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Decreto Sostegni Bis: L’Audizione di Confindustria alla Camera dei Deputati

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Decreto Sostegni Bis: L’Audizione di Confindustria alla Camera dei Deputati

31 maggio 2021 | Direttore Generale

Oggi il Direttore Generale Francesca Mariotti è intervenuta in Audizione in relazione all'esame del decreto-legge recante misure urgenti connesse all'emergenza da COVID-19, cd “Sostegni-bis”, presso le Commissioni riunite Bilancio, Tesoro e Programmazione della Camera dei Deputati.

“Con il Decreto Sostegni-bis, il Governo prosegue nell’azione di supporto al sistema produttivo e di tutela del lavoro e della salute, attraverso la proroga di alcune misure emergenziali e nuovi interventi di sostegno.

Anche alla luce dei dati macroeconomici, è necessario avviare una ‘discontinuità costruttiva’ rispetto alle misure emergenziali, per sostenere la ripresa e rafforzare la competitività con politiche di più ampio respiro.

In questo contesto, rimangono una serie di problemi aperti, su cui Confindustria ha avanzato proposte puntuali, anche per sostenere il potenziale di crescita.

Il Decreto Sostegni-bis recepisce alcune di queste istanze, seppur, in alcuni casi, con qualche variante: proroga della moratoria e allungamento, da 6 a 10 anni, dei tempi di restituzione dei finanziamenti garantiti; proroga, fino al 31 dicembre 2021, del regime speciale di intervento del Fondo di Garanzia per le PMI; modifica delle procedure di recupero dell’IVA sui crediti non riscossi caduti in procedure concorsuali; innalzamento del limite annuo delle compensazioni dei crediti tributari; rifinanziamento delle misure per l’export; introduzione di un credito d’imposta per le imprese che effettuano attività di ricerca per farmaci innovativi; rinvio della plastic tax al 1° gennaio 2022.

Sul tema dei ristori, il Decreto introduce per la prima volta una forma di contributo basata sulle perdite effettive registrate dalle imprese, tenendo conto, quindi, non solo del fatturato, ma anche dei costi, come Confindustria aveva suggerito.

Prima di procedere a valutazioni più puntuali, sono state sottolineate due questioni preliminari.

La prima attiene al metodo utilizzato per la definizione di alcuni interventi.

Abbiamo più volte ribadito la necessità che le soluzioni agli attuali problemi debbano essere individuate attraverso un costante confronto con le forze economico-sociali. Ciò presuppone chiarezza nei rapporti tra Governo e parti sociali, per evitare incertezze e gestire in maniera efficace le transizioni.

Al contrario, la gestazione delle misure in tema di blocco dei licenziamenti è stata incoerente rispetto a questo approccio. Solo dopo il Consiglio dei Ministri, e anche per la decisa opposizione di Confindustria, è stato possibile evitare l’ulteriore, incondizionato protrarsi della situazione di “congelamento” legata al binomio Cassa Covid-blocco dei licenziamenti.

Il blocco rappresenta un’eccezione nel panorama europeo che, ove protratta oltre la fase acuta dell’emergenza, può seriamente ostacolare i processi di riorganizzazione e riallocazione dei lavoratori tra imprese, con conseguenti effetti negativi sul mercato del lavoro e, quindi, sulle stesse assunzioni.

Va poi detto che gli altri paesi europei, che non hanno adottato il blocco, non hanno e non stanno registrando un aumento dei licenziamenti. Questo grazie agli ammortizzatori sociali e alle misure per la liquidità, che sono stati adottati anche in Italia. Inoltre, il blocco verrà tolto in una fase di espansione dell’economia, in cui le prospettive occupazionali sono buone.

Con la sua eliminazione, ci sarà un aggiustamento fisiologico, visto che il mercato è rimasto bloccato per più di un anno, ma non c’è da aspettarsi un’emorragia di lavoratori. Stupisce, al contrario, che da oltre un anno il dibattito sia fossilizzato sul blocco, quando invece è urgente accelerare sulla riforma degli ammortizzatori sociali e sul rilancio delle politiche attive per il lavoro, nonché sulla formazione professionale per rispondere alla domanda di nuove competenze – spesso non reperibili - per le quali le imprese sono pronte ad assumere.

Peraltro, il clima di contrapposizione sul tema dei licenziamenti rischia di lasciare in ombra gli interventi positivi adottati per contrastare la crisi pandemica, compresi quelli contenuti nel provvedimento in esame.

La seconda questione attiene al funzionamento di alcuni strumenti di intervento previsti dal decreto, che richiedono l’autorizzazione preventiva della Commissione europea. È necessario che le interlocuzioni con la Commissione siano avviate tempestivamente e che il Governo aggiorni periodicamente gli operatori sull’andamento delle stesse, anche al fine di consentire un’adeguata programmazione dell’attività d’impresa. Di natura diversa, ma con lo stesso rischio di ritardare l’efficacia delle misure è il significativo rinvio a decreti attuativi.

Per quanto attiene alle singole misure:


Contributo a fondo perduto, abbattimento dei costi fissi e investimenti

Confindustria aveva evidenziato, in occasione del Decreto Sostegni, la necessità di adeguare il contributo all’effettivo fabbisogno, adottando un meccanismo in grado di compensare le perdite effettive, tenendo conto, quindi, non solo del fatturato, ma anche dei costi sostenuti dalle imprese.

Come accennato, va nella direzione da noi auspicata l’adeguamento del contributo non solo alle perdite di fatturato ma anche ai costi sostenuti dalle imprese. La misura, però, oltre che l’autorizzazione della Commissione europea, richiede ulteriori provvedimenti attuativi e ciò rischia di rallentarne l’operatività e, quindi, l’efficacia.

Positivi gli altri interventi su alcuni costi fissi: i) un credito d’imposta per i canoni di locazione ed affitto di immobili ad uso non abitativo per i mesi da gennaio a maggio 2021; ii) l’esenzione della TARI per gli esercizi commerciali e le attività economiche colpite dalla pandemia; iii) la proroga sulla riduzione degli oneri della bolletta elettrica.

Riguardo alla fiscalità locale, vorrei solo invitare il Parlamento a un’attenta riflessione sul modello di federalismo fiscale adottato in Italia, dove una Direttiva Europea in materia ambientale, un Regolamento attuativo e una circolare emanata da due Ministeri, il MEF ed il MITE, possono essere disattese dai Comuni italiani senza conseguenze giuridiche e politiche. Non è un buon viatico per l’attuazione del PNRR sulla sostenibilità da parte del nostro Paese.

Inoltre, è stato opportunamente previsto il rinvio della plastic tax al 1° gennaio 2022. Sul punto, Confindustria ribadisce la necessità della completa eliminazione dell’imposta, al fine di tutelare gli operatori nazionali ed evitare ulteriori aggravi correlati con nuove imposte e nuovi adempimenti.

Infine, sul fronte degli investimenti in beni strumentali, è positivo l’intervento correttivo che consentirà alle imprese, a prescindere dalla dimensione, di fruire in tempi più rapidi dell’incentivo: ci auguriamo che ciò costituisca un primo passo verso ulteriori interventi su queste misure, primo tra tutti quello relativo alla cessione dei crediti di imposta per gli investimenti in beni ordinari e 4.0.


Sostegno alla liquidità e alla patrimonializzazione delle imprese

La pandemia ha determinato due fondamentali problemi per la liquidità e la struttura finanziaria delle imprese.

Anzitutto, il crollo del cash-flow, che si è bruscamente assottigliato in quasi tutti i settori (ad esempio, nell’abbigliamento da 2,7 miliardi di euro nel 2019 a -1,1 miliardi nel 2020). Infatti, la compressione dei fatturati dovuta alle restrizioni anti-Covid, a fronte di costi fissi, che non si riducono in egual misura e non vengono interamente indennizzati, riduce il margine operativo accrescendo il fabbisogno di liquidità. Senza misure adeguate, ciò può portare all’insolvenza, mettendo a rischio la sopravvivenza anche delle imprese che avevano bilanci solidi prima della crisi. Il crollo dei cash flow è aggravato, per le imprese industriali, dai rialzi nei prezzi delle materie prime che stanno facendo lievitare i costi degli input (+17,5% medio le commodities da ottobre a marzo) nonché dell’aumento dei prezzi, se non della carenza, dei container, mentre le imprese fanno fatica a ritoccare al rialzo i loro listini (+1,8% nello stesso periodo) nell’attuale contesto di domanda bassa.

Il secondo problema per le imprese, strettamente connesso al primo, è che il maggiore ricorso ai prestiti bancari, con cash flow crollati, se ha consentito a molte di esse di rimanere in vita, ha accresciuto il loro debito bancario, indebolendone la struttura finanziaria.

Per affrontare tali criticità, Confindustria ha più volte sollecitato interventi sia per prolungare e rafforzare le misure di sostegno alla liquidità già adottate, sia per creare le condizioni per irrobustire la struttura finanziaria e la patrimonializzazione delle imprese.

Occorre quindi continuare con misure di sostegno alla liquidità fino a che i fatturati non avranno ripreso slancio e la loro ripresa non sarà consolidata. La revisione dovrà avvenire in modo graduale, per evitare un impatto depressivo sull’economia e minimizzare i rischi per la stabilità finanziaria nel lungo termine.

Le nuove misure vanno in questa direzione, prorogando al 31 dicembre 2021 le sospensioni dei rimborsi dei finanziamenti prevista dal DL Cura Italia e il regime speciale di concessione di garanzie da parte del Fondo di Garanzia per le PMI e di Garanzia Italia di SACE.

È poi previsto, in linea con le sollecitazioni di Confindustria, l’allungamento da 6 a 10 anni dei tempi di restituzione dei finanziamenti garantiti, subordinato all’autorizzazione della Commissione europea.

Questa misura - lo ricordiamo - è cruciale perché solo così è possibile alleggerire gli oneri finanziari annui delle imprese e creare spazi in bilancio per effettuare nuovi investimenti. È pertanto essenziale che l’autorizzazione comunitaria arrivi nel più breve tempo possibile. Contestualmente, si dovrà verificare la possibilità di intervenire sulle regole europee sugli aiuti per ottenere, in particolare per i settori più colpiti, un ulteriore allungamento dei prestiti garantiti.

Accanto a questa misura positiva va invece segnalato che, per le nuove operazioni delle PMI e delle midcap, la percentuale di copertura della garanzia del Fondo viene ridotta dal 90% all’80%. Sarebbe invece opportuno, considerato il perdurare di condizioni di difficoltà per le imprese, lasciare invariata tale copertura.

Inoltre, viene eliminata la possibilità, per le midcap con numero di dipendenti inferiori a 250, di accedere alla garanzia gratuita del Fondo. Tali imprese potranno accedere solo alla garanzia di SACE. Si tratta di una previsione negativa, perché abolisce una delle misure di maggior successo del DL Liquidità, che aveva consentito a imprese di dimensioni piccole, ma che per via di rapporti di gruppo non rientrano nella definizione comunitaria di PMI, di contare su uno strumento di accesso al credito particolarmente efficace.

Peraltro, tale disposizione riguarda anche le operazioni che, alla data di entrata in vigore del DL, erano state presentate al Fondo, ma non ancora deliberate. Ciò contraddice elementari esigenze di certezza giuridica ed è, quindi, un vulnus da sanare con tempestività, evitando di danneggiare le imprese.

Positivo anche l’incremento di 1 miliardo del Fondo di liquidità per il pagamento dei debiti della PA, in quanto contribuisce all’ulteriore smaltimento dei debiti maturati nei confronti del settore privato.

Inoltre, in linea con le richieste di Confindustria, e con l’obiettivo di allentare le tensioni finanziarie delle imprese, assicurando loro una maggiore liquidità, il Decreto: i) modifica le regole di emissione delle note di variazione in diminuzione, per consentire il recupero dell’IVA versata sui crediti non riscossi; ii) favorisce le operazioni di smobilizzo dei crediti tributari, innalzando a 2 milioni di euro, per il 2021, il tetto alle compensazioni orizzontali; iii) proroga l’operatività, nell’ambito del Temporary Framework, del Patrimonio Destinato di CDP; iv) rafforza le garanzie pubbliche a sostegno delle emissioni di obbligazione da parte delle PMI.

Al fine di incentivare la capitalizzazione delle imprese sono stati, altresì, ampliati i limiti temporali della disciplina di favore per le aggregazioni aziendali realizzate mediante fusione, scissione o conferimento, nonché introdotta una serie di rafforzamenti alla disciplina dell’ACE per il 2021.

Tali interventi, pur positivi, non hanno un impatto determinante sulle imprese industriali e, nella particolare fase economica in atto, sarebbero stati di maggiore impatto interventi a compensazione integrale delle perdite fiscali o forme di carry-back (anche alla luce delle recenti posizioni espresse a livello europeo), nonché l’introduzione di un incentivo fiscale vigoroso per le imprese che aumentino il proprio capitale e per i privati che investono in tali imprese.


Lavoro

Per quanto riguarda il mercato del lavoro, un consistente aggiustamento c’è già stato: l’ISTAT ha stimato un calo di 896 mila occupati da febbraio 2020 a marzo 2021(-3,9%). Questo ha riguardato principalmente lavoratori a tempo determinato. Ma il confronto tra il numero di occupati calcolato con la nuova metodologia e con la vecchia, evidenzia che, tra febbraio e dicembre 2020,

350 mila lavoratori, principalmente a tempo indeterminato, sono assenti o in CIG da almeno 3 mesi. Si tratta di lavoratori che - pur avendo formalmente un’occupazione - hanno una probabilità più bassa di essere reintegrati. Per questi sarebbe stato cruciale associare alla CIG la formazione, come è stato fatto in Francia con il programma FNE-Formation, in modo da accrescere il loro potenziale di competenze e renderli più occupabili.

D’altra parte, la crisi sta impattando in maniera differenziata tra settori. L’utilizzo della CIG non riassorbita segnala eccessi di manodopera in alcuni settori, in particolare nei servizi, dove il numero di ore autorizzate rispetto al volume di forza lavoro mediamente utilizzata nel 2019, ad aprile, è ancora vicino al 26% nel comparto alberghi e ristoranti e intorno al 15% nel commercio. Mentre in altri settori la situazione appare migliore (manifattura, costruzioni e trasporti). Per questo è cruciale, soprattutto nei settori ad alta intensità di lavoro e bassa specializzazione (come alberghi, ristorazione e commercio), favorire la transizione lavorativa da settori/imprese in difficoltà verso settori/imprese in crescita, impiegando accanto agli strumenti di sostegno al reddito quelli di riqualificazione professionale.

Formazione e riqualificazione professionale sono ancora più decisive per adeguare le competenze alla forte accelerazione nell’utilizzo delle tecnologie digitali, che si sta registrando in tutti i settori come conseguenza della pandemia. Sono raddoppiati gli investimenti in server cloud, così come le postazioni di lavoro virtuali, coinvolgendo il 27% delle imprese; quella di software per la gestione condivisa di progetti è triplicata, coinvolgendo il 19% delle imprese.

Al contrario, il Decreto Sostegni-bis risulta ancora connotato da una visione emergenziale, con interventi di natura temporanea, e l’assenza di una qualsiasi prospettiva di riforma organica delle politiche per il lavoro. Peraltro, cerca di “rattoppare” criticità laddove servirebbero riforme, come nel caso degli ammortizzatori sociali, che si sarebbero dovute approvare un anno fa. Ciò porta a misure spesso inutili e costose.

In ogni caso, il decreto introduce qualche novità sulla cassa integrazione guadagni, sul contributo addizionale e sul divieto di licenziamento, che avranno effetto dal 1° luglio 2021.

I datori di lavoro non saranno tenuti al versamento del contributo addizionale. In tal caso, però, resta precluso l'avvio delle procedure di licenziamento per la sola durata del trattamento di integrazione salariale che fosse fruito entro il 31 dicembre 2021.

Questo intervento costituisce un pericoloso precedente, poiché si introduce il blocco dei licenziamenti per chi utilizza la cassa integrazione salariale ma si dispone, quale “contropartita” al blocco, la mera sospensione del versamento del contributo addizionale dovuto per la cassa integrazione. Per coerenza con la logica che ha ispirato le decisioni in materia finora, si sarebbe quantomeno dovuto sospendere anche l’obbligo di versamento della contribuzione ordinaria dovuta per la cassa integrazione dalle imprese soggette a questa ulteriore limitazione.

Da rilevare, quale primo segnale che va nella direzione del sostegno alle transizioni occupazionali post pandemiche, l’ampliamento della platea delle imprese interessate dal contratto d’espansione, che viene reso applicabile anche a quelle con almeno 100 unità lavorative. Riteniamo che questo strumento debba essere ulteriormente potenziato e reso strutturale, diventando lo strumento “principe” per accompagnare le transizioni occupazionali.

E se a queste finalità ambisce rispondere il nuovo contratto di rioccupazione, non si può non segnalare che la sua utilità è frustrata dalla finestra temporale molto ristretta (fino al 31 ottobre 2021) per la stipula del contratto. Sarebbe stato molto più efficace “adattare” allo scopo tipologie contrattuali già esistenti, come l’apprendistato professionalizzante. Peraltro, il collegamento tra l’utilizzo di questo istituto e la condizione del non aver effettuato e non effettuare in futuro licenziamenti, risulta un modo surrettizio per prorogare, in qualche modo, il blocco dei licenziamenti. Senza contare che questa misura è soggetta all’approvazione della Commissione europea.

Ma soprattutto, nel Decreto manca un intervento sui contratti a termine, volto a superare gli attuali, numerosi, vincoli legati alle causali, alla durata dei contratti e alla contribuzione addizionale. Con adeguati correttivi, che potrebbero intervenire anche con l’apporto della contrattazione, le imprese potrebbero meglio dimensionare la forza lavoro, sempre nel pieno rispetto di tutte le tutele economiche e normative già assicurate ai lavoratori a termine.

I prossimi mesi del 2021 potrebbero essere quelli della ripresa, a condizione che la campagna vaccinale si concluda rapidamente e che il Paese si incammini sulla strada delle riforme e dell’attuazione ordinata del PNRR.

A tal fine, è necessario abbandonare i particolarismi e costruire una partnership forte tra pubblico e privato che, nel rispetto dei rispettivi ruoli e con spirito di collaborazione, accompagni il Paese nella ripresa, rendendolo più moderno, inclusivo e sostenibile.

Le imprese sono pronte a fare la loro parte”.


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