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La formazione deve ritornare centrale - Intervista a Giovanni Brugnoli sul Sole 24 Ore

24 novembre 2019 | Formazione, Lavoro e Relazioni Industriali

Di education non c'è traccia in questa manovra e il rischio, concreto, è che il tema scompaia dall'agenda politica e sociale. Un errore mortale.

Così il Vice Presidente per il Capitale Umano Giovanni Brugnoli nella sua intervista di oggi per il Sole 24 Ore.

La formazione dei giovani deve tornare una priorità per l'Italia, per questo serve una visione di lungo respiro: di recente anche potenze economiche come Stati Uniti, India, Cina hanno adottato programmi sulla scuola della durata di 10-20 anni. Da noi invece si affronta solo l'emergenza del momento.

Sull'alternanza scuola-lavoro, che adesso peraltro non si chiama neppure più così, è stato fatto un vero autogoal: il dimezzamento a ore e fondi sta producendo un enorme danno agli studenti, soprattutto a quelli del Sud, che in moltissimi casi prenderanno il diploma senza aver mai messo il naso fuori dalle proprie aule.

Un dato significativo: su 6.000 scuole circa 1.500 non proporranno ai propri alunni percorsi di alternanza scuola-lavoro con imprese. Non solo. C'è poi bisogno di un vasto piano di orientamento per far conoscere a famiglie, studenti e docenti le opportunità che offre l'industria: ancora oggi in moltissime scuole non si sa che l'Italia è la seconda potenza manifatturiera d'Europa, la settima economia mondiale, e che sta cambiando radicalmente sotto la spinta del 4.0.

In Italia, infatti, scuola e lavoro si stanno di nuovo allontanando. In questi anni si è pensato più a distruggere, che a mettere in campo politiche con un orizzonte temporale ampio. Un altro esempio? Lo scippo di 50 milioni di euro alla formazione duale

Una esperienza "on the job" non è solo orientamento; aiuta anche a intercettare e a far comprendere il cambiamento, che nelle nostre fabbriche è all'ordine del giorno, e può rappresentare, soprattutto per chi frequenta istituti tecnici e professionali, un passepartout per un successivo sbocco lavorativo. Ecco, privare di tutto ciò migliaia di giovani è un'operazione miope.

A maggior ragione visto il mismatch fra domanda e offerta di lavoro in forte crescita.

I numeri sui fabbisogni delle imprese li abbiamo resi noti: nei prossimi tre anni i principali settori della manifattura offriranno circa 200.000 posti, in larghissima parte rivolti a periti e a laureati nelle discipline tecnico-scientifiche. Un terzo di queste posizioni rischiano di rimanere vuote per assenza di candidati con le competenze richieste dalle imprese.

Lo dico come imprenditore, ma soprattutto come cittadino, non possiamo privarci di capitale umano specializzato - ha aggiunto il Vice presidente Brugnoli.

Dobbiamo far capire a famiglie e ragazzi le opportunità che offre l'industria; e pensare che, oggi, il vero ascensore sociale è il livello di preparazione, che spesso va oltre la singola specifica "materia". Un altro esempio: a un ingegnere, accanto alle competenze di settore acquisite, si richiedono, in aggiunta, soft skills, digitale e contaminazione umanistica. Ancora pochi atenei lo hanno compreso, dialogando in modo più stretto con il nostro mondo.

In questo percorso gli Istituti tecnici svolgono un ruolo fondamentale. L’auspicio è che il governo, finalmente, riconosca pari dignità e risorse incrementali e adeguate a supportare questo processo di rilancio. Va fatta decollare, al più presto, la filiera formativa terziaria professionalizzante, che fa perno appunto sugli ITS, con una programmazione pluriennale di risorse, crescenti, e bandi.

Dobbiamo inoltre puntare sulle lauree industriali manifatturiere. Al politecnico di Torino, in particolare, ne è partita una con in aula i primi 50 ragazzi; e immaginare contatti anche con la formazione professionale regionale, magari con percorsi di 4 anni + 2 negli ITS.

Così avremo giovani, super periti, già a 20 anni, pronti, e preparati, per l'assunzione.

A gennaio scattano le iscrizioni al nuovo anno, un momento fondamentale. I ragazzi e le loro famiglie devono sapere che gli istituti tecnici e professionali permettono di acquisire competenze sempre più richieste dalle aziende e sempre più introvabili. 

Chi li sceglie ha la garanzia di trovare un lavoro e non si preclude affatto l'ingresso negli ITS e nelle università. C'è molta disinformazione a riguardo: se serve chiamiamoli anche "licei tecnici". Ma l'istruzione tecnico-professionale deve tornare centrale nell'agenda politica, come è in tutti i paesi avanzati.

Lo ripetiamo: serve un piano nazionale di orientamento mirato; il ripristino delle 400 ore obbligatorie minime di scuola-lavoro; la diffusione dell'apprendistato di primo livello. Se questi percorsi si identificheranno chiaramente come "scuole delle imprese" gli iscritti aumenteranno.

 

 


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