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Il pomeriggio, a cura dell’Avvocato Valeria Pullini, vuole informare e illustrare in concreto quanto è scaturito dalla sentenza stessa.
L'operatore del settore alimentare, il quale abbia acquistato merce destinata al consumo alimentare, ha nei confronti del consumatore finale un obbligo di sicurezza che si traduce in un controllo di genuinità, sia pure a campione, del prodotto poi distribuito su scala industriale, anche se acquistato da altri, non potendo fare esclusivo affidamento sull'osservanza del dovere del rivenditore di fornire cose non adulterate né contraffatte.
Qualsiasi produttore acquisti da un fornitore un ingrediente, o merce, o componente, da utilizzare nella preparazione dei propri prodotti, deve verificare che il componente acquistato risponda ai requisiti di sicurezza previsti e non contenga additivi vietati o pericolosi, prima di impiegarlo quale parte o ingrediente nella preparazione di un alimento finale.
Ciò significa che il rivenditore è responsabile nei confronti del compratore del danno a lui cagionato dal prodotto difettoso se non fornisce la prova di aver attuato un idoneo comportamento positivo tendente a verificare la qualità della merce ed a controllare in modo adeguato l’assenza di vizi, anche alla stregua della destinazione della merce stessa, giacché i doveri professionali del rivenditore impongono senz’altro, secondo l’uso della normale diligenza, controlli periodici o su campione, al fine di evitare che notevoli quantitativi di merce presentino gravi vizi di composizione.
La pronuncia della Cassazione si inserisce in un panorama giurisprudenziale complesso ed in evoluzione, la cui ratio è rappresentata dalla tendenza a dilatare gli obblighi di diligenza degli operatori professionali operanti nel settore alimentare con la finalità ultima di garantire la più alta tutela possibile al destinatario finale del prodotto.