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Intervista al Presidente di Confindustria Basilicata, Pasquale Lorusso, intervenuto lo scorso 9 febbraio nel corso della seconda giornata delle Conferenze Episcopali del Mezzogiorno a Napoli, sul tema “Chiesa e lavoro. Quale futuro per i giovani nel Sud?”, a nome del Consiglio delle rappresentanze regionali e per le politiche di coesione territoriale di Confindustria.
A più di qualche giorno di distanza, avverto ancora l’emozione di un evento che mi ha arricchito come uomo, prima ancora che come imprenditore. Rappresentare le imprese in questo dialogo costruttivo con i Vescovi delle Regioni del Mezzogiorno, su un tema cruciale come il lavoro al Sud e da cui sono emersi messaggi importanti, è stato motivo di profondo orgoglio. Nella riflessione comune su lavoro e giovani, la nostra è stata una presenza di testimonianza e responsabilità. Ne siamo convinti: non c'è lavoro senza impresa e viceversa. E non può esserci contrapposizione. Tutt’altro. È dalla armonizzazione tra l’impresa e il lavoro che nasce l’equilibrio.
Una consapevolezza diventata ben radicata nel patrimonio genetico delle nostre imprese. All’interrogativo di Adriano Olivetti se l’industria abbia dei fini da ricercare oltre il profitto, la nostra risposta è sì: c’è una vocazione e un ruolo sociale che sentiamo forte e al quale non vogliamo abdicare.
Esattamente un anno fa, per la prima volta nella storia, si è celebrato il “Giubileo dell’Industria”: guidata dall’allora presidente di Confindustria Squinzi una folta delegazione di imprenditori associati ha incontrato Papa Francesco. È stata la coronazione di un percorso che, da un lato, ha visto le imprese affermare sempre più il proprio ruolo sociale, anche se come interpreti laiche, dall’altro, la Chiesa è sempre più attenta alle problematiche del lavoro e riconosce nel mondo produttivo un’insostituibile fonte di arricchimento per la società. Un riconoscimento e un’assunzione di responsabilità collettiva di tutti i soggetti istituzionali è il punto da cui partire per contribuire, ognuno per la propria parte, all’affermazione di un modello economico che metta l’etica al centro, soprattutto in una società così duramente provata dalla crisi finanziaria degli ultimi anni.
Innanzitutto, voglio fare mio il messaggio lanciato a Napoli dal ministro De Vincenti: l'Italia si riprende se il Sud cresce e recupera il divario con il Centro Nord. Non si tratta solo delle solite chiacchiere sul Mezzogiorno. Deve essere chiaro a tutti che l’Italia può essere forte solo con un Mezzogiorno, porta del Mediterraneo, forte e competitivo. Apprezziamo che il Governo sembra voler dedicare una rinnovata attenzione al Mezzogiorno. Non può essere un’opzione, ma un impegno inderogabile. Soprattutto nei confronti dei giovani. I vari strumenti finora messi in campo – gli incentivi alle assunzioni, il credito d’imposta per gli investimenti, il Masterplan – possono dare un contributo significativo al drammatico problema occupazionale. Ci sono le condizioni per invertire la rotta: serve decidere, con coraggio e visione. Possiamo contrastare il nuovo esodo giovanile riqualificando e allargando la base produttiva, anche attraverso il sostegno alla nuova impresa – soprattutto quella innovativa – e a interventi di qualificazione delle competenze.
In parte lo dicevo prima: deve esserci maggiore consapevolezza che l’adozione di principi etici non è espressione di un generico buonismo imprenditoriale, ma un valore aggiunto per rafforzare la capacità delle imprese di stare sul mercato. Non possiamo nasconderci, però, che sono ancora troppe le difficoltà che ostacolano la crescita delle imprese e quindi del territorio: penso alla burocrazia asfissiante, alle difficoltà di accesso al credito, alla drammatica carenza di infrastrutture, alla piaga dell’illegalità e della corruzione. E lì dove esiste un’emergenza impresa, esiste un’emergenza lavoro. Noi continuiamo a credere in un futuro possibile per il nostro Sud e le sue popolazioni, soprattutto i giovani. Dobbiamo attivare meccanismi virtuosi e sinergici tra i soggetti che concorrono a creare quel valore intangibile, ma fondamentale che è la competitività territoriale. Le imprese sono pronte.