La manovra di bilancio dell’Italia, degli altri paesi e le regole europee

Note dal CSC

Piergiorgio Carapella, Alessandro Fontana e Lorena Scaperrotta

Dopo la lettera della Commissione europea si apre una fase di confronto complesso, sia dal punto di vista delle procedure previste dai Trattati e Regolamenti europei, sia perché la dimensione della manovra italiana risulta anomala in confronto a quelle programmate da altri paesi europei.
La Nota CSC prova a chiarire cosa sta succedendo.

Dai Documenti programmatici di bilancio (DPB) emerge che dieci paesi dell’Eurozona prevedono di peggiorare il saldo di bilancio pubblico del 2019 rispetto al tendenziale; tuttavia l’Italia è il paese che prevede l’espansione maggiore pur essendo l’unico contemporaneamente in deficit e con un debito pubblico oltre il 60 per cento del PIL. Nel 2019, la politica di bilancio dellʼEurozona, intesa come somma delle scelte dei singoli paesi, sarà correttamente neutra visto che la crescita del PIL è in linea con quella potenziale.

L’intonazione espansiva della politica di bilancio prevista dal Governo italiano appare anch’essa corretta alla luce della fase ciclica ancora negativa. È la dimensione della manovra ad essere anomala in confronto a quelle programmate dagli altri paesi europei, all’elevato debito pubblico e anche rispetto alle manovre adottate dai governi precedenti, comunque espansive, ma non in questa misura.

Dopo il parere della Commissione europea del 23 ottobre, se la manovra non cambierà, entro al massimo fine maggio, ci può essere richiesto di effettuare un deposito fruttifero di 0,2 punti di PIL (circa 3,5 miliardi di euro); sempre che la Commissione non decida di aprire subito la procedura per disavanzi eccessivi (che in caso estremo può portare a una sanzione fino a 0,5 punti di PIL).

Mantenere invariati gli obiettivi prefissati può portare a uno scontro con la Commissione europea e con gli altri paesi membri, da cui l’Italia ha più da perdere: i mercati finanziari potrebbero richiedere un rendimento più alto per prestare i loro soldi; le sanzioni previste per il mancato rispetto del Patto di stabilità e crescita, sino a oggi mai applicate, sono molto onerose.

Ciò non toglie che le regole europee presentano diverse criticità tra cui quella di imporre politiche pro-cicliche: restrizioni di bilancio anche in fasi cicliche negative.

I paesi dell’Eurozona, negli ultimi anni, hanno risolto tale problema sfruttando, a volte forzando, gli spazi di flessibilità e di discrezionalità lasciati dalle regole stesse. Così hanno intenzione di procedere molti paesi anche nel 2019: non rispetteranno le regole del Patto in modo puntuale, ma limitando le deviazioni, riusciranno a conciliare l’appropriatezza della politica di bilancio con le regole del Patto di stabilità e crescita.

L’Italia, negli anni scorsi, ha deviato dagli obiettivi prefissati ma non in maniera significativa, rispettando così le regole europee.

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