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Oggi il Direttore Generale di Confindustria, Francesca Mariotti, è intervenuta in audizione presso le Commissioni riunite di Bilancio e Finanze alla Camera dei Deputati su DL Semplificazioni Fiscali, nell’ambito dell’esame del disegno di legge C. 3653, di conversione in legge del decreto-legge 21 giugno 2022, n. 73, recante misure urgenti in materia di semplificazioni fiscali e di rilascio del nulla osta al lavoro, Tesoreria dello Stato e ulteriori disposizioni finanziarie e sociali.
Le imprese sperimentano quotidianamente un sistema complesso, instabile, costoso che – come diciamo spesso – “zavorra” lo sviluppo del Paese, imbrigliando l’attività dei contribuenti in una congerie di rigidità legislative e burocratiche. Per Confindustria semplificare e razionalizzare il quadro normativo resta un obiettivo fondamentale per garantire certezza nell’applicazione delle norme e coerenza dell’impianto impositivo.
Confindustria sostiene da anni due proposte che darebbero un contributo fattivo al mai chiuso cantiere delle semplificazioni:
Sono solo due dei possibili antidoti a quel continuo affastellarsi di norme che ha generato un sistema disorganico ed inefficiente.
In questo contesto, il DL Semplificazioni - così come formulato - non è in grado di fornire un valido sostegno alle imprese, né di imprimere un impatto decisivo su adempimenti e quadro normativo di riferimento. Il provvedimento consta, in totale, di 47 articoli; meno di 30 sono le norme propriamente fiscali e, tra queste, quelle dedicate alle imprese si contano sulle dita di una mano e vestono il “cappello" della semplificazione misure che si limitano ad integrare precedenti disposizioni o che ne definiscono più chiaramente gli ambiti di applicazione.
Bene alcuni interventi in materia di aiuti di Stato, R&S farmaci o società di comodo ma, d’altro canto è anche importante evidenziare la mancanza di correttivi al contributo ExtraProfitti e di una norma che inquadri definitivamente la natura IVA dei differenziali monetari generati dai contratti derivati, necessaria per evitare alle imprese stravolgimenti delle procedure interne o il rischio di incorrere in sanzioni.
Costituisce un passo significativo – sul piano della certezza del diritto – anche l’introduzione di una procedura di certificazione degli investimenti ai fini dell’applicazione dei crediti di imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica, design e altre attività innovative. La norma ha, tuttavia, ampi margini di miglioramento: sarebbe importante estendere la procedura di certificazione anche al credito di imposta vigente nel periodo 2015-2019 e alle altre misure fiscali automatiche che richiamano discipline extra-fiscali per la definizione dell’ambito applicativo. Importante, altresì, garantire un rapido avvio dell’innovativa prassi certificativa e adeguati presidi alla imparzialità e indipendenza dei certificatori. Da valutare, inoltre, con cautela, i profili connessi al costo della procedura di certificazione, al fine di non gravare eccessivamente sulle imprese, già tenute ad un ampio novero di adempimenti.
Va rimarcata la necessità di intervenire parallelamente sull’attuale impostazione del regime sanzionatorio amministrativo dell’indebita compensazione di crediti d’imposta. In particolare, per i crediti di imposta aventi natura agevolativa, è urgente ricondurre a maggiore precisione la distinzione, in ambito sanzionatorio amministrativo, tra le fattispecie di compensazione indebita di crediti non spettanti e di crediti inesistenti, da rintracciare nella sussistenza o meno di un intento frodatorio, come precisato anche da recenti pronunce della Corte di Cassazione e come ben definito in campo penal-tributario.