L’economia italiana è rimasta inchiodata. Le previsioni di graduale progressione sono state finora disattese.
La maggiore fiducia di consumatori e imprese non si è tradotta in comportamenti di spesa, cioè in vera scommessa sul miglioramento dello scenario. È stata una falsa partenza. Ma nuovi tasselli si sono aggiunti a comporre il mosaico di un frenato recupero a partire dalla seconda metà del 2014.
Nel Mondo la locomotiva americana sta viaggiando a buon ritmo, il Giappone consolida i progressi, gli emergenti forniscono un traino decisivo, nonostante inciampi e turbolenze. L’Eurozona resta poco dinamica, con forti divaricazioni al suo interno che tagliano trasversalmente la tradizionale suddivisione tra centro e periferia; nel complesso, però, avanzerà.
Le politiche monetarie stanno riducendo il costo del capitale (tassi giù, Borse su) e aumentano la disponibilità di risorse finanziarie. Sul piatto opposto della bilancia pesano: la bassa dinamica dei prezzi, che rischia di sfociare in deflazione e che in Italia tiene troppo alti i tassi reali; la difficoltà di ottenere credito, che si attenuerà solo lentamente; la distruzione di potenziale produttivo, che riduce lo spazio per il rimbalzo.
I fondi europei e nazionali per la coesione rappresentano per il Paese un’occasione d’oro per rilanciare gli investimenti, cruciale anello di congiunzione tra domanda e offerta. Occorre accelerarne l’impiego nei prossimi due anni così da rimettere in moto l’intera economia e favorire il
suo riposizionamento competitivo.