alle migrazioni, creando business e nuovi modelli di sviluppo sostenibile”, ha detto il presidente di Businessmed Saida Neghza.

L’assemblea ha infine confermato la partership di Businessmed con Confindustria in occasione di Connext2020, occasione in cui guiderà una nutrita delegazione di imprese del Mediterraneo che parteciperanno al partenariato industriale, evento espositivo e di networking digitale incentrato sui principali driver di sviluppo per imprese nazionali e internazionali.




Roma, 25 luglio 2019 – Confindustria e FEI, la federazione delle industrie egiziane, hanno firmato questa mattina un protocollo d'intesa per rafforzare le relazioni commerciali e promuovere la cooperazione economica dei due paesi. L’accordo, siglato dal Presidente di Confindustria Vincenzo Boccia e dal vicepresidente della FEI Tarek Tawfik, vuole rafforzare la sinergia tra le imprese di Italia ed Egitto, incoraggiando partenariati industriali anche in paesi terzi. 

Tra i punti principali dell’intesa, la rinnovata collaborazione su alcuni appuntamenti che si terranno il prossimo anno in Italia, come la partecipazione di una delegazione di imprese egiziane a Connext 2020 e al Seminario sulle opportunità di Investimento nel Canale di Suez, e la promozione di partnership nel settore della formazione tra aziende e università del Mediterraneo grazie ai programmi europei ai quali partecipa Businessmed.

Roma, 25 luglio 2019 - Il mondo imprenditoriale e associativo fa un appello a Governo e Parlamento per trovare una soluzione al blocco delle operazioni di riciclo dei rifiuti nel nostro Paese.

 

CONFINDUSTRIA, CIRCULAR ECONOMY NETWORK, CNA, FISEUNICIRCULAR, FISE ASSOAMBIENTE, CONFEDERAZIONE ITALIANA AGRICOLTORI, CONFARTIGIANATO IMPRESE, CONFCOOPERATIVE, LEGACOOP PRODUZIONE E SERVIZI, CISAMBIENTE, FEDERCHIMICA, FEDERACCIAI, FEDERAZIONE GOMMA PLASTICA, ASSOMINERARIA, CONAI, CONOU, ECOPNEUS, CONFEDERAZIONE LIBERE ASSOCIAZIONI ARTIGIANE ITALIANE, GREEN ECONOMY NETWORK DI ASSOLOMBARDA, UTILITALIA, CASARTIGIANI, CONFAPI, ASSOVETRO, CONFAGRICOLTURA, CONSORZIO ITALIANO COMPOSTATORI, ECOTYRE, COBAT, CONSORZIO RICREA, ANCO, AIRA, GREENTIRE, ASSOBIOPLASTICHE, ASCOMAC COGENA, ECODOM, AMIS, COMIECO, ASSOCARTA, FEDERAZIONE CARTA E GRAFICA, CENTRO DI COORDINAMENTO RAEE, SITEB, ASSOREM, FIRI, FEDERBETON, AITEC, CONOE, COREPLA, FEDERESCO, ANGAM, CENTRO DI COORDINAMENTO NAZIONALE PILE E ACCUMULATORI, UCINA - CONFINDUSTRIA NAUTICA, ASSOFOND, CONSORZIO CARPI, ASSOFERMET, AGCI-SERVIZI

 

riunite oggi a Roma presso lo Spazio Eventi Spagna di Roma, hanno lanciato un grido d’allarme per denunciare le pesanti ricadute sull’ambiente, sulla salute dei cittadini e sui costi di gestione dei rifiuti per famiglie e imprese, in seguito alla battuta d’arresto del settore dell’economia circolare.

Una sentenza del Consiglio di Stato ha di fatto paralizzato le operazioni di riciclo dei rifiuti. La misura dello Sblocca Cantieri in materia di cessazione della qualifica di rifiuto (End of Waste) non ha risolto la situazione, limitandosi a salvaguardare le tipologie e le attività di riciclo previste e regolate dal DM 5 febbraio 1998 e successivi, escludendo quindi quelle che sono state sviluppate nel frattempo. Questo quadro normativo di fatto impedisce diverse attività di riciclo di rifiuti di origine sia urbana che industriale e la realizzazione di nuove attività e impianti.

Come è noto la raccolta differenziata è una precondizione per gestire in modo virtuoso i rifiuti attraverso il loro corretto conferimento verso impianti preposti al riciclo. Ma non basta. Gli impianti devono essere autorizzati a far cessare la qualifica di rifiuto (End of waste) in modo che dopo il trattamento restituiscano prodotti, materiali e oggetti destinati al mercato.   

L’invio dei nostri rifiuti all’estero ha costi troppo elevati per i cittadini e le imprese ed è proprio un Paese povero di materie prime come l’Italia, a dover valorizzare i materiali di scarto per essere competitivo nel confronto internazionale e rafforzare la propria base imprenditoriale.  Il blocco delle autorizzazioni ci costa 2 miliardi di euro in più all’anno.

Lo sviluppo di processi e prodotti legati all’economia circolare rappresenta una sfida strategica per garantire un uso razionale delle risorse naturali, quindi la situazione di stallo denunciata oggi dalle imprese, e più volte rappresentata alle Istituzioni, è un richiamo all’attenzione generale. Con l’appello di oggi infatti il mondo imprenditoriale si rivolge non solo alle Istituzioni ma anche ai cittadini. Se le operazioni di riciclo non vengono rapidamente sbloccate, la crisi in atto che già colpisce la gestione dei rifiuti, urbani e speciali, si aggraverà e porterà a situazioni critiche in molte città su tutto il territorio nazionale, con il rischio di sovraccaricare le discariche e gli inceneritori.

Le attività più colpite sono proprio quelle che impiegano modalità e tecnologie più innovative per il riciclo e recupero dei rifiuti e quindi paradossalmente anche le più efficaci per la tutela ambientale e lo sviluppo dell’economia circolare.

La soluzione per porre fine a questa emergenza è stata indicata dall’Europa con il Pacchetto di Direttive in materia di economia circolare, pubblicato a giugno 2018. Le imprese e le Associazioni hanno richiesto con forza di recepire tali Direttive per garantire una gestione sicura ed efficiente dei rifiuti e affrontare le sfide ambientali ed economiche a livello globale.

L’impresa italiana, con i suoi impianti, vuole continuare a rendere concreta la transizione verso l’economia circolare, consolidando la sua leadership a livello europeo nel guidare il processo di crescita verso la de-carbonizzazione e l’uso efficiente delle risorse naturali.




Roma, 23 luglio 2019 -  UNA - aziende della comunicazione unite - entra a far parte di Confindustria Intellect, la federazione italiana della comunicazione, consulenza, ricerche e web publishing aderente a Confindustria. La nuova associazione, guidata da Emanuele Nenna, è nata dalla convergenza degli iscritti ad ASSOCOM ed UNICOM e rappresenta l'intera filiera, composta da circa 180 aziende tra agenzie creative, del digital e di relazioni pubbliche, centri media e mondo retail. UNA è una realtà innovativa nel mondo della comunicazione che, con la sua adesione a Confindustria Intellect, ha completato un percorso di riorganizzazione per accrescere la propria rappresentatività nel settore della comunicazione, volta a una strategia di rilancio e valorizzazione dei servizi ad alto valore intellettuale.  


AUTONOMIA: CONFINDUSTRIA, PUO’ ESSERE FATTORE DI EFFICIENZA E COMPETITIVITA’ PER I TERRITORI

Il dibattito parlamentare garantisca il bilanciamento dei diversi interessi


Roma, 22 luglio 2019 – L’autonomia differenziata può rappresentare un fattore di efficienza e competitività per i territori interessati e per l’intero Paese, nel rispetto dell’unità nazionale.

Dal punto di vista delle imprese, può contribuire a migliorare le condizioni di contesto se agirà su questioni come la semplificazione dei procedimenti e l'efficienza dell'amministrazione, assicurando però allo Stato la regia su materie fondamentali per l'economia nazionale, come l’energia e le infrastrutture strategiche.

Confindustria ha condiviso una linea comune, nell’ambito del Consiglio delle rappresentanze regionali - composto da tutti i presidenti delle Confindustrie regionali - articolata in una serie di proposte per rendere il percorso di trasferimento delle funzioni coerente con i valori costituzionali e le esigenze del mondo produttivo.

Sul piano delle risorse, Confindustria ritiene che il trasferimento delle funzioni dovrà seguire:

- l’efficienza, attraverso l'adozione dei fabbisogni standard per tutte le Regioni;

- la solidarietà, mediante la conferma dei meccanismi di perequazione tra le diverse aree del Paese;

- l’equità, con un meccanismo di premialità per i territori che avranno conseguito risparmi di spesa rispetto al fabbisogno finanziato e, viceversa, di responsabilizzazione verso chi avrà ecceduto tali limiti.

Il processo di approvazione delle Intese tra Stato e Regioni dovrà essere trasparente e partecipato valorizzando il ruolo del Parlamento che è il luogo naturale del dibattito e del bilanciamento tra i diversi interessi in gioco.


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Roma, 17 luglio 2019 Motori al minimo per l’economia meridionale. Secondo la tradizionale analisi di mezza estate condotta da Confindustria e SRM-Studi e Ricerche per il Mezzogiorno (Centro studi del Gruppo Intesa Sanpaolo) il Sud, nei primi mesi del 2019, vede affievolire la sua capacità di spinta, e i segnali di frenata, già ampiamente visibili a fine 2018, rischiano di diventare veri e propri arretramenti.

Anche nel 2018, continua la lenta risalita dell’Indice Sintetico dell’Economia Meridionale elaborato da Confindustria e SRM, in aumento di circa 10 punti rispetto al 2017: tutti e 5 gli indicatori che compongono l’indice fanno segnare un piccolo miglioramento, che si fa tuttavia sempre più lieve, in particolare con riferimento al Pil, all’occupazione, agli investimenti e alle imprese, mentre continua la crescita dell’export. È ancora lontano il recupero dei livelli pre-crisi: il consumo procapite di energia elettrica è del 9,4% inferiore a quello del 2007.

Ha smesso di crescere il numero delle imprese: dopo molti trimestri di aumento, infatti, nei primi mesi del 2019 le imprese attive sono meno di 1milione settecentomila (esattamente come un anno fa). All’interno di questo insieme, aumentano le imprese di capitali, che sono al Sud ormai quasi 330mila, con una crescita del 5,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Ma di queste, solo 25mila hanno più di 9 dipendenti.

L’export meridionale, dal canto suo, mostra segnali di miglioramento assieme ad altri di frenata che prevalgono nel breve periodo. Se il 2018, infatti, si è chiuso con un valore positivo delle esportazioni (+5,5%, per un valore complessivo delle merci esportate di circa 50 miliardi di euro), nei primi tre mesi del 2019 si registra un inatteso stop: a penalizzare le regioni meridionali è soprattutto la flessione dell’export di coke e prodotti raffinati, in diminuzione del 21% rispetto al primo trimestre 2018, solo parzialmente compensata dall’andamento dell’export di mezzi di trasporto (+4,5%), prodotti alimentari (+5,1%) e soprattutto dalla farmaceutica, che mette a segno un lusinghiero +18%. Cresce nel 2018 anche l’export turistico, ovvero arrivi (+14,9%) e spesa (+8,8%) dei turisti stranieri.

Il mercato domestico continua a soffrire: restano elevati i divari interni relativi al potere d’acquisto, che si traducono in minori consumi (circa 800 euro pro capite in meno nelle regioni del Mezzogiorno rispetto a quelle del Centro Nord).

L’andamento degli occupati mostra elementi positivi mescolati a quelli negativi, con questi ultimi che prevalgono nei mesi più recenti (-2,2%): il primo trimestre 2019 è infatti il terzo trimestre di fila a far segnare un andamento negativo, cosicché, gli occupati al Sud tornano sotto la soglia dei 6 milioni, con un calo nella maggior parte delle regioni, tranne Molise, Puglia e Sardegna.

I disoccupati sono circa 1milione e 500mila, mentre molti di più sono gli inattivi. Il tasso di attività si ferma al 54% e quello di occupazione al 43,4%. Resta particolarmente elevata la disoccupazione giovanile, che raggiunge il tasso record del 51,9%: in pratica, più di un giovane meridionale su due non lavora. L’emergenza lavoro per i giovani, che ha caratterizzato la fotografia del Sud degli ultimi anni, non accenna a ridursi, sebbene solo ¼ circa delle domande di reddito di cittadinanza presentate facciano riferimento a persone di età inferiore a quarant’anni.

Ristagnano anche gli investimenti fissi lordi, per i quali sembra attenuarsi di intensità il rimbalzo che aveva caratterizzato gli ultimi anni, con una piccola ma significativa eccezione delle costruzioni. E restano comunque lontanissimi i valori pre-crisi: gli investimenti fissi lordi totali sono inferiori del 36,2% rispetto a quelli del 2007.

In conseguenza di questo andamento lento, frena anche il Pil, che nel 2018, secondo le stime preliminari dell’ISTAT, fa registrare nel Mezzogiorno una crescita dello 0,4%, meno della metà del +0,9% della media nazionale.

Fra i settori, l’andamento migliore è quello dell’industria (il cui valore aggiunto cresce del +7,4% tra il 2016 e il 2017), ma il suo apporto all’economia è pari a circa il 10% del totale: troppo poco per far recuperare al Sud anche solo i livelli pre-crisi. Non mancano settori ad alto valore aggiunto, come mostra l’approfondimento condotto, nel Check-Up, assieme all’ISTAT: ma la produttività dei settori produttivi meridionali si mantiene, in media, di circa ¼ inferiore a quella del Centro Nord.

Aumentano il numero e l’intensità dei campanelli di allarme sul rischio di rallentamento dell’attività economica. Sul fronte creditizio, sebbene tra il 2017 e il 2018 si assista ad un forte calo dei crediti in sofferenza, che scendono al Sud in un solo anno di circa 8,3 miliardi di euro, il livello totale degli impieghi registra un calo altrettanto brusco nel quarto trimestre 2018 rispetto all’anno precedente (-5,2%), con 14 miliardi di euro in meno erogato a famiglie ed imprese meridionali.

Tornano ad aumentare, nel primo trimestre 2019, i giorni di ritardo nei pagamenti tra imprese (in media 17,7 giorni) e riprendono a crescere nel 2018 i fallimenti, così come le liquidazioni volontarie, possibile sintomo del peggioramento della percezione sulle aspettative future degli imprenditori meridionali. Segnali ancora contenuti, ma che coincidono con la percezione di un diffuso peggioramento dello scenario economico, a livello internazionale, nazionale e locale.

A pesare è anche il contributo limitato degli investimenti pubblici, che accentuano il proprio calo soprattutto nelle regioni meridionali. Infatti, la spesa pubblica in conto capitale pro capite del Centro Nord torna ad essere, nel 2017, di quasi 500 euro più elevata di quella del Mezzogiorno. Se i fondi strutturali rispettano i target fissati per i pagamenti, resta ridotta la spesa ordinaria, e molto basso è il contributo del Fondo Sviluppo e Coesione. Ad eccezione del credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno, è in forte calo anche la spesa pubblica per incentivi alle imprese.

Il passo dell’economia meridionale si fa dunque più lento, a causa di condizioni dell’economia italiana e internazionale che restano deboli, dell’incertezza sulle prospettive economiche e delle caratteristiche endemiche dell’economia meridionale. I segnali più recenti indicano che gli elementi di preoccupazione si fanno più frequenti e più intensi, mentre quelli di dinamismo divengono più isolati.

Invece passa proprio dal rafforzamento, qualitativo e quantitativo, di questi segnali di dinamismo la strada per rimettere il Mezzogiorno sul sentiero di crescita duratura di cui ha estremo bisogno. Una strada che passa da un cambiamento di prospettiva radicale che deve caratterizzare l’azione pubblica, adottando fino in fondo il punto di vista delle imprese nel disegno delle politiche di sviluppo e degli strumenti, nella scelta dei progetti e nella identificazione dei fabbisogni dei territori, a partire da quelli infrastrutturali, in cui i divari restano rilevanti. È un cambiamento di prospettiva profondo e di non breve periodo, che deve portare a vedere l’impresa meridionale come un vero pilastro su cui costruire l’intera azione pubblica: a partire dalla definizione dei documenti di programmazione della nuova politica di coesione 2021-27 che in queste settimane sta prendendo il via.

Una nuova politica centrata sull’impresa può essere la rivoluzione di cui il Sud ha bisogno: una rivoluzione che già nell’immediato dovrebbe vedere delle necessarie azioni, a partire dal rapido avvio delle Zone Economiche Speciali, per dare ulteriore impulso agli investimenti nel Mezzogiorno dal punto di vista imprenditoriale e logistico portuale, e dal rilancio del credito d’imposta per gli investimenti al Sud.


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