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L’Italia è a un bivio storico: si gioca oggi il destino dei prossimi vent’anni.
Può contrastare e vincere la spinta verso un declino molto più veloce di quello sperimentato nell’ultimo decennio.
Una spinta che viene da forze demografiche (riduzione della popolazione in età di lavoro) e da forze economiche (produttività stagnante). Per farlo deve imboccare la strada delle riforme, senza ulteriori sbandamenti e ripensamenti. Non sempre, però, le riforme portano ai risultati desiderati, come dimostra la stessa esperienza italiana.
Quali sono i cambiamenti strutturali che fanno rimuovere le cause del regresso e fanno tornare a crescere? Qual è il contesto più favorevole per adottarli?
Le lezioni che vengono da sei casi di successo (Brasile, Cile, Germania, Polonia, paesi dell’Est Europa e Svezia) indicano che occorre operare su più fronti: la stabilizzazione macroeconomica e l’apertura alla concorrenza, il quadro politico-istituzionale e il consenso sociale, la flessibilità e l’orientamento strategico di tutte le politiche.
Indicano, inoltre, che le crisi acute e le pressioni internazionali costringono a superare le resistenze interne e che la finestra politica per agire si restringe con l’avvicinarsi della fine della legislatura. Partendo da livelli di competitività molto bassi, secondo i parametri del World Economic Forum, l’Italia può trasformare gli attuali svantaggi in altrettante leve di rilancio e quadruplicare l’incremento annuo del PIL. È cruciale la capacità del sistema politico di rinnovarsi per riconquistare il ruolo di leadership del Paese.