La competitività di un paese si vede non solo dai beni che produce, ma anche nei capitali che è capace di attrarre. La sfida globale si gioca su questo fronte: i paesi competono tra loro per attrarre investimenti. L’Italia è in fondo alla classifica. Non è vero che i capitali vanno solo dove ci sono bassi costi di produzione, regole lasche e mercati in espansione. I capitali cercano tecnologia, innovazione, qualità, flessibilità. E non possono prescindere da tre garanzie: trasparenza, certezza del diritto, Stato di diritto. Le imprese a capitale estero contribuiscono alla crescita del PIL, creano posti di lavoro, rafforzano il tessuto produttivo e sociale del paese in cui investono ma, soprattutto, sono importatori dei migliori standard internazionali e fenomenale veicolo d’internazionalizzazione dell’indotto italiano, costituito dalle piccole e medie imprese con cui lavorano. Un paese che sa farsi scegliere dagli investitori esteri è un paese migliore anche per le imprese nazionali. La voce delle multinazionali estere in Italia è, oggi, determinante per identificare le misure concrete per modernizzare il Paese e ricominciare a crescere. Il mondo non ci aspetta.