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L’Italia deve crederci: investiamo sulla “Filiera Futuro”
venerdì 13 Giugno 2025

Alessia Passacantilli

Adviser

Policy Giovani Imprenditori

Silvia Tartamella

Specialist

Senior Editor L'Imprenditore

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Cambiare passo e scommettere sul futuro. Ma questa volta facendolo per davvero. Dal palco del 54° Convegno Nazionale di Rapallo la presidente dei Giovani Imprenditori Maria Anghileri ha chiesto un impegno formale al governo e ai partiti per trasformare l’Italia in un paese che crede nei suoi giovani.

Giovani che nel mondo vivono destini molto diversi – esplicito il richiamo in apertura della relazione ai conflitti in corso in Ucraina e a Gaza –, giovani che in Italia e in Europa sono accomunati dal senso di smarrimento per una promessa di pace e di prosperità che appare sempre più disattesa. Di fronte a questo scenario Anghileri ha chiesto di reagire, abdicando alla politica della manutenzione ordinaria e scegliendo con coraggio di rendere l’Ue finalmente un paese pro-impresa. Come? “L’entrata in vigore del 28° Regime unificato sarebbe davvero una rivoluzione per le Pmi e le startup – ha sottolineato la presidente –   che potrebbero operare in tutti e 27 gli Stati dell’Ue con le stesse regole commerciali e fiscali”. L’obiettivo dei Giovani Imprenditori è restare e fare industria in Europa.

La ricetta contenuta nei Rapporti Draghi e Letta necessita di un ritmo di marcia differente, che non sia prigioniero dei cosiddetti “paesi riluttanti” ma prenda esempio da quanto già fatto con la moneta unica, adottata oggi da 20 su 27 Stati membri (che dal 1° gennaio 2026 diventeranno 21 con l’adozione dell’euro da parte della Bulgaria).

All’Italia – e ai suoi rappresentanti politici e istituzionali seduti in platea – la presidente Anghileri ha ricordato il Dna profondamente industriale del Paese, che si traduce in 626 miliardi di export realizzato con la meccanica, la metallurgia, la moda, gli autoveicoli, l’agroalimentare, la chimica e la farmaceutica. Ma la seconda manifattura d’Europa, senza visione strategica, rischia di galleggiare per altri 20 anni.

Una prospettiva irricevibile per i Giovani Imprenditori, che chiedono tre cose: 1) un abbassamento strutturale del costo dell’energia, fra i più alti al mondo; 2) un abbassamento della pressione fiscale, oltre il 41%, che ci colloca al terzo posto fra i paesi Ocse; 3) un abbassamento del cuneo fiscale e contributivo, oggi al 47,1%, ben 12 punti in più della media Ocse.

“L’Italia – ha denunciato la presidente Anghileri dal palco di Rapallo – sta infrangendo il patto fra generazioni e la responsabilità è collettiva”.

Non potrebbe essere diversamente se, parlando a proposito delle spese annuali delle Pubbliche amministrazioni, Anghileri ricorda che “le risorse destinate a spese ‘per il futuro’ sono poche rispetto a quelle dedicate al mantenimento dello status quo. Su oltre 1.100 miliardi di spesa al 2023, soltanto il 9% è dedicato a istruzione, ricerca e sviluppo”.  Decisamente troppo poco.

Si tratta di una strategia miope, che premia in termini di voti ma non costruisce futuro. La dimostrazione di questo fallimento sta in pochi dati: negli ultimi dieci anni l’Italia ha visto partire 367mila giovani (di cui 97mila laureati) e 153mila imprese guidate da under 35; senza dimenticare i circa due milioni di giovani che oggi non studiano e non lavorano. Bisogna invece comprendere che “l’Italia ha bisogno dei suoi giovani più di quanto questi abbiano bisogno di lei”, ha sottolineato.

Per interrompere questa emorragia e, allo stesso tempo, offrire una prospettiva concreta ai giovani che vivono nel nostro Paese, la presidente Anghileri ha chiesto di impegnarsi per costruire una vera e propria “Filiera Futuro”, ovvero raddoppiare entro i prossimi dieci anni gli investimenti pubblici destinati a istruzione, natalità, innovazione e giovani imprese. In assenza di servizi stabili, è stato l’avvertimento di Anghileri, “continueremo a regalare ai nostri concorrenti collaboratori e nuovi imprenditori, che poi costruiranno altrove le proprie famiglie”. E le culle sempre più vuote che oggi il nostro Paese registra – nel 2024 si è avuto un ulteriore calo a 370mila bambini, con un tasso di fecondità pari a 1,18 figli per donna – sono destinate a tradursi, un domani, in aziende altrettanto vuote.

Dare voce ai giovani nel Paese, dunque; una ricetta che, declinata sulle necessità di chi fa impresa, significa promuovere la competitività e sostenere la crescita delle aziende, con un’attenzione particolare a chi parte da zero.

C’è quindi bisogno di prodotti bancari più adatti, che considerino le potenzialità e non solo le garanzie e c’è bisogno parimenti di supportare la crescita dimensionale delle imprese. “Una nostra ossessione”, ha sottolineato la presidente, forte del dato secondo il quale ben sei Giovani Imprenditori su dieci puntano a creare nuovi rami d’impresa nei prossimi cinque anni. Questo percorso va accompagnato: non bastano le semplificazioni fiscali, di cui pure Anghileri ha reso merito al governo, ma servono scelte più coraggiose sulla Ires premiale, che vadano effettivamente a premiare gli imprenditori virtuosi che reinvestono gli utili in azienda.

Nella relazione introduttiva alla due giorni di Rapallo, Anghileri ha dedicato spazio anche al tema della formazione, puntando su un modello che metta insieme cultura umanistica e cultura scientifica e che trasformi le università, italiane ma anche europee, in poli di attrazione per ragazze e ragazzi di tutto il mondo; un obiettivo che oggi potrebbe essere più raggiungibile, anche grazie alle politiche restrittive adottate dall’amministrazione Trump nei confronti dei suoi più celebri atenei.

Alle donne e al ruolo fondamentale che rivestono per l’Italia sono dedicati i passaggi conclusivi, nei quali la presidente Anghileri ha ricordato come la competitività di un Paese si misuri anche dai servizi che questo mette a disposizione delle famiglie. “In Italia mancano al lavoro tre milioni di donne” e, ha spiegato, in parte questo fenomeno è dovuto all’impegno in attività di cura che molte di loro hanno nelle proprie famiglie: “Nessun problema quando la cura familiare è una scelta libera. Ma quando la scelta è obbligata per mancanza di alternative, diventa un lavoro senza salario, senza contributi e, un domani, senza pensione”. L’ambizione di costruire un grande sogno italiano passa anche qui.

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