La finanza pubblica

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Forte revisione Istat sui conti della PA

A marzo l’Istat ha rivisto in peggioramento i conti pubblici degli anni scorsi. Il deficit del 2022 è stato fissato all’8,6% del PIL (dall’8,0% precedentemente stimato). La stima provvisoria sul deficit 2023 è stata corretta in modo più ampio, al 7,2% del PIL dal 5,3% previsto nella Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (NaDEF) di settembre scorso. Il maggior ricorso agli incentivi edilizi (in particolare al Superbonus) e la classificazione come “pagabili” anche dei crediti d’imposta “Transizione 4.0” hanno determinato una revisione al rialzo della spesa in conto capitale e, di conseguenza, il forte aumento dell’indebitamento netto.

In previsione un rientro del deficit

Nello scenario di previsione, l’indebitamento netto della pubblica amministrazione si attesta al 4,4% del PIL nel 2024 e al 3,9% nel 2025 (Tabella 2), sostanzialmente in linea con quanto indicato dal Governo nel quadro tendenziale del Documento di Economia e Finanza (DEF, 4,3% nel 2024 e 3,7% nel 2025).

Tabella Il quadro della finanza pubblica - Rapporto CSC primavera 2024

La previsione a legislazione vigente tiene conto degli interventi introdotti con la Legge di bilancio per il 2024 (Legge 213/2023), delle disposizioni indicate nel Decreto PNRR 4 (DL 19/2024) e delle misure urgenti, adottate a fine marzo con il DL 39/2024 in materia di agevolazioni fiscali, anche alla luce delle ultime stime Istat sui conti pubblici.

Rispetto a quanto previsto nel rapporto di ottobre scorso (3,8% nel 2024), il deficit è rivisto al rialzo di oltre mezzo punto. Agiscono in miglioramento del deficit nel biennio 2024-2025 il minor livello ipotizzato per i tassi di interesse sui titoli italiani (3,7% rispetto a 4,5% il BTP decennale) e la riclassificazione dei crediti del Superbonus come “non pagabili” a partire dal 2024. Di contro, i fattori che lo spingono al rialzo sono principalmente la rimodulazione e la piena realizzazione delle misure previste dal PNRR e la revisione al ribasso della dinamica del PIL nominale (-1,4 punti percentuali nel 2024 e -0,7 nel 2025, rispetto all’ultima NaDEF).

Dinamica positiva delle entrate

Le entrate complessive si attestano al 46,8% del PIL nel 2024 e salgono al 47,3% nel 2025, registrando una crescita nominale più lenta quest’anno (+0,7%) e più marcata il prossimo (+4,0%).

La dinamica delle imposte dirette appare alterata dall’effetto congiunto delle diverse modifiche contabili apportate negli anni alla classificazione degli incentivi edilizi: si riducono nel 2024 (-0,7%) e tornano a crescere nel 2025 (+1,6%). Le imposte indirette, che scontano l’effettiva entrata in vigore di sugar e plastic tax dal 1° luglio prossimo, registrano complessivamente un ritmo più lento rispetto agli ultimi anni (+5,0% nel 2024 e +2,1% nel 2025), per effetto di una minore inflazione e minori consumi. I contributi sociali crescono nel 2024 dell’1,5%, in frenata rispetto al 2023 (+3,0%), dovuta al rallentamento dell’occupazione nel settore pubblico, oltre che alla proroga del taglio contributivo per i lavoratori dipendenti e degli esoneri contributivi a favore di giovani e madri, così come stabiliti nell’ultima Legge di Bilancio. Nel 2025 i versamenti contributivi tornano a crescere a un ritmo più sostenuto (+7,3%), per il venire meno del taglio contributivo.

Nel suo complesso, la pressione fiscale e contributiva scende al 42,1% del PIL nel 2024, per poi risalire al 42,3% nel 2025.

Spese contenute, al netto PNRR

La spesa pubblica è stimata al 51,2% del PIL nel 2024, in forte calo rispetto al 2023 (55,0%), e stabile al 51,3% nel 2025. In termini nominali, la spesa scende quest’anno per effetto della revisione contabile dei crediti di imposta (-4,3%), per poi tornare a crescere il prossimo anno, guidata per lo più dalla realizzazione delle misure previste dal PNRR (+3,1%; si veda il Focus n. 6).

I consumi pubblici, al 17,0% del PIL nel 2024 e al 16,7% nel 2025, continuano nel complesso a calare, in termini di ratio, dopo il picco raggiunto nel 2020 (19,4%; Grafico 21). Mentre i redditi da lavoro crescono quest’anno e soprattutto il prossimo, in termini nominali (+1,2% nel 2024 e +3,0% nel 2025, dopo il -0,5% registrato nel 2023), per effetto della dinamica positiva delle retribuzioni e nonostante un calo dell’occupazione nel settore pubblico, i consumi intermedi rallentano quest’anno (+1,0%, dal +3,2% nel 2023) e si riducono il prossimo (-0,6%), scontando una dinamica più contenuta dei prezzi.

Grafico Consumi pubblici in calo - Rapporto CSC primavera 2024

La spesa per prestazioni sociali in denaro è stimata in decisa crescita quest’anno (+5,5%) guidata dalla dinamica della spesa pensionistica, che sconta gli effetti delle misure contenute negli interventi di riforma adottati negli ultimi anni e la maggiore indicizzazione all’inflazione. Per il 2025 la crescita è prevista al +2,4%.

L’incidenza sul PIL della spesa in conto capitale è in flessione al 5,3% nel 2024 (dall’8,9% nel 2023) e al 5,5% nel 2025. In virtù dell'esaurirsi della maggiore spesa per contributi agli investimenti dovuta alla riclassificazione contabile degli incentivi (-71,2%), la spesa in conto capitale è in forte riduzione quest’anno (-39,5%). Il prossimo anno è prevista rimbalzare del +7,3%, principalmente per la dinamica degli investimenti legati al PNRR (+10,4%; si veda il Focus n. 6), attenuata solo in parte dal termine, il 31 dicembre 2024, di alcune agevolazioni edilizie (come l'Ecobonus e le ristrutturazioni).

Spesa per interessi in aumento

La spesa per interessi è stimata in aumento a 88,3 miliardi nel 2024 e a 90,7 nel 2025 (al 4,1% del PIL in entrambi gli anni di previsione, dal 3,8% del 2023). Rispetto alle stime del Governo, che già scontano un calo della spesa per i titoli indicizzati all’inflazione, lo scenario di previsione include una maggiore spesa, spiegata dall’aumento dello stock di debito a prezzi correnti e il decrescente ammontare di titoli da rinnovare nel 2024-2025, nonostante i tassi in calo.

Infatti, ci si attende una riduzione del rendimento dei titoli di Stato di circa 0,4 punti nel 2024 rispetto al 2023 (BTP decennale al 3,74%, da 4,15%) e di 1,2 punti nel 2025 (al 2,55%). A fronte di un possibile taglio dei tassi di interesse da parte della BCE di circa 175 punti base nel biennio (si veda il par. 7.3), entro fine 2025 si ipotizza un conseguente calo del Bund tedesco (all’1,5%) e una riduzione dello spread Btp-Bund su livelli poco sopra il minimo raggiunto a inizio 2021.

Debito in risalita

Il debito pubblico è stimato al 139,1% di PIL nel 2024, in aumento di 1,8 punti rispetto al 2023 (Grafico 22). Per il 2025 è previsto continuare a salire di 2,1 punti, al 141,1% del PIL. Dinamica in risalita confermata dal Governo che nel DEF, però, stima un debito più basso: al 137,8% del PIL quest’anno e al 138,9% il prossimo.

Grafico Debito pubblico in risalita per interessi e riclassificazioni contabili - Rapporto CSC primavera 2024

Sull’aumento del rapporto debito/PIL agiscono principalmente due fattori:

1) l’effetto snowball, ossia la componente legata alla differenza tra costo medio del debito (3,1% nel biennio) e tasso di crescita nominale (+2,8% e +2,9%), che torna ad essere positiva dopo 3 anni. Cioè, l’aumento della spesa per interessi risulta più forte rispetto al contributo della crescita reale e dell’inflazione, in entrambi gli anni della previsione. Nello scenario del Governo l’effetto snowball invece rimane negativo perché assumono un tasso di crescita nominale più elevato grazie a un deflatore del PIL al 2,6% e al 2,3% nel biennio (contro l’1,8% del CSC nei due anni). Di conseguenza, la loro componente snowball riduce significativamente il rapporto debito/PIL;

2) l’aggiustamento “stock-flussi” che, come indicato nel DEF, è in aumento nel biennio di previsione all’1,1% e al 2,1% del PIL per la riclassificazione contabile come “pagabili” dei crediti d’imposta, che sconta effetti immediati sul deficit (criterio di competenza) e distribuiti negli anni seguenti sul debito (criterio di cassa; si veda il Focus n. 1). Aumento solo parzialmente compensato dalle privatizzazioni annunciate dal Governo nella NaDEF 2023 e rinviate a partire dal 2025 nel DEF 2024 (-0,2 punti).

Inoltre, il saldo primario, nonostante nello scenario di previsione passi da appena negativo (-0,2% di PIL) ad appena positivo (+0,2%), resta di importo ancora troppo limitato per poter incidere significativamente sulla variazione del debito nel biennio.

Infine, l’andamento del debito pubblico sarà influenzato dall’introduzione delle nuove regole europee del Patto di Stabilità e Crescita (si veda il Focus n. 3) e dalla probabile apertura di una procedura di infrazione per deficit eccessivo, dato che l’indebitamento netto rimane superiore al limite del 3% previsto ancora dalle nuove regole fiscali.

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