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02-Le componenti del PIL dal lato della domanda

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Le componenti del PIL dal lato della domanda

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2.1 I consumi e gli investimenti

Consumi delle famiglie deboli nel 2024, vivaci nel 2025

Dopo il calo nel 4° trimestre dello scorso anno, la spesa delle famiglie è attesa in recupero moderato nel corso del 2024, tanto che in media d’anno avanzerà del +0,2% nonostante il trascinamento negativo dal 2023 (-0,6%). La crescita dei consumi è prevista acquisire slancio nel 2025, ad un tasso medio annuo del +1,2%.

Nel 2024 tornerà a crescere il reddito disponibile reale, dopo il calo degli ultimi due anni, grazie sia al rafforzamento della dinamica dei salari nominali e all’inflazione bassa, sia al protrarsi dell’espansione occupazionale, seppur su ritmi più moderati. Il rialzo del reddito, tuttavia, si tradurrà solo parzialmente in un aumento dei consumi, dato il contemporaneo aumento del tasso di risparmio dai minimi del 2023.

D’altronde, lo scorso anno si è chiuso con una spesa sia di beni sia di servizi sui livelli di fine 2019, e si può quindi considerare esaurita la spinta ai consumi proveniente dal recupero della spesa “compressa” durante la pandemia.

Nel 2024 la volontà di ricostituire il risparmio utilizzato negli ultimi due anni si materializzerà in una crescita dei consumi delle famiglie molto contenuta in media d’anno. Nel 2025, invece, il consolidamento del reddito disponibile reale e un contesto economico più favorevole alle decisioni di spesa, grazie a tassi di interesse attesi più bassi, rafforzerà la crescita dei consumi delle famiglie.

Consumi di beni e servizi tornati sui livelli pre-Covid

Nel 2023, la spesa delle famiglie è cresciuta in media d’anno del +1,2%. Ciò è risultato da un buon andamento congiunturale, proseguito fino ai mesi estivi (+0,8% nel 1° trimestre, +0,2% nel 2° e +0,7% nel 3°), che si è però interrotto con la brusca caduta nel 4° trimestre (-1,4%).

A trascinare in negativo la spesa delle famiglie italiane nella parte finale dell’anno è stata la spesa per i servizi, diminuita di -2,2%. In media d’anno, i consumi nei servizi hanno comunque registrato una crescita vigorosa (+3,8%), che ha consentito alla componente di recuperare pienamente i livelli medi pre-pandemici nel 3° trimestre 2023, sebbene siano poi ridiscesi nuovamente al di sotto con il calo nel 4° (Grafico 4).

Grafico Consumi delle famiglie: effetto catch-up ormai chiuso nei servizi - Rapporto CSC primavera 2024

In contrazione, invece, la spesa per i beni (-1,1% nel 2023). Il ripiegamento riflette principalmente l’andamento dei beni non durevoli (-1,7%), più colpiti dagli alti prezzi energetici (i consumi di carburanti, gas, elettricità, sono contabilizzati come “beni”). In forte calo anche i semi-durevoli (-5,4%), categoria più incline ad essere compressa dalle famiglie in situazioni di perdita di potere d’acquisto (beni cosiddetti “comprimibili”, ad esempio l’abbigliamento). La spesa per i beni durevoli, al contrario, è proseguita su un sentiero di forte crescita (+5,7%), sostenuta soprattutto dal rimbalzo nell’acquisto di autovetture, ma non dalla categoria dei mobili ed elettrodomestici che ha invece registrato una diminuzione.

Risparmio e investimento delle famiglie

Nel 2023, la dinamica nel complesso favorevole dei consumi, nonostante il calo annuo registrato dal reddito disponibile in termini reali (-0,5%; Grafico 5), ha riflesso il mantenimento, anche lo scorso anno, di una propensione al consumo più elevata rispetto ai valori pre-pandemia, speculare alla diminuzione della propensione al risparmio.

Grafico Nel 2023 cresciuti i consumi nonostante il calo del reddito - Rapporto CSC primavera 2024

Quest’ultima, dopo essere balzata durante l’emergenza sanitaria, è scesa nel biennio 2021-2022 per attestarsi sotto ai valori medi pre-Covid: 6,3% del reddito disponibile in media d’anno nel 2023 (contro l’8,2% nel periodo 2015-2019). Il forte calo ha riflesso l’utilizzo del risparmio accumulato e ha sostenuto i consumi, ma è stato anche accompagnato da un forte aumento degli investimenti (in abitazioni) delle famiglie. Ciò è evidente dalla dinamica del tasso di investimento, un indicatore Istat che misura la propensione delle famiglie a investire per ristrutturazioni e altri interventi per la casa: esso, infatti, è salito rapidamente, toccando un picco storico a fine 2023 (9,3% del reddito nel 4° trimestre, con un 9,1% in media nell’anno, da un tasso medio di 5,5% nel periodo 2015-2019; Grafico 6).

Grafico Extra-risparmio ormai esaurito; ancora alto il tasso di investimento delle famiglie - Rapporto CSC primavera 2024

Tuttavia, gli incentivi governativi molto generosi (Superbonus al 110% e altri bonus edilizi) hanno “restituito” o restituiranno alle famiglie gran parte delle risorse spese nel 2022 e nel 2023 per gli investimenti in abitazioni. Inoltre, grazie al meccanismo di cedibilità del credito fiscale, parte della spesa per le riqualificazioni edilizie non è stata addirittura mai sborsata. Dunque, si può argomentare che l’aumento del tasso di investimento non abbia sottratto risorse significative (extra-risparmio accumulato) ai consumi. Per questo, i consumi hanno avuto lo spazio per crescere nel 2023, anche se il reddito è diminuito.

In rallentamento gli investimenti nel 2024-2025…

Gli investimenti fissi lordi sono previsti crescere nel 2024 a un ritmo decisamente ridimensionato rispetto allo scorso triennio: +1,0% in media d’anno, dopo il +4,7% nel 2023, +8,6% nel 2022 e +20,3% nel 2021. La dinamica è attesa attenuarsi ulteriormente nel 2025 (a +0,7%). Il rallentamento atteso è interamente dovuto all’intensa caduta prevista nel settore dell’edilizia residenziale, a causa della progressiva diminuzione, già da quest’anno ma soprattutto nel 2025, di buona parte dei generosi incentivi fiscali in vigore da metà 2020. Agiranno solo a parziale compensazione il taglio dei tassi atteso e le spese connesse all’implementazione del PNRR.

Guardando al dettaglio per settore istituzionale, gli investimenti pubblici nello scenario di previsione continueranno a crescere a ritmi molto elevati, soprattutto grazie all’attuazione dei progetti inclusi nel PNRR: +10,6% nel 2024 e +8,1% nel 2025 (in termini reali).

… dopo la crescita record nel 2020-2023

La forte crescita degli investimenti italiani negli scorsi anni ha rappresentato un unicum rispetto agli altri principali partner europei: nel 4° trimestre del 2023 essi hanno infatti raggiunto un livello del 30,0% superiore a quello di fine 2019, contro il +4,5% della Francia. Sia in Germania che in Spagna, al contrario, gli investimenti fissi lordi si collocano ancora al di sotto del livello di fine 2019, rispettivamente di -4,8% e -5,1% (Grafico 7).

Il contributo alla crescita degli investimenti in Italia nell’ultimo quadriennio è stato fornito soprattutto dalle abitazioni (+16,5%), seguite da impianti e macchinari (+7,4%), fabbricati non residenziali (+3,2%) e prodotti di proprietà intellettuale (+2,6% il contributo). In prospettiva storica, l’evoluzione recente degli investimenti italiani li ha riportati poco sopra i livelli del 2007 (+1,9%), cioè prima della crisi finanziaria.

Grafico Investimenti, anche senza costruzioni Italia sopra agli altri paesi europei - Rapporto CSC primavera 2024

Componenti degli investimenti

La buona performance degli investimenti nel 2023 è dovuta principalmente alla forte crescita nel 4° trimestre (+2,4%), dopo il lieve aumento nel 3° (+0,7%) e la stagnazione nel 2°. Questo balzo è stato trainato dall’accelerazione della spesa in costruzioni: +3,8%, un tasso di variazione che non si registrava dal 1° trimestre 2022. A trainare la componente hanno contribuito sia gli investimenti abitativi (+4,2%), spinti dal Superbonus al 110% in scadenza a fine anno, sia i fabbricati non residenziali (+3,2%), plausibilmente per effetto dell’attuazione dei progetti inclusi nel PNRR. In media d’anno nel 2023, la spesa per investimenti nel settore edile è cresciuta del 3,1%, comunque in deciso rallentamento rispetto a quanto registrato nel 2022 (+11,8%).

Nel 2023 anche gli investimenti al netto delle costruzioni sono cresciuti a tassi sostenuti (+6,2% in media d’anno), grazie al traino della componente di impianti e macchinari (+6,4%), la cui performance ha beneficiato dell’ottimo recupero della spesa in mezzi di trasporto (+23,4%). Guardando alla categoria degli impianti e macchinari al netto degli acquisti di mezzi di trasporto, la crescita media annua risulta infatti dimezzata (+3,2%) e in netto rallentamento rispetto al 2022 (8,7%). A far perdere slancio al processo di accumulazione di capitale strumentale può aver contribuito il décalage degli incentivi legati al programma Transizione 4.0, con una riduzione delle aliquote del credito d’imposta per l’acquisto di beni strumentali materiali e immateriali particolarmente marcata dal 2023. Da metà anno, inoltre, su questa componente degli investimenti può aver ulteriormente pesato negativamente l’attesa di nuovi programmi di incentivazione legati all’efficientamento energetico (la cosiddetta Transizione 5.0). La debolezza degli investimenti in impianti e macchinari, al netto dei mezzi di trasporto, nella seconda parte dell’anno (-2% nel 3° trimestre, +0,5% nel 4°) può aver riflesso la decisione delle imprese di posticipare in avanti la spesa in beni strumentali, in attesa della definizione dei nuovi programmi, già annunciati durante i mesi estivi (Grafico 8).

Grafico Investimenti: trainano ancora le costruzioni, rallentano impianti e macchinari - Rapporto CSC primavera 2024

Driver degli investimenti

La spesa in impianti e macchinari è prevista rimanere debole anche all’inizio di quest’anno, per effetto dell’attesa dell’implementazione di Transizione 5.0. Questo temporaneo indebolimento è confermato dall’andamento degli indicatori congiunturali più recenti relativi al comparto: la fiducia delle imprese nel settore dei beni strumentali è diminuita nel 1° trimestre 2024 (87,6 da 88,5 nel 4° 2023), ed è stato marcato anche il calo delle attese sugli ordini (saldi delle risposte a 1,3 da 3,3 nello stesso periodo).

A partire dalla seconda metà del 2024, il taglio dei tassi di interesse, con il conseguente effetto positivo sulla dinamica del credito, l’implementazione dei nuovi incentivi governativi e del PNRR, daranno più slancio agli investimenti, specialmente quelli in impianti e macchinari, che cresceranno del 6,1% all’anno in media nel biennio 2024-25.

Il graduale depotenziamento del Superbonus avrà un impatto negativo sulla componente residenziale, attesa in forte calo nel 2024 (-5,8%) e, a ritmi ancora più intensi, nel 2025 (-11,4%). La caduta sarà solo parzialmente attutita dalla crescita della spesa in fabbricati non residenziali, grazie al progressivo avanzamento dei progetti finanziati con i fondi del PNRR.

 

2.2 Export e conti con l’estero

Lenta risalita del commercio estero

Nello scenario CSC, le esportazioni italiane di beni e servizi, dopo la quasi stagnazione del 2023 (+0,2%), torneranno a crescere nel biennio di previsione a un ritmo moderato (+2,2% e +2,5%) e inferiore a quello realizzato nel periodo pre-pandemia (+2,8%). Le importazioni, ridottesi nel 2023 (-0,5%), rimarranno deboli nel 2024 (+1,3%) e accelereranno nel 2025 (+2,4%).

Il lento recupero delle vendite all’estero è dovuto al debole contesto internazionale, in particolare all’anemica crescita nell’anno in corso nell’Area euro, principale mercato di destinazione dei manufatti italiani, solo parzialmente compensata dalla più vivace crescita americana. Le importazioni, che mostrano una dinamica ancora negativa a inizio 2024, continueranno a risentire di una domanda interna debole nell'anno in corso, soprattutto a causa del calo degli investimenti in costruzioni, e anche della dinamica moderata delle stesse esportazioni. Un contributo positivo alla dinamica delle importazioni, invece, può venire dalla crescita robusta degli investimenti in macchinari nel biennio di previsione e dal rafforzamento dei consumi nel 2025.

Resilienti le esportazioni italiane di beni

Nel 2023 gli scambi di beni hanno subito una brusca riduzione, sia dal lato dell’export (-1,5%) che dell’import (-1,6%), seppure meno marcata di quella del commercio mondiale (-1,9%). I due flussi, in uscita e in entrata, sono strettamente correlati per diverse ragioni: dipendono dalle stesse dinamiche internazionali, in particolare all’interno delle catene globali del valore, e le vendite all’estero servono anche a consentire l’acquisto di input produttivi esteri (materie prime e semilavorati, che presentano un vantaggio comparato rispetto a quelli di produzione interna).

Diversi fattori hanno influito sulla diminuzione delle esportazioni italiane: oltre al calo del commercio mondiale, il rallentamento dell’Area euro e la contrazione dell’economia tedesca (primo mercato di destinazione dei prodotti italiani), la rivalutazione dell’euro rispetto al dollaro (+3% nel 2023), la stabilizzazione dei prezzi dell’energia su livelli storicamente alti, che penalizza la competitività di prezzo delle imprese italiane e infine, lo spostamento dei consumi verso i servizi.

La dinamica delle vendite di beni all’estero è attesa sostanzialmente in linea con quella degli scambi mondiali nel biennio previsivo, nonostante le pressioni sulla competitività di prezzo e la debolezza della congiuntura europea, soprattutto nell’anno in corso.

Questo perché le imprese esportatrici italiane stanno registrando da anni una migliore performance rispetto a quella delle omologhe imprese dei principali partner europei. Dal 2019 al 2023 la dinamica dell’export italiano è stata più robusta durante le fasi di rimbalzo, dopo il crollo della domanda in seguito alla pandemia, e ha contenuto la discesa durante la contrazione della domanda mondiale nell’ultimo anno (Grafico 9).

Grafico Più resilienti le esportazioni italiane di beni - Rapporto CSC primavera 2024

Le imprese italiane hanno reagito agli shock multipli e fortemente eterogenei degli ultimi anni correggendo significativamente la composizione geografica degli scambi con l’estero, per guadagnare posizioni nei paesi di destinazione più dinamici e accessibili, assicurarsi migliori relazioni con i fornitori più affidabili e sicuri, accrescere la propria resilienza agli shock, diversificando i mercati di sbocco e/o origine delle merci. Finalità sempre più sentite, dopo i lockdown e i colli di bottiglia lungo le filiere globali registrate tra il 2020 e il 2022, e, soprattutto, in un contesto geopolitico globale sempre più frammentato e incerto.

Il caso più emblematico riguarda le forniture di beni energetici, gas e petrolio, per i quali l’Italia, così come molti paesi europei, era fortemente dipendente dalla Russia. Le quote russe sulle importazioni italiane di gas e petrolio dal mondo sono scese dal 2021 al 2023 di 23,5 punti percentuali (dal 25,7% al 2,3%). In particolare, di ben 39,5 punti per il gas (al 5,0%) e si sono azzerate per il petrolio (dall’8,8%).

È importante notare che la ricomposizione dei flussi con l’estero ha riguardato non solo queste materie prime energetiche, critiche per l’economia italiana, ma anche alcuni importanti comparti manifatturieri, come mostra un’analisi anche a livello piuttosto aggregato (prodotti a 2 digit). È fortemente diminuita la quota cinese in Italia (quasi un punto percentuale in meno dal 2022 al 2023), in particolare nei prodotti elettronici, ICT e nel comparto tessile, abbigliamento e pelle; tuttavia, hanno registrato un boom gli acquisti di autoveicoli cinesi (+154% nel 2023), mentre si sono dimezzate le rispettive vendite italiane in Cina. Le filiere farmaceutiche si sono in parte spostate dal Belgio (grande hub europeo) verso Svizzera, Paesi Bassi, USA. In generale, si è rafforzato il peso delle esportazioni italiane verso gli Stati Uniti: nel 2023 sono il secondo mercato di destinazione (quasi l’11% del totale esportato nel mondo), subito dopo la Germania (11,9%). In particolare, sono cresciute le vendite italiane negli USA nel comparto chimico-farmaceutico, nei macchinari, nei prodotti in metallo e negli apparecchi elettrici ed elettronici. Anche gli acquisti italiani dagli Stati Uniti sono aumentati, in particolare le importazioni di gas e petrolio sono cresciute di otto punti percentuali dal 2021 (partendo da un modesto 2,3%).

Il Centro Studi Confindustria ha costruito un indicatore della velocità di riconfigurazione geografica degli scambi settoriali manifatturieri in base alla variazione delle quote per prodotto/paese, calcolato come media ponderata della loro ricomposizione settoriale (somma delle variazioni in valore assoluto delle quote di import o export per paese), con pesi proporzionali ai flussi settoriali. Varia tra 0, nel caso di nessun cambiamento di origine/destinazione dei beni, e 100 nel caso teorico in cui gli scambi si reindirizzino esclusivamente verso nuovi mercati di origine/destinazione. L’analisi conferma che tale velocità è aumentata significativamente negli ultimi quattro anni, sia dal lato dell’export, sia soprattutto da quello dell’import (maggiormente esposto alle criticità nelle forniture). L’indice di riposizionamento geografico dell’export manifatturiero è aumentato da circa il 4,0% pre-pandemia al 5,3% nel 2023. L’indice per l’import dal 4,9% nel 2019, al 7,1% nel 2023 (Grafico 10).

La dinamicità delle imprese italiane nei mercati esteri è stata favorita anche da una loro presenza molto diversificata, per paese, tipologia di prodotto e come posizione lungo le catene del valore. La stessa struttura dimensionale - medio-piccola - dell’industria italiana, che rappresenta generalmente uno svantaggio competitivo, può essere invece stata un fattore di maggiore flessibilità, a fronte di shock idiosincratici.

Grafico Scambi italiani in rapido riposizionamento geografico - Rapporto CSC primavera 2024

Scambi di servizi in crescita

È proseguita anche nel 2023 la crescita degli scambi di servizi (a prezzi costanti): +4,3% l’import e +8,2% l’export, superando di oltre un quarto i livelli pre-Covid.

Si è consolidato il surplus con l’estero nei viaggi internazionali, che ha superato i livelli precedenti la pandemia (oltre +20 miliardi di euro). Registrando una crescita superiore al +16% annuo per i flussi in entrata di turismo estero e al +20% per quelli in uscita di turismo italiano all’estero (dati a prezzi correnti; Grafico 11).

Grafico Prosegue la crescita degli scambi di servizi - Rapporto CSC primavera 2024

Inoltre, l’aggiustamento dei costi di trasporto nel 2023, dopo il forte aumento dei carburanti registrato nel 2022, ha ridotto i flussi di importazioni (-4%). L’export di servizi di trasporto ha, invece, registrato una crescita anche nel 2023 (+8,2%) sebbene in rallentamento. Tale dinamica ha ridotto il deficit nel settore dei trasporti (da -17,5 nel 2022 a -15 miliardi di euro), che resta comunque più ampio dei livelli pre-pandemia (-10 miliardi). Le tensioni geopolitiche, che nel 1° trimestre 2024 hanno rallentato il passaggio delle navi in particolare attraverso il canale di Suez, fondamentale per il trasporto delle merci da e verso l’Italia, hanno comportato una forte crescita del costo dei noli marittimi (si veda il Focus n. 5), che potrebbe contribuire ad ampliare il deficit dei servizi di trasporto nell’anno in corso.

Infine, i flussi negli altri servizi (alle imprese, finanziari, informatici, ecc.), che rappresentano più della metà del totale dei servizi scambiati, mantengono una dinamica di crescita più forte rispetto alle altre componenti. Nel 2023 si è ulteriormente ampliato il deficit per gli altri servizi, raggiungendo quasi -13 miliardi di euro.

Nello scenario di previsione l’export di servizi registrerà una progressiva espansione nel biennio previsivo, grazie alle buone prospettive sia per il turismo, che per gli altri servizi.

Partite correnti in attivo

Il saldo delle partite correnti è tornato in territorio positivo da maggio 2023, rafforzando poi progressivamente il suo surplus. L’inversione di segno è stata resa possibile dalla crescita del saldo positivo delle merci, che ha più che compensato il peggioramento del deficit dei servizi (a causa degli altri servizi e dei trasporti) e dei redditi. In particolare, le passività dei redditi primari sono aumentate di quasi il 50% rispetto al 2022 a causa del balzo dei flussi in uscita dei redditi da capitale (si veda il Grafico 12).

Grafico Cresce il surplus di parte corrente - Rapporto CSC primavera 2024

Nello scenario di previsione, una dinamica eterogenea dei prezzi dell’energia (aumento del petrolio, riduzione del gas), insieme a una modesta rivalutazione del cambio, si rifletterà in un consolidamento delle ragioni di scambio nel 2024, dopo il forte recupero, seppure parziale, realizzato nel 2023. Le ragioni di scambio continueranno a migliorare nel 2025.

Nel complesso, il surplus commerciale e quello delle partite correnti si amplieranno nel biennio di previsione, restando su valori inferiori ai livelli pre-Covid.

Infine, la posizione patrimoniale netta dell’Italia con l’estero, ridottasi nel 2022 a causa dei saldi negativi, è tornata ad aumentare (+5,9% del PIL nel 3° trimestre 2023, da +4,6% a fine 2022) e tenderà a consolidarsi nel biennio previsivo grazie alla realizzazione di surplus correnti.

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