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Il tempo della cautela รจ finito.
LโEuropa si trova davanti a una sfida esistenziale: mentre Stati Uniti e Cina proteggono le proprie industrie e investono con decisione nelle nuove tecnologie, noi restiamo prigionieri di regole, vincoli e ideologie che rischiano di soffocare crescita e lavoro.
La corsa ai sussidi e le tensioni globali stanno minando la tenuta del nostro sistema produttivo e del nostro modello sociale. O saremo capaci di unire davvero โ e non solo a parole โย competitivitร e decarbonizzazione, oppure vedremo assottigliarsi la nostra base industriale, i salari e la coesione sociale, mettendo a repentaglio lโidea stessa di Europa.
Crediamo nei valori dellโUnione, convintamente. Ma lโobiettivo di ridurre del 90% le emissioni entro il 2040, nelle condizioni attuali, non รจ realistico.ย Senza una strategia industriale comune, la transizione ecologica si รจ giร trasformata inย deindustrializzazione. Il motore industriale europeo si sta spegnendo, proprio mentre le altre grandi potenze portano avanti muscolari politiche industriali e commerciali.
I numeri contano: lโEuropa pesa per il 6% delle emissioni globali ma impone un prezzo alla CO2 anche fino a 4-6 volte piรน alto di quello delle poche altre aree in cui essa si paga. Tre grammi di CO2 su quattro sono emessi nel mondo senza alcun onere. Abbiamo apprezzato la chiarezza del Governo italiano nel porre con forza il tema dellโenergia competitiva e della neutralitร tecnologica, ma ci preoccupano i continui rinvii della Commissione europea ancorata a visioni del passato, che non spingono il Consiglio Europeo nella giusta direzione, con la necessaria rapiditร .
La transizione non puรฒ ridursi a una zelante battaglia donchisciottesca, in cui non ci si accorge neanche che i mulini a vento hanno le pale made in China. Servono prima condizioni economiche, industriali e infrastrutturali sostenibili, poi obiettivi ambientali graduali e verificabili.
Paghiamo lโenergia fino al doppio dei nostri concorrenti internazionali. Senza un piano per ridurre i costi e garantire energia pulita adatta alle nostre imprese, rischiamo di far scappare investimenti e aziende, lasciando qui solo bollette e buone intenzioni.
Servono regole comuni, una fiscalitร piรน equa e una veraย neutralitร tecnologica. Se vogliamo davvero competere dobbiamo poter usare tutte le carte sul tavolo: nucleare, biocarburanti, idrogeno, ibrido.ย LโETSย รจ stato mal gestito e da potenziale soluzione allโavanguardia, si รจ trasformato in una mera tassa โ lโennesima – sul lavoro, sulle imprese e sullโenergia. Una tassa che, paradossalmente, si rafforza nellโassenza di tecnologie mature e pronte allโuso.
Con lโETS1 ancora in fiamme, Bruxelles giร affila lโETS2,ย con oneri aggiuntivi per miliardi di euro su famiglie e piccole imprese: agitando lo spettro di una CO2 a peso dโoro per ogni ora di riscaldamento acceso, per ogni chilometro percorso in auto.
Questi nuovi strumenti vanno testati prima di entrare in vigore, come facciamo in fabbrica con i macchinari. Non ci sono margini di errore o scuse postume: non possiamo eliminare le quote gratuite dallโETS senza sapere se il risultato sarร la de-industrializzazione; non possiamo introdurre il CBAM โ lo strumento di aggiustamento del carbonio alle frontiere โ costruito per metร , rischiando di chiudere le nostre economie dentro un muro, che bloccherร la crescita, lโexport e favorirร le delocalizzazioni.
Difendere lโindustria significa difendere il lavoro, lโinnovazione, le competenze: in una parola il modello democratico e sociale in cui siamo cresciuti e in cui vogliamo continuare a vivere migliorandolo.
Il settoreย automotiveย รจ il primo banco di prova della credibilitร europea: non staremo a guardare mentre una delle nostre principali filiere viene immolata sullโaltare della piรน miope burocrazia conformista. Le regole per auto e furgoni vanno riviste e devono essere riscritte anche quelle per i mezzi pesanti.
Nel prossimoย trilaterale tra Confindustria, Medef e BDI, le tre principali associazioni industriali europee, porteranno avanti una visione comune diย competitivitร e crescita, per restituire allโEuropa la capacitร di produrre valore, innovazione e occupazione di qualitร .
Dobbiamo avere ilย coraggio di rivedere le scelte sbagliateย per costruire un futuro economico, ambientale e sociale piรน equilibrato.
Gli Industriali Italiani, con forza e con una sola voce si uniscono a quanti chiedono alla Commissione e ai Governi nazionali, a cominciare da quello italiano, di intervenire insieme con coraggio e rapiditร .ย Senza una politica industriale โ e quindi sociale โ comune e una visione coesa di lungo periodo, non ci sarร transizione che tenga, nรฉ futuro che possa dirsi davvero europeo.















