Rapporto Esportare la dolce vita 2023
mercoledì 7 Giugno 2023

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Il business unusual diventa la norma?

Una pandemia globale, lockdown, interruzione delle catene di approvvigionamento internazionali, guerra in Europa, prezzi del gas alle stelle, inflazione elevata, politiche monetarie restrittive (soprattutto nei paesi avanzati). Tutto questo è accaduto solo negli ultimi tre anni e l’elevato grado di incertezza persiste, perché difficilmente si tornerà al business as usual pre-pandemia. Tuttavia, l’economia mondiale potrebbe avviarsi verso un graduale recupero dopo gli shock della pandemia e dell’invasione russa dell’Ucraina. La Cina è in forte ripresa in seguito alla riapertura della sua economia e le interruzioni lungo le catene di approvvigionamento si stanno attenuando, mentre gli squilibri nei mercati dell’energia e di alcuni beni alimentari e di altre materie prime causati dalla guerra stanno regredendo. Contemporaneamente, la massiccia restrizione monetaria sincronizzata da parte di larga parte delle banche centrali dovrebbe iniziare a produrre l’effetto desiderato di riportare la dinamica dei prezzi più vicina agli obiettivi.

I tassi d’interesse alti sono un fattore di rischio soprattutto per gli emergenti

L’austerità monetaria dei paesi avanzati può diventare un fattore di rischio per alcune economie emergenti, soprattutto quelle caratterizzate da vulnerabilità strutturali, come squilibri nei conti pubblici e/o nelle partite correnti. Il differenziale dei rendimenti può, infatti, tradursi in fughe di capitali e improvvise svalutazioni dei tassi di cambio. In alcuni paesi già si manifestano sintomi di fragilità, ad esempio in Argentina, Iran e Turchia, dove le rispettive valute si sono deprezzate notevolmente.

Aumenta il rischio di un mondo diviso in blocchi

L’invasione russa dell’Ucraina potrebbe produrre danni agli scambi internazionali ben oltre quelli già gravissimi legati alle sanzioni imposte alla e dalla Russia e all’impossibilità di commerciare nelle aree interessate dalle operazioni belliche. Di fatto, in Europa si sta erigendo una nuova frammentazione geopolitica che, anche in caso di fine delle ostilità, sembra destinata a restare a lungo a causa della profondità delle ferite provocate dal conflitto. La guerra ha inoltre acuito le tensioni tra USA e Cina poiché quest’ultima ha compensato la chiusura degli scambi commerciali tra blocco occidentale e Russia; le tensioni potrebbero poi inasprirsi se dovesse precipitare la già tesa situazione a Taiwan.

L’evoluzione tecnologica continua inesorabilmente a produrre effetti

Vendite online, stoccaggio sempre più massivo di informazioni su piattaforme digitali, riduzione degli spostamenti fisici delle persone, affiancamento dei social media ai mass media sono alcuni dei fenomeni che, da oltre 25 anni e maggiormente con la pandemia, continuano a crescere d’intensità e di importanza, ponendo sfide inedite ai modelli di produzione e di vendita. In primis, diviene cruciale la rapidità di adattamento richiesta alle imprese come fattore di resilienza per continuare a operare sui mercati internazionali. Il cambiamento tecnologico ha fatto, inoltre, emergere colossi e giganti del web che operano su scala globale con posizioni di rendita monopolistiche difficilmente scalfibili, almeno nell’immediato, da altri operatori economici (Grafico A).

L’Italia ha limitato i danni della pandemia facendo leva sulla competitività…

Nei comparti afferenti al “bello e ben fatto” (BBF) durante il triennio 2018-2020 l’Italia ha visto ridursi le sue quote per un effetto composizione del paniere di esportazioni che nel periodo considerato ha premiato invece Germania, Giappone e Paesi Bassi. Tuttavia, il calo delle quote è stato contenuto da un effetto competitività e di bilanciamento del paniere verso destinazioni geografiche di maggiore peso. Il miglioramento competitivo si è espresso soprattutto nel potere applicare prezzi più elevati, ad esempio rispetto alla Cina che invece continua a incontrare nei prezzi un effetto zavorra per la valorizzazione delle proprie esportazioni.

… insieme alla diversificazione del paniere di prodotti esportati

L’Italia esporta il 99% degli oltre 5.000 prodotti scambiati al mondo, e con la stessa proporzione i quasi 1.400 prodotti finali di consumo. L’Italia è seconda solo alla Cina per varietà di prodotti esportati nel comparto del BBF.

La qualità resta la chiave per distinguersi dai concorrenti

A difendere i beni BBF dalla durissima concorrenza sui prezzi è l’elemento qualitativo distintivo, che li colloca in un ambito di mercato diverso rispetto ad altri beni formalmente classificati nelle medesime categorie merceologiche. Si tratta, infatti, di prodotti che in molti casi fanno mercato a sé, collocandosi in ambiti in cui opera un numero ridotto di concorrenti, per lo più collocati in paesi avanzati con strutture di costo simili a quelle italiane. In questo senso, i beni BBF esportati dall’Italia (caratterizzati dall’orientamento a un consumatore evoluto, dall’attenzione alla qualità e dal trasferimento di un valore emozionale) competono con quelli prodotti dai concorrenti più sviluppati, operando in nicchie protette da paesi che presentano un livello di costi minore.

Il BBF può fare affidamento su un network resiliente

L’allineamento geografico fra la rete di investimenti e la rete di commercio fornisce un’indicazione importante sul livello di esposizione agli shock esterni. La distribuzione geografica delle quote di esportazioni dei comparti del BBF, insieme alla percentuale di partecipazioni societarie in entrata e in uscita, mostra una rete di paesi solida sia sotto il profilo della stabilità economica che delle relazioni internazionali. Soltanto i paesi dell’UE nel 2022 hanno contato per il 46% delle esportazioni di BBF e per il 37,5% delle imprese italiane controllate dall’estero. Anche gli USA svolgono un ruolo molto importante nei comparti del BBF, contando per il 13,3% delle esportazioni e il 18,7% delle partecipazioni in imprese italiane controllate dall’estero. Tra gli emergenti la Cina ha un peso soprattutto come meta di destinazione degli investimenti di imprese italiane sotto forma di partecipazione in imprese cinesi.

Il BBF continua ad essere leva di competitività per il made in Italy

La facilità di riconoscere l’italianità come caratteristica di un prodotto e di apprezzarla si è affermata nel tempo in tutto il mondo, motivo per cui i consumatori sono disposti a riconoscere un valore superiore a un bene made in Italy piuttosto che a quello prodotto da un competitor, e di conseguenza a pagare di più per averlo. Il BBF e i suoi tratti distintivi sono la bandiera dell’italianità nel mondo (Grafico B). Questa categoria di prodotti racchiude in sé tutti quei beni che rappresentano l’eccellenza italiana in termini di design, cura nei dettagli, qualità dei materiali e delle lavorazioni. Si tratta di prodotti di elevata qualità che si distribuiscono in tutti i comparti produttivi, e che trovano la loro massima espressione nelle produzioni maggiormente legate al gusto e alla creatività. Da questo punto di vista il BBF è l’espressione più facilmente riconoscibile del made in Italy, riprendendo i tratti più caratteristici dell’ heritage culturale dell’Italia, delle sue tradizioni, dei suoi paesaggi e delle sue opere d’arte, contribuendo a comporre l’immagine dell’Italia produttiva. In questo senso il “bello e ben fatto”, oltre a rappresentare una quota importante dell’export italiano nel mondo, fa da volano a tutte le esportazioni italiane, avendo un valore non solo economico, ma anche immateriale.

Il BBF vale oltre 122 miliardi di euro

Il BBF rappresenta una significativa parte delle esportazioni complessive dell’Italia ed è trasversale a tutti i principali comparti dal made in Italy, seppure in maniera più marcata nei settori afferenti alle “3F” di Fashion, Food, Furniture. Le eccellenze italiane si dirigono prevalentemente verso i mercati avanzati, che insieme ne assorbono circa 104 miliardi di euro. Ammonta invece a oltre 19 miliardi di euro il quantitativo di eccellenze esportato verso i paesi emergenti che, per il loro dinamismo (sia sul piano demografico che su quello economico), e nonostante il loro peso ancora limitato, offrono margini di crescita relativamente maggiori. Il Grafico C offre a colpo d’occhio la distribuzione geografica del BBF italiano nel mondo.

C’è un margine potenziale di incremento delle esportazioni pari a 96 miliardi di euro

L’analisi contenuta nel Rapporto consente di ottenere una misura del potenziale dell’export italiano nell’ambito del BBF, rispetto alla quale valutare il margine di miglioramento delle posizioni fin qui acquisite. Il potenziale è calcolato valutando il possibile ampliamento delle attuali quote di mercato rispetto a quelle dei concorrenti che, per struttura dei costi di produzione e qualità dei prodotti esportati, hanno caratteristiche simili a quelle dell’Italia. Il potenziale si ripartisce per oltre tre quarti nei paesi avanzati (74 miliardi di euro) e per la restante parte negli emergenti (22 miliardi di euro).

Paesi avanzati ed emergenti pongono sfide diverse

I paesi avanzati rappresentano mercati più grandi e domandano con maggiore intensità i beni del BBF (il loro reddito pro-capite è più alto), essendo l’Italia storicamente più legata alla sfera delle economie occidentali. Le economie mature di tali paesi hanno, però, trend demografici ed economici poco dinamici e la crescita si ottiene cercando di erodere quote di mercato ai concorrenti o, alternativamente, non perdendone: in contesti di ampi volumi, anche tassi di crescita poco elevati possono rappresentare un grande guadagno e una forte espansione per le imprese, soprattutto se di dimensioni piccole o medie. I paesi emergenti hanno invece un peso più esiguo sul commercio mondiale, ma sono in continua espansione ormai da due decenni e con prospettive di crescita più rapide rispetto ai paesi avanzati. Tuttavia, molti mercati emergenti presentano criticità legate sia alla stabilità economica sia all’incertezza sulle tendenze geopolitiche in atto.

Una panoramica dei principali mercati per potenziale

La realizzazione effettiva del potenziale passa attraverso la penetrazione commerciale nei paesi e nei comparti dove i margini di crescita sono maggiori. Ogni mercato geografico di sbocco presenta delle peculiarità sia in termini di comparti a più elevato potenziale, sia in termini di concorrenza. Un quadro sintetico è illustrato nella Tabella A, dove si riportano, per i primi cinque mercati avanzati e i primi cinque emergenti in termini di potenziale, i settori che contano di più e i principali concorrenti dell’Italia in tali mercati.

A fare da volano alle esportazioni nei paesi avanzati è la forte condivisione di gusti e standard che riflettono una sostanziale affinità dei contesti culturali. Si tratta anche dei principali paesi con cui l’Italia tesse relazioni economiche, politiche e strategiche, e con cui i legami geoeconomici sono particolarmente intrecciati. I paesi più importanti sono Stati Uniti (22,6 miliardi di euro), Germania (5,7 miliardi) e Corea del Sud (4,7 miliardi). I settori che vi esportano maggiormente sono quelli legati alle “3F”, mentre i concorrenti che più ricorrono Cina e Francia.

Tra le economie emergenti i mercati principali sono la Cina (2,4 miliardi di euro), l’Arabia Saudita (2,0) e il Qatar (1,4). Oltre ai settori legati alle “3F” compare in questo caso anche la Nautica, particolarmente fiorente in paesi dove è presente una classe di popolazione caratterizzata da spesa elevata. Anche nei paesi emergenti, i due principali competitor delle imprese italiane sono Francia e Cina.

La Russia è un mercato che si attesterebbe al secondo posto per potenziale sfruttabile nella classifica degli emergenti, ma a seguito dell’invasione dell‘Ucraina non è pensabile che gli scambi possano intensificarsi.

In generale è interessante notare come le recenti tendenze stiano spostando maggiormente il baricentro del potenziale verso le economie avanzate rispetto ai paesi emergenti. In particolare, il potenziale della Cina si è ridotto lievemente rispetto all’edizione di EDV 2021, poiché sembra essersi affievolita l’intensità del commercio cinese con partner economici simili all’Italia le cui esportazioni potrebbero trovare un’alternativa nel made in Italy. Tali tendenze potrebbero rafforzarsi ulteriormente per le tensioni geopolitiche in atto. D’altra parte, tra gli emergenti occupano sempre più spazio i paesi della penisola arabica, dove si vende il top di gamma del BBF.

L’Asia non è solo Cina, anche i paesi ASEAN mostrano un potenziale significativo

Le esportazioni italiane per i beni del “bello e ben fatto” hanno, infatti, trovato grande dinamicità ed elevati tassi di crescita verso i paesi ASEAN. Nonostante l’impatto della crisi sanitaria abbia significativamente rallentato le vendite di BBF in questi paesi, registrando una perdita di quasi il 25%, la ripresa post-pandemica dell’export di BBF verso questi mercati ha garantito un ampio recupero delle esportazioni che sono cresciute del 32,2% in media all’anno tra il 2021 e il 2022. Questi ultimi valori hanno fatto sì che l’export italiano di BBF nel 2022 verso gli ASEAN raggiungesse gli 1,6 miliardi di euro. È lecito attendersi che la crescita della domanda di BBF da parte di questi paesi continui sostenuta nei prossimi anni, considerata anche la centralità del Sud-Est asiatico nelle strategie di diversificazione delle imprese internazionali che stanno progressivamente puntando non più solo alla Cina.

Singapore, Malesia e Thailandia svettano per l’export di BBF tra gli ASEAN

Singapore rimane il primo mercato ASEAN per l’export di BBF, rappresentando il 35,3% delle esportazioni nell’area considerata. La città-stato, caratterizzata da una delle popolazioni più abbienti al mondo con un’elevata capacità di spesa e gusti internazionali, ha importato nei suoi confini beni BBF per un valore circa di 562 milioni di euro solo nel 2022. La domanda di prodotti italiani potrà, inoltre, godere di un flusso turistico previsto in forte crescita nel 2023. Rispetto agli anni passati, tuttavia, il peso del paese per l’export di BBF è andato diminuendo in favore di destinazioni in rapida crescita, tra cui anche Malesia e Thailandia. La crescita dell’export verso la Malesia – paese caratterizzato da un’ampia classe media con livelli di reddito disponibile relativamente elevati – è stata guidata soprattutto dal settore della Gioielleria-oreficeria dove le vendite nel 2022 sono state pari a oltre 90 milioni di euro. La Thailandia, che conta su un settore turistico particolarmente sviluppato, redditi in aumento e un sempre maggiore livello di urbanizzazione, lo scorso anno ha importato beni del BBF per un valore pari a 336 milioni di euro, principalmente nei comparti di Pelletteria, Alimentare e bevande e Gioielleria-oreficeria.

La qualità dei beni italiani spiazza la concorrenza ma deve confrontarsi con insidiose barriere all’ingresso

In generale, i prodotti italiani incontrano una concorrenza meno forte da parte dei player asiatici rispetto a quelli occidentali, sia relativamente all’export totale che per quanto concerne il sottoinsieme BBF, elemento che mitiga lo svantaggio competitivo derivante dalla maggiore integrazione commerciale tra i paesi della regione. Tuttavia, l’accesso ai mercati ASEAN da parte delle imprese italiane trova spesso ostacoli nelle barriere tariffarie. Queste, sotto forma di imposte ad valorem, fanno aumentare il prezzo dei beni importati e commercializzati nelle aree considerate. Ciò è particolarmente vero per i prodotti del BBF, soggetti a dazi solitamente superiori alla media dei prodotti importati dai paesi ASEAN, specialmente in Indonesia e nel Laos. Un ulteriore ostacolo alle esportazioni di BBF verso gli ASEAN è rappresentato dalle misure non tariffarie (NTM) che comportano costi non indifferenti per le imprese italiane.

Guerra, inflazione e tassi di interesse fanno peggiorare il rischio di credito a livello globale

Le tensioni internazionali legate al conflitto in Ucraina, l’aumento dei prezzi e le politiche monetarie restrittive hanno contribuito a deteriorare il quadro economico globale che ancora scontava gli effetti negativi legati alla crisi pandemica. L’insieme di questi fattori ha causato un indebitamento più elevato sia per il settore pubblico sia per quello privato che, a loro volta, hanno indotto un peggioramento generalizzato nel rischio di credito. Per comprenderne le implicazioni, l’analisi del potenziale si accompagna a quella del rischio che ciascun mercato presenta (Grafico D). Non sorprende il posizionamento così elevato di Russia e Ucraina nella scala di rischio di credito essendo i due paesi direttamente coinvolti nel conflitto. Rimangono piuttosto sicuri i paesi avanzati, che peraltro rappresentano la destinazione più rilevante per le esportazioni di BBF, dove le economie più strutturate stanno consentendo, nonostante le difficoltà, una maggiore stabilità.

La sostenibilità acquisisce un ruolo centrale nel perseguire il potenziale

Il riconoscimento da parte delle massime istituzioni mondiali e italiane, chiaramente definito con l’Agenda 2030 e l’Accordo di Parigi, della necessità di un capovolgimento del paradigma economico che ponga al centro lo sviluppo sostenibile, apre le porte a un nuovo modo di fare impresa. Non è infatti più sufficiente che le imprese mirino alla massimizzazione del profitto, ma è necessario che queste acquisiscano consapevolezza dell’impatto delle loro scelte sull’ambiente e che pertanto migliorino la gestione delle risorse (naturali, finanziarie e umane) senza mai sfruttarle in maniera così intensiva da compromettere il benessere delle generazioni presenti e future. Sostanzialmente sarà, e già è, compito delle imprese quello di perseguire la massimizzazione del valore nel lungo periodo.

L’interesse dei consumatori per la sostenibilità è un fattore non più trascurabile

Per conquistare nuove quote di mercato e garantirsi la fedeltà degli attuali consumatori non si potrà trascurare il grado di sostenibilità dei prodotti venduti. È infatti dominante la porzione di consumatori, quasi il 70%, che prendono in considerazione la sostenibilità nelle proprie scelte di acquisto. Inoltre, si commetterebbe un grave errore nel ritenere tale fenomeno passeggero, in quanto questa tendenza non sembrerebbe essere stata messa in discussione neanche dalle più gravi turbolenze economiche che hanno caratterizzato gli ultimi anni.

La sostenibilità di un’impresa dovrebbe partire dalle sue potenzialità

L’integrazione delle tre dimensioni dello sviluppo sostenibile (ambientale, sociale ed economica) all’interno dei processi dell’azienda richiede l’adozione di strategie volte a definire gli obiettivi di sostenibilità di medio periodo e la strada per raggiungerli, partendo dalle proprie vocazioni e specificità e cercando di valorizzare quanto già è stato fatto. L’adozione di un percorso virtuoso di integrazione della Corporate Social Responsibility (CSR) richiede alle imprese di integrare gli obiettivi strategici di sostenibilità con i propri piani industriali e di valutarne l’effettivo stato di avanzamento e miglioramento facendo affidamento su un adeguato sistema di monitoraggio interno, attraverso una rendicontazione dei risultati raggiunti nelle proprie performance CSR. Una loro corretta comunicazione permetterebbe all’impresa di suscitare l’interesse di svariate categorie di clienti, soprattutto di investitori e finanziatori, e apporterebbe considerevoli benefici alla brand reputation.

I canali di vendita digitale e la riconoscibilità del made in Italy rimangono gli strumenti chiave per realizzare il potenziale

In un mondo sempre più connesso e dove il commercio online continua a crescere rapidamente, rafforzare i canali di vendita digitale, sia che implichi promuovere la presenza del BBF sui canali esistenti, sia che significhi farlo su nuovi, è di vitale importanza. Non presidiando questi “mercati virtuali” si accumulerebbe uno svantaggio competitivo difficile, se non impossibile, da colmare. Tramite questi canali, ma non solo, è possibile promuovere la creazione di marchi anche per le piccole e medie imprese italiane. La riconoscibilità del made in Italy potrebbe inoltre essere valorizzata incoraggiando la creazione di reti e consorzi di imprese volti a estrarre maggior valore dalle catene globali del valore e miranti a superare il sottodimensionamento dell’imprenditoria italiana in molti comparti.

Gli accordi sono la chiave per il rafforzamento dei canali commerciali

Le straordinarie performance dell’export italiano nel mondo sono anche riconducibili ai numerosi accordi commerciali che l’Europa, e di conseguenza l’Italia, ha sancito negli anni. La promozione di nuovi trattati europei e il rinsaldamento dei legami UE-USA possono contribuire alla stabilizzazione delle relazioni internazionali di cui l’Italia non può fare a meno per fronteggiare una concorrenza crescente. L’integrazione dei mercati agevola gli scambi e in Asia di recente è stata istituita la più grande area di scambio al mondo, il Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP). Altrettanto fondamentali per la performance dell’export BBF sono gli accordi di libero scambio (Free Trade Agreements – FTAs) che, soprattutto nei mercati ASEAN, aiutano le imprese italiane a superare le barriere tariffarie e non. Infine, nei paesi con i quali non ci sono FTAs con l’UE, è importante proseguire pragmaticamente il dialogo a livello bilaterale per superare le barriere e gli ostacoli di accesso al mercato (Tabella B).

Il BBF tra contraffazione e Italian sounding

La qualità dei prodotti italiani e la loro ottima reputazione in tutto il mondo li rende oggetto di imitazione. Il richiamo all’estetica made in Italy consente di poter applicare prezzi di vendita maggiori senza rispecchiarne il valore intrinseco a causa della scarsa qualità dei materiali e l’esigua accuratezza delle lavorazioni. Secondo un rapporto dell’OECD, le imprese che più imitano il BBF si trovano principalmente in Cina, Turchia e Hong Kong. L’elevata perdita di quote di mercato legata alla contraffazione ne rende urgente il contrasto. I prodotti italiani devono poi essere tutelati da un ulteriore fenomeno altrettanto dannoso ma legale, contrariamente alla contraffazione, ossia l’Italian sounding. Questo consiste nell’evocare l’idea della qualità dei prodotti italiani sulle etichette e sulle confezioni tramite l’utilizzo, senza appunto cadere in pratiche illegali, di denominazioni, riferimenti geografici, immagini, combinazioni cromatiche e la riproduzione di marchi simili agli originali. Le conseguenze di queste pratiche sono particolarmente nocive e rappresentano uno dei maggiori ostacoli al pieno dispiegarsi del potenziale dell’alimentare made in Italy. Le azioni che si possono intraprendere per ridimensionare il problema passano dal rafforzamento della tutela delle indicazioni geografiche all’interno degli accordi di libero scambio all’utilizzo di più efficaci campagne di marketing che aiutino a riconoscere il marchio made in Italy.

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