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di Piergiorgio Carapella, Alessandro Fontana e Lorena Scaperrotta
L’emergenza legata alla diffusione del virus COVID-19 rappresenta uno shock esogeno di offerta al sistema economico. Infatti, le misure di contenimento del virus adottate dai singoli paesi hanno causato, seppur in misura diversa tra paesi, dapprima un’interruzione delle catene internazionali del valore, poi chiusure per la sanificazione degli ambienti di lavoro, distanziamento tra lavoratori con un inevitabile rallentamento della produzione e il blocco amministrativo di un’ampia parte delle attività. Lo shock di offerta, bloccando la distribuzione dei redditi nei settori colpiti, ha determinato un crollo della domanda di beni e servizi dapprima in alcuni settori (turismo, trasporti e ristorazione) e poi in tutti gli altri.
Il blocco dell’offerta e il crollo della domanda hanno fatto sprofondare le imprese in una drammatica crisi di liquidità: a fronte di spese indifferibili (adempimenti retributivi, fiscali e contributivi, pagamenti di fornitori e affitti) e di oneri di indebitamento, le mancate entrate connesse alla compressione dei fatturati stanno mettendo a repentaglio la sopravvivenza di intere filiere produttive, coinvolgendo anche quelle imprese che prima dell’epidemia avevano bilanci e prospettive solide.
Per fronteggiare gli effetti determinati da questo shock, che non ha eguali, per intensità e diffusione, nel dopoguerra, i governi nazionali hanno adottato, nei primi mesi dell’emergenza, politiche di bilancio discrezionali espansive i cui obiettivi possono essere così sintetizzati: 1) potenziare i sistemi sanitari; 2) preservare il tessuto produttivo evitando che una crisi temporanea di liquidità finisca per diventare una crisi di solvibilità in grado di ridurre la crescita potenziale; 3) salvaguardare il reddito disponibile delle famiglie per sostenere la domanda aggregata.
Ai fini di una valutazione dell’adeguatezza delle misure adottate, occorre guardare a:
Nel seguito si fornisce un quadro delle misure adottate da alcuni paesi (Francia, Germania, USA) e quelle prese dal Governo italiano, con un focus sulle misure per le imprese, tentando di mettere in evidenza le differenze riguardo a queste tre dimensioni.
Per il futuro, non è semplice dire quali e quante misure serviranno ancora. Molto dipenderà dagli sviluppi sanitari ed economici. In particolare, andranno considerati due fattori: la durata dell’emergenza sanitaria, considerando anche eventuali ondate successive di contagi che ci si augura non si verifichino; i tempi per il ritorno a una nuova normalità, visto che, superata la fase emergenziale, le disposizioni per il mantenimento del social distancing e la gestione prudente dei bilanci familiari non consentono l’immediato recupero della piena attività.
Certamente, nel medio periodo, occorrerà mobilitare risorse rilevanti per un piano di ripresa economica e sociale. In entrambe le fasi, un’azione comune o almeno coordinata a livello europeo appare insostituibile.
Nel seguito, le diverse misure sono distinte tra quelle di impulso fiscale e quelle per la liquidità. Tra le prime sono considerate quelle che i beneficiari non dovranno rimborsare (queste hanno generalmente impatto sull’indebitamento netto della PA); tra queste sono inclusi: gli interventi per sostenere il reddito dei lavoratori; sussidi e trasferimenti a imprese e cittadini; potenziamento del sistema sanitario. La quantificazione di queste misure fa riferimento all’effetto che queste hanno sull’indebitamento netto della PA. Tra le misure per la liquidità sono considerate quelle che forniscono risorse che i beneficiari sono tenuti a ripagare (solo in minima parte hanno effetto sull’indebitamento netto della PA); tra queste sono incluse principalmente: la sospensione e il rinvio dei versamenti fiscali, contributivi e assicurativi, i prestiti e le garanzie statali per fornire liquidità alle imprese. Queste misure sono quantificate in relazione alle risorse liquide che consentono potenzialmente di attivare (il loro utilizzo effettivo potrà poi risultare inferiore).
Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale l’impulso fiscale programmato dai paesi del G-20 per contrastare gli effetti negativi del COVID-19 era, a inizio aprile, già di 1,4 punti di PIL superiore a quello adottato per la grande recessione del 20091. La risposta fiscale dei paesi è stata quindi complessivamente elevata, ma il valore delle misure appare molto differenziato fra paesi, in parte per la diversa intensità con cui questi sono stati colpiti dal virus e in parte a causa delle differenti risorse a loro disposizione (Figura A).
Nell’ambito dell’UE le misure fiscali messe in campo dagli stati membri ammontano a circa il 3% del PIL del 2019. Le misure per garantire la liquidità, sotto forma di garanzie pubbliche o di differimento dei versamenti fiscali, secondo le ultime stime della Commissione europea, ammontano al 20,6% del PIL del 2019. A questi interventi si devono aggiungere altri 4,2 punti di PIL di misure varate dalle istituzioni comunitarie. Nel confronto, gli USA hanno programmato circa 9,1 punti di PIL di misure fiscali e 5,2 punti di interventi per la liquidità.
Sulla base delle previsioni macroeconomiche rilasciate dalla Commissione europea il 6 maggio scorso, l’UE vedrà scendere il PIL quest’anno di 7,4 punti percentuali, quasi un punto percentuale più degli USA (-6,5%). Nonostante ciò, la somma degli stimoli fiscali erogati dai paesi UE è inferiore a quella erogata dagli Stati Uniti di circa 6 punti di PIL. Tra i paesi europei, l’Italia è quello che quest’anno, dopo la Grecia, subirà la caduta del PIL maggiore (-9,5%), seguita da Spagna (-9,4%) e Francia (-8,2%). La Germania (-6,5%), al contrario, dovrebbe subire un impatto della crisi ben al di sotto le medie di Eurozona (-7,7%) e UE ma, analizzando i programmi di stabilità presentati dai governi ad aprile scorso, è il paese europeo, tra quelli considerati, che ha messo in campo l’ammontare maggiore di stimoli fiscali (4,5 punti di PIL 2019). Per stazza, le misure adottate dall’Italia sono importanti (4,2 punti di PIL 2019) se comparate ad oggi con quelle francesi (1,7) e spagnole (0,7).
Per quanto riguarda le misure per la liquidità, quelle più cospicue, in termini di potenziali utilizzi, sono state adottate dall’Italia (per 37,8 punti di PIL), seguita da Germania (27,8), Francia (15,9) e Spagna (10,1).
Non è agevole ricostruire in modo esaustivo l’ammontare delle risorse destinate a sostenere le imprese nei paesi considerati.
Un’approssimazione (per difetto) può essere ottenuta comparando il valore delle misure che i governi dei paesi UE hanno notificato alla Commissione europea nell’ambito del regime temporaneo sugli aiuti di Stato, previsto per fronteggiare l’emergenza connessa agli effetti legati alla diffusione del virus (si veda il BOX n. 1).
Tuttavia, questo approccio non è da considerarsi esaustivo poiché l’ammontare così ottenuto non considera alcune misure adottate a livello nazionale. Infatti, non sono comprese le misure per le imprese di carattere generale (come le moratorie di legge sui finanziamenti), quelle adottate in regime de minimis, quelle a valere sul Regolamento generale di esenzione per categoria e quelle prese a livello territoriale rientranti nella “misura ombrello” (nel caso dell’Italia, relativa alle disposizioni inserite dall’articolo 53 all’articolo 64 del DL 34/2020, che fa riferimento alle misure per le imprese prese da Regioni, Province autonome, Camere di Commercio, altri enti territoriali, finanziandole con proprie risorse e rientranti nel Quadro temporaneo).
Nell’ambito del regime temporaneo sugli aiuti di Stato, la Commissione europea ha adottato, fino al 16 maggio, 124 decisioni su 160 richieste notificate dagli stati membri per un valore complessivo delle misure pari a 1.950 miliardi di euro.
L’ammontare maggiore di aiuti destinati alle imprese, tra quelli autorizzati dalla Commissione, riguarda la Germania (il 28,9% del PIL 2019, il 51% delle misure autorizzate) seguita dall’Italia (16,9% del PIL 2019, il 15,5% di quelli autorizzati dalla Commissione; Tabella A). La Francia ha destinato alle imprese misure per il 13,7% del PIL (il 17% delle misure autorizzate dalla Commissione), il Belgio il 12,4% del PIL. Germania e Italia sono gli unici paesi che hanno destinato sostegni in misura superiore alla media dell’Unione europea (14% del PIL).
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Il 19 marzo 2020 la Commissione ha adottato una Comunicazione che detta una disciplina temporanea di carattere orizzontale sugli aiuti di Stato (Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19, C(2020)1863 final). La Comunicazione ha subito due ulteriori modifiche (C(2020)2215 final e C(2020)3156 final).
Il Quadro temporaneo prevede una serie di strumenti a disposizione degli stati membri affinché possano concedere aiuti di Stato compatibili con la disciplina comunitaria per fronteggiare l’emergenza e consentire alle imprese un sostegno concreto nel contesto emergenziale.
Gli interventi del Quadro temporaneo possono essere suddivisi in tre categorie:
Per ognuno di questi interventi, il Quadro temporaneo contempla precise condizioni e limiti affinché le misure adottate dai singoli stati membri possano essere dichiarate compatibili con il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e non siano distorsive per la concorrenza tra le imprese.
Merita, tuttavia, ricordare che il rispetto delle condizioni è necessario solo se il sostegno pubblico si qualifica come aiuto di Stato. In questo caso lo stato membro deve provvedere a notificare la misura che intende adottare e attendere la decisione della Commissione europea prima di darne attuazione.
Gli strumenti a disposizione dei singoli stati membri per fronteggiare la crisi non sono limitati al Quadro temporaneo. La Commissione ha chiarito che gli stati membri possono intervenire anche attraverso misure di compensazione dei danni direttamente connessi alla pandemia. Alcuni stati hanno fatto ricorso a questa deroga per compensare i danni di imprese operanti in specifici settori, come il trasporto o il turismo. L’Italia, ad oggi, non vi ha fatto ricorso.
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Quasi tutti i paesi europei hanno adottato misure per sostenere il reddito dei lavoratori, tramite l’ampliamento degli schemi di integrazione salariale per riduzioni di orario di lavoro, mentre negli Stati Uniti sono stati molto potenziati i sussidi di disoccupazione e i congedi retribuiti per malattia. In molti paesi sono stati rafforzati i sistemi di welfare (es. assegno per i figli a carico, reddito minimo, congedi parentali). Gli Stati Uniti, invece, hanno previsto un rimborso fiscale per i lavoratori che guadagnano fino a 75mila dollari.
Tutti i paesi hanno investito ampie risorse per il potenziamento del sistema sanitario e per la fornitura dei dispositivi di protezione individuale.
Larga parte delle misure adottate per le imprese dai diversi paesi per mitigare l’emergenza economica hanno caratteristiche e finalità similari (Tabella B).
In materia di liquidità, tutti i paesi considerati (Francia, Germania, Stati Uniti e Italia) hanno operato attraverso il differimento dei pagamenti fiscali e contributivi e l’ampio uso di garanzie statali sui prestiti alle imprese. In Italia, sono stati rinviati i versamenti relativi a ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente, contributi sociali, imposte locali e IVA; le sospensioni hanno riguardato inizialmente le imprese ubicate nella c.d. zona rossa di Lombardia e Veneto e i settori maggiormente colpiti (come il turismo), poi tutte le imprese ma condizionandole alla perdita di fatturato (di almeno il 33% per le imprese con ricavi inferiori a 50 milioni di euro e di almeno il 50% per quelle con ricavi maggiori di 50 milioni di euro).
Tra le misure fiscali sono stati previsti sussidi, crediti d’imposta per alcune spese specifiche (sanificazione, locazioni, adeguamento luoghi di lavoro ecc.) o per sostenere una maggiore patrimonializzazione delle imprese e tagli di imposta.
Sussidi concentrati su piccole imprese e lavoratori autonomi a copertura parziale delle perdite sono stati previsti in tutti i paesi europei considerati e anche negli Stati Uniti, dove si sono maggiormente concentrati sul settore aereo: in Francia e Germania sono a favore di piccole imprese (fino a 10 dipendenti) e lavoratori autonomi. In Italia è stata introdotta un’indennità di 600 euro per i titolari di partite IVA e lavoratori autonomi per i mesi di marzo e aprile, confermata per il mese di maggio (ma non agli artigiani e ai commercianti); da maggio è stata incrementata a 1.000 euro solo per i professionisti e i lavoratori stagionali del turismo. Per gli artigiani e i commercianti (fino a 5 milioni di fatturato o di compensi) il DL “Rilancio” ha, invece, introdotto il contributo a fondo perduto pari almeno a 1.000 euro per le persone fisiche e 2.000 euro per quelle giuridiche (proporzionale alle perdite effettive di ricavi e differenziato per classi di fatturato). In Germania, inoltre, è stato approvato un sussidio per le medie imprese che copre fino all’80% dei costi fissi operativi (per un massimo di 150mila euro per azienda).
Per quanto riguarda i tagli di imposte che incidono sulle imprese, l’Italia (oltre ad aver annullato gli aumenti di IVA e accise per 20,1 miliardi previsti dalla clausola di salvaguardia a partire dal 2021) ha previsto l’esonero dal pagamento del saldo 2019 e del primo acconto 2020 dell’IRAP per quasi 4 miliardi alle imprese con fatturato fino a 250 milioni di euro e di altre imposte locali (TOSAP/COSAP per la ristorazione e IMU per il turismo) per specifici settori. In Francia sono state cancellate alcune imposte indirette ma solo per imprese che si trovano in situazioni di eccezionale difficoltà e in Germania è stato annunciato l’abbassamento temporaneo dell’aliquota ordinaria IVA dal 19% al 16% e quella ridotta dal 7% al 5%.
Una differenza sostanziale nella risposta all’emergenza data dai paesi considerati riguarda sia i tempi di adozione delle misure, sia quelli di attuazione.
Nel primo caso, l’Italia, che per prima e più rapidamente degli altri paesi ha registrato il diffondersi dell’epidemia, superando i 100 nuovi casi di contagio già il 23 febbraio, ha avuto invece un tempo di reazione più lungo. Il Governo italiano ha emanato il primo provvedimento organico a livello nazionale il 17 marzo, 23 giorni dopo, quando ormai i nuovi contagi superavano i 31 mila casi cumulati (Tabella C). Gli Stati Uniti hanno reagito in 15 giorni dal superamento dei 100 nuovi contagi, mentre più rapida è stata la reazione di Francia e Germania che, anche alla luce di quanto nel frattempo avveniva in Italia, hanno emanato il primo provvedimento in risposta all’emergenza rispettivamente in 12 e 8 giorni.
Anche i tempi di implementazione delle misure risultano molto diversi tra i paesi. Per quanto riguarda i sussidi, la Germania ha erogato in circa due mesi oltre 13 miliardi di euro di aiuti a piccole imprese e autonomi contro i 4,7 della Francia (erogati in poco più di 2 mesi). L’Italia, per la sola indennità 600 euro per il mese di marzo, ha erogato 2,4 miliardi di euro a imprese di piccole dimensioni e artigiani (Tabella D).
Per quanto riguarda la capacità di far arrivare liquidità alle imprese, sotto forma di prestiti e di garanzie, le differenze appaiono persino più ampie. Il Governo americano fra il 2 aprile e il 23 maggio ha erogato circa 512 miliardi di dollari di prestiti per oltre 4,5 milioni di imprese. La Germania tramite la KfW, la banca pubblica tedesca equivalente alla Cassa Depositi e Prestiti italiana, ha disposto, dal 23 marzo al 16 giugno, circa 47 miliardi di euro di prestiti a quasi 63mila beneficiari. In Francia, al 5 giugno, erano stati erogati oltre 88 miliardi di prestiti a 478mila imprese. L’Italia, tramite il Fondo di Garanzia, ha garantito finanziamenti per un ammontare pari a circa 34 miliardi per soddisfare circa 646mila domande pervenute da piccole e medie imprese (PMI) e imprese con un numero di dipendenti fino a 499. Più lenta, invece, la Garanzia Italia di SACE, dedicata alle grandi imprese e alle PMI che abbiano pienamente utilizzato la capacità di accedere al Fondo di Garanzia, che dal 9 aprile al 17 giugno, ha coperto finanziamenti per un ammontare pari a circa 718 milioni a 75 beneficiari.
Anche se le misure per il sostegno al reddito dei lavoratori tramite schemi di integrazione salariale per riduzione orario di lavoro non rientrano tra le misure per le imprese, si riportano comunque le richieste di accesso visto che riducono la liquidità disponibile, essendo anticipate dalle imprese (in Germania e Francia nella loro totalità, in Italia in buona parte). Da marzo a fine aprile il totale delle domande pervenute per la Kurzarbeit era pari a 788mila per circa 10,7 milioni di lavoratori coinvolti (Tabella E); in Francia invece al 1° giugno sono oltre 1 milione e 300mila le domande di chomage partiel per oltre 13 milioni di lavoratori. In Italia, al 4 giugno le domande per Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria (CIGO), per assegno ordinario e per cassa integrazione in deroga sono state circa 1,2 milioni per oltre 8,4 milioni di potenziali beneficiari, di cui 4,3 già pagati con anticipo dalle imprese con conguaglio INPS; nel dettaglio, il pagamento del 71,5% delle domande per CIGO e del 49,3% di quelle per assegno ordinario è stato anticipato da parte delle aziende.
Dalla valutazione della risposta di politica di bilancio dei tre principali paesi dell’UE e degli Stati Uniti emergono alcune considerazioni.
1. L’impulso fiscale pianificato è piuttosto differenziato in termini quantitativi tra paesi e non appare correlato all’intensità con la quale i paesi sono stati colpiti dal virus, anch’essa differenziata tra paesi. Questo perché le risorse stanziate dipendono anche dalle disponibilità finanziarie dei diversi paesi. Le differenze nel valore delle misure adottate rispetto all’intensità della crisi subita avranno però alcuni effetti nell’ambito del sistema economico europeo:
comporteranno una diversa capacità e rapidità dei paesi di uscire dalla crisi, con ovvie ripercussioni sui livelli di crescita; lasciare l’azione ai singoli stati favorisce i paesi che hanno più risorse accrescendo la divergenza tra paesi, il contrario dell’obiettivo delle attuali politiche di coesione europee;
interventi differenziati adottati dai diversi paesi membri per sostenere le imprese creano distorsioni sul mercato interno e finiscono per favorire le imprese che risiedono nei territori in cui questi interventi sono più consistenti.
Per tale ragione, le risposte nazionali non possono prescindere da un’azione consistente portata avanti a livello europeo, l’unica in grado di attenuare eventuali squilibri tra paesi, di non creare distorsioni sul mercato interno e di favorire la stabilità economica degli stati all’interno dell’UE e della moneta unica, evitando l’aumento dei debiti pubblici nazionali (che possono innescare, come accaduto nel 2010, una crisi successiva). Tanto più tale azione si concretizzerà in un meccanismo operante attraverso trasferimenti verso i paesi proporzionali alle perdite subite con l’emergenza (come indicato nella proposta di Recovery Fund della Commissione europea), tanto più verrà assicurata stabilità all’Unione.
2. Per quanto riguarda l’Italia, l’ammontare delle misure adottate è al di sopra della media UE (inferiore a quanto stanziato dalla Germania ma più della Francia). La tipologia di interventi previsti è largamente in linea con quella dei paesi considerati. Il punto critico della risposta italiana sono i tempi di adozione e implementazione delle misure. Il ritardo è ampio rispetto agli altri paesi considerati e in grado di compromettere l’efficacia delle misure adottate che, in una fase emergenziale come quella attuale, necessitano di una trasmissione quasi immediata al sistema economico. Il Governo italiano ha adottato il primo provvedimento organico a carattere nazionale con ritardo. Ma questo è legato anche all’enorme complessità dei provvedimenti legislativi che si adottano in Italia. Infatti, al confronto con gli altri paesi, in Italia, si nota una straordinaria frammentazione delle misure. Un esempio è rappresentato dal DL 34/2020 (“Rilancio”) in cui le cospicue risorse sono state parcellizzate su un elenco vastissimo di interventi e articolate in 266 articoli di legge su circa 320 pagine. Questa frammentazione emerge anche dalla proliferazione dei fondi: quelli interessati dal Decreto sono in tutto 74, di cui 29 istituiti ex novo; un solo fondo esistente viene abrogato, 37 rifinanziati e 7 definanziati (Tabella F). Inoltre, serviranno 90 provvedimenti per dare integrale attuazione al Decreto che allungheranno i tempi. Questo scenario rischia, inoltre, di peggiorare in fase di conversione in legge del provvedimento. Questa complessità, unita alle difficoltà operative della Pubblica amministrazione, ha finito per ritardare l’implementazione delle misure. Queste difficoltà, rispetto agli altri paesi considerati, emergono nell’implementazione sia delle misure di impulso fiscale sia di quelle per la liquidità. Le risorse stanno arrivando a destinazione con lentezza attraverso i canali tradizionali e ancor di più attraverso i nuovi canali individuati. Si tratta di criticità evidenti anche in tempi normali, ma che hanno effetti molto peggiori in situazioni emergenziali come quelle attuali. La difficoltà nella trasmissione al sistema economico delle decisioni rappresenta un grande ostacolo allo sviluppo del Paese che richiede di essere affrontato con interventi straordinari.
Misure di impulso fiscale
I principali provvedimenti sono:
Misure di impulso fiscale
Il governo federale tedesco ha previsto lo stanziamento più consistente della storia della Repubblica federale. I principali provvedimenti sono:
Il 3 giugno la coalizione di governo tedesca ha approvato un ulteriore ambizioso piano di rilancio dell’economia da 130 miliardi. I punti principali sono:
Un pacchetto da ulteriori 25 miliardi di sussidi destinati ai lavoratori autonomi, a piccole e medie imprese che hanno subito perdite importanti a causa della crisi (almeno il 60% di fatturato in meno rispetto allo stesso periodo del 2019). Per le imprese il programma prevede la copertura fino all’80% dei costi fissi operativi, con un tetto a 150mila euro per azienda. Vengono rinnovati per lo stesso ammontare i sussidi per gli autonomi e le piccole imprese fino a 5 e fino a 10 dipendenti.
Misure per la liquidità
Misure di impulso fiscale
Gli USA hanno adottato due provvedimenti principali per contrastare gli effetti del COVID-19:
1. il Families First Coronavirus Response Act che prevede uno stanziamento di circa 108 miliardi di dollari, in particolare per l’ampliamento del congedo per malattia (propria o dei familiari):
2. Il provvedimento più importante, il Coronavirus Aid, Relief, and Economic Security Act (CARES) è stato adottato il 25 marzo 2020 e contiene:
50 miliardi di dollari di crediti di imposta (sulla payroll tax) per le imprese che hanno dovuto chiudere durante il COVID-19 o che hanno subito perdite significative. Le imprese non devono licenziare i dipendenti e il credito d’imposta è pari a meta del salario pagato ai dipendenti (fino ad un massimo di 5mila dollari per dipendente). Sono escluse le imprese che hanno ottenuto un prestito tramite il Paycheck Protection Program.
Misure per la liquidità
Il Governo italiano per fronteggiare gli effetti economici dell’emergenza COVID-19 ha adottato nei mesi di marzo e aprile tre provvedimenti importanti. Con il DL 18/2020 (detto “Cura Italia”) del 17 marzo, convertito in L. 27/2020 il 24 aprile, sono stati varati i primi interventi organici estesi a tutto il territorio nazionale relativamente a tre fronti: il potenziamento del Servizio Sanitario Nazionale, il sostegno al lavoro attraverso l’estensione della rete degli ammortizzatori sociali e degli altri strumenti di integrazione del reddito, il sostegno alla liquidità delle imprese. Quest’ultimo è stato poi rafforzato con il terzo provvedimento, il DL 23/2020 (detto “Liquidità”) dell’8 aprile, convertito in L. 40/2020 il 5 giugno scorso. A maggio, con l’inizio dell’allentamento delle misure restrittive, il Governo ha emanato il DL 34/2020 (detto “Rilancio”) con l’obiettivo di rilanciare l’economia, sostenendo lavoratori, imprese, famiglie, enti locali, ma anche intervenendo con maggiore intensità su sanità, turismo, trasporti e istruzione.
Di seguito sono riportate le principali misure previste dall’insieme dei provvedimenti sinora adottati.
Sono state adottate una serie di misure a garanzia dell’occupazione e dei redditi (introdotte con il DL “Cura Italia” prima e poi prorogate con il DL “Liquidità” e con il DL “Rilancio”), mobilitando complessivamente circa 33,6 miliardi di euro; tra le principali:
Per il potenziamento del SSN, della Protezione civile e degli altri soggetti pubblici impegnati sul fronte dell’emergenza, il Governo ha impegnato complessivamente poco più di 8 miliardi di euro (di cui 3,2 miliardi già con il DL 18/2020) per:
Una serie di misure più fiscali in senso stretto è rivolta a imprese e lavoratori, a cominciare dalla totale disattivazione delle clausole di salvaguardia in materia di IVA e accise, per complessivi 19,8 miliardi di euro nel 2021 e 26,7 nel 2022 (Tabella G), ma anche:
Numerosi gli interventi che con il DL 34/2020 sono stati introdotti a sostegno di specifici settori; tra i principali:
Ulteriori misure di natura procedurale riguardano: i) la possibilità di calcolare gli acconti di imposte sui redditi e IRAP sulla base del metodo previsionale e non di quello “storico” (sulla base dell’imposta dovuta l’anno precedente), senza l’applicazione di sanzioni in caso di scostamento, entro il margine di errore del 20%; ii) la proroga di un mese ai versamenti nei confronti della PA con scadenza a marzo 2020 (art. 21 DL “Liquidità”); iii) la proroga al 30 giugno 2020 della validità dei certificati ottenuti per la disapplicazione della disciplina in materia di controllo del versamento delle ritenute dei lavoratori impiegati in appalti e forniture realizzati presso la sede del committente.
Per far fronte alle esigenze di liquidità delle imprese, con il DL “Cura Italia” prima e con il DL “Liquidità” poi, è stata decisa la sospensione dei versamenti tributari, contributivi e di ritenute alla fonte fino a fine maggio, con ripresa dei pagamenti dal mese di settembre in un’unica soluzione o in quattro rate mensili. Con il DL “Liquidità” viene stabilito, inoltre, che tale agevolazione riguardi le imprese con ricavi inferiori a 50 milioni di euro, che abbiano avuto una riduzione del fatturato pari almeno al 33% sia a marzo 2020 che ad aprile 2020 (sui rispettivi mesi del 2019). Per le imprese con ricavi maggiori di 50 milioni di euro, invece, la riduzione del fatturato deve essere stata pari almeno al 50%.
I rinvii dei pagamenti di imposte e contributi, stando alle quantificazioni descritte nelle relazioni tecniche ai provvedimenti, riguardano complessivamente 20,6 miliardi di euro di maggiore liquidità per le imprese che, comunque, sono poi tenute a compensare le somme non pagate a partire dal prossimo mese di settembre, completando il versamento entro dicembre 2020 (Tabella H).
È stata decisa anche la sospensione per: i) i versamenti da autoliquidazione per i titolari di partita IVA di minori dimensioni, nonché per tutti i soggetti delle province maggiormente colpite dal COVID-19 a prescindere da ricavi o compensi percepiti fino al 31 maggio; ii) le ritenute sui redditi da lavoro autonomo e sulle provvigioni inerenti rapporti di commissione, agenzia, mediazione fino al 31 maggio (e non più al 31 marzo come disposto nel DL 18/2020).
Con gli ultimi due decreti sono stati poi introdotti interventi finalizzati ad assicurare e mantenere livelli adeguati di liquidità per le imprese attraverso il sistema bancario, che possono attivare complessivamente circa 675 miliardi di euro di prestiti e linee di credito.
La disponibilità del Fondo, pari inizialmente a circa 2,48 miliardi, viene aumentata di complessivi 5,67 miliardi (di cui 1,5 già previsti con il DL 18/2020 e 0,2 con il DL 23/2020), portando la capacità complessiva a 8,16 miliardi, in grado di assistere circa 79 miliardi di euro di prestiti aggiuntivi.
Fino al 31 dicembre prossimo, la garanzia statale (fino al 90% se diretta, al 100% per gli interventi di riassicurazione) è concessa a PMI e a imprese con un numero di dipendenti fino a 499 per finanziamenti fino a 6 anni, fino a un massimo del 25% del fatturato (o al doppio della spesa salariale), a titolo gratuito e senza valutazione del merito di credito ed è innalzato a 5 milioni l’importo massimo garantito. Per i piccoli prestiti (operazioni fino a 25mila euro poi innalzate a 30mila con durata massima 10 anni) la copertura è innalzata al 100%. Inoltre, sono ammessi a garanzia i finanziamenti per rinegoziazione e consolidamento di finanziamenti in essere e le operazioni finanziarie già perfezionate ed erogate (seppur da non oltre tre mesi). È previsto il prolungamento automatico delle garanzie nelle ipotesi di moratoria e sospensione del finanziamento. E per le imprese con fatturato fino a 3,2 milioni si può arrivare a coprire il 100%, aggiungendo la garanzia dei Confidi, per finanziamenti fino a 800mila euro. È stato deciso, poi, di rafforzare le garanzie di portafoglio con una percentuale di copertura più elevata (al 90% della tranche junior) e con un innalzamento del cap alle prime perdite a carico del Fondo (fino al 18% dell’ammontare del portafogli).
Le disposizioni in materia di Fondo Centrale di Garanzia per le PMI sono state estese al settore dell’agricoltura e della pesca attraverso specifiche garanzie rilasciate da ISMEA; e sono stati destinati per questo complessivamente 350 milioni di euro.
Per le imprese di impiantistica sportiva, è stato ampliato il loro specifico Fondo di garanzia (agevolazione che non si sovrappone al Fondo Centrale di Garanzia) di 35 milioni, in grado di assistere 90 milioni di euro di prestiti.
La garanzia, di durata non superiore ai 6 anni, è concessa per i finanziamenti alle imprese che al 31 dicembre 2019 non risultavano “in difficoltà” (Regolamento UE n. 651 del 2014). L’importo massimo garantito è pari al valore massimo tra il 25% del fatturato annuo dell’impresa richiedente e il doppio dei costi annui per il personale (entrambi con riferimento al 2019) e la copertura del prestito è pari a:
È prevista una procedura semplificata per l’accesso al credito da parte di tutte le imprese con meno di 5mila dipendenti e un fatturato minore di 1,5 miliardi di euro e si dispone che, per le PMI, le commissioni applicate debbano essere di importo inferiore e comunque limitate al recupero dei costi. I finanziamenti possono essere utilizzati per sostenere le spese del personale, gli investimenti o il capitale circolante per stabilimenti localizzati in Italia e l’impresa deve impegnarsi a non distribuire dividendi fino alla fine del 2020 e a gestire i livelli occupazionali attraverso accordi sindacali.
Il DL “Rilancio” crea, all’interno della garanzia SACE, uno strumento di garanzia statale a favore delle assicurazioni sui crediti commerciali, a cui destina una dotazione finanziaria di 1,7 miliardi di euro. È prevista una garanzia pari al 90% degli indennizzi generati dalle esposizioni relative a crediti commerciali maturati dalla data di entrata in vigore del DL 34/2020 e fino al 31 dicembre 2020 ed entro il limite massimo di 2 miliardi di euro. La misura è ancora da attuare.
Allo scopo di evitare che le misure di liquidità adottate creino uno squilibrio nella struttura finanziaria delle imprese, che nei prossimi anni si potrebbero ritrovare a dover destinare tutte le risorse per ripagare il debito piuttosto che per finanziare gli investimenti, con il DL 34/2020 sono stati varati alcuni provvedimenti, ancora non attuati, volti a favorire il rafforzamento patrimoniale delle imprese.
Sempre tra le misure di liquidità, il DL 34/2020 istituisce un Fondo per il pagamento dei debiti commerciali certi, liquidi ed esigibili maturati dagli Enti territoriali al 31 dicembre 2019. La dotazione del Fondo ammonta a 12 miliardi per il 2020, di cui 8 destinati ai debiti al di fuori del settore sanitario (6,5 per gli Enti locali e 1,5 per le Regioni e Province Autonome). La relazione tecnica attribuisce alla norma un effetto di maggiore spesa di 12 miliardi di euro a valere sul saldo netto da finanziare e sul fabbisogno, mentre nessun effetto viene imputato sull’indebitamento netto.
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Nei periodi in cui le imprese hanno problemi di liquidità, come quello attuale, è ancora più importante che le Pubbliche amministrazioni (PA) paghino i loro debiti commerciali nei tempi previsti dalla normativa. Le azioni intraprese negli ultimi anni dai governi, supportate da Confindustria, hanno avviato un percorso che ha migliorato la situazione rispetto al picco del 2012 quando i debiti della PA, secondo i dati di Banca d’Italia, erano pari a 91 miliardi. Ma resta ancora molto da fare.
Se i tempi medi di pagamento si sono ridotti, rimangono ancora molte le amministrazioni che presentano difficoltà nel pagare i fornitori. Il Governo nel Documento di Economia e Finanza
DEF) di aprile 2020 ha espresso l’intenzione di accelerare i pagamenti dei debiti commerciali della PA. Secondo i dati Eurostat, a fine 2019, i debiti della PA italiana erano pari al 2,8% del PIL (49 miliardi di euro), dietro soltanto alla Croazia (2,9%).
Inoltre, nonostante i passi avanti fatti, l’informazione su debiti e tempi di pagamento è ancora frammentata e non tempestiva.
Occorre pertanto continuare nell’azione volta a superare definitivamente il fenomeno dei ritardati pagamenti delle PA. Le proposte avanzate da Confindustria hanno mirato a una riorganizzazione delle PA nell’ottica di rafforzarne la capacità amministrativa. Si tratta di riforme strutturali fondamentali soprattutto nel medio-lungo periodo e che dovrebbero riguardare:
Il rafforzamento della capacità amministrativa delle PA mediante l’istituzione di team specializzati all’interno delle amministrazioni, per coordinare le complesse procedure dei pagamenti;
l’attribuzione a un unico soggetto all’interno di ciascuna PA - che potrà avvalersi dell’attività del team - la responsabilità di tutto il ciclo degli acquisti: dalla stipula dei contratti di fornitura, alle autorizzazioni di spesa, fino al pagamento. In tal modo, il responsabile sarà messo in condizione di adempiere ai propri obblighi in modo tempestivo e nel caso contrario a risponderne agli organi preposti al controllo;
Allo stato attuale, come indicato dal Governo, occorre però sbloccare al più presto i pagamenti, cercando di utilizzare al massimo il meccanismo delle compensazioni tra crediti verso le PA e debiti tributari e contribuitivi.
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Per sostenere la liquidità delle famiglie, il DL “Cura Italia” ha disposto il rifinanziamento del Fondo di solidarietà per i mutui accesi per acquisto prima casa (c.d. Fondo Gasparrini) con 400 milioni di euro nel 2020. Il Fondo, istituito con la Legge finanziaria 2008, prevede la sospensione del pagamento delle rate per 18 mesi nel caso di situazioni di temporanea difficoltà, per i titolari di mutuo per acquisto prima casa fino a 250mila euro con un ISEE inferiore a 30mila euro, sostenendo il 50% degli interessi maturati nel periodo di sospensione. Il DL “Cura Italia” ha anche esteso la platea, escludendo il requisito ISEE e includendo tra i beneficiari: i) i titolari di mutuo fino a 400mila euro; ii) i lavoratori in Cassa Integrazione Guadagni per almeno 30 giorni; iii) i lavoratori autonomi e i liberi professionisti che abbiano registrato una riduzione del fatturato di almeno un terzo rispetto all’ultimo trimestre 2019; iv) i titolari di mutui che fruiscono già del Fondo di garanzia prima casa, istituito con la Legge di stabilità 2014 (quest‘ultimo è stato, poi, rifinanziato dal DL “Rilancio” con 100 milioni di euro per il 2020). In merito al Fondo Gasparrini, il DL “Liquidità” ha chiarito l’inclusione degli artigiani e dei commercianti tra i beneficiari e ha previsto che il beneficio sia concesso per 9 mesi e anche per i mutui stipulati da meno di un anno.
Con il DL “Liquidità”, infine, è stato esteso l’ambito applicativo del Golden Power a tutti i settori ritenuti di rilevanza strategica dalla disciplina europea sullo screening degli investimenti esteri diretti a investimenti effettuati da soggetti appartenenti all’UE, per la difesa delle PMI e delle principali filiere produttive del nostro Paese. Con tali norme è ora possibile: i) bloccare eventuali operazioni di acquisizione di aziende del tessuto produttivo italiano ed espressione dell'interesse nazionale che avvengono anche in ambito europeo; ii) controllare operazioni societarie, scalate eventualmente ostili, non solo nei settori tradizionali delle infrastrutture critiche e della difesa, ma anche in quello finanziario, creditizio, assicurativo, energia, acqua, trasporti, salute, sicurezza alimentare, intelligenza artificiale, robotica, semiconduttori, cyber-security.