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Il focus dell’audizione del Centro Studi Confindustria sul DFP 2025 è stato principalmente sulle conseguenze dei dazi Usa.
L’Export verso gli Stati Uniti, che attiva il 7% della produzione manifatturiera italiana in modo diretto e indiretto, ha dato il contributo maggiore all’aumento dell’export negli ultimi 5 anni. La decisione di Trump sui dazi è storica e comporta una profonda revisione della struttura degli scambi e della produzione a livello globale.
Le previsioni di Confindustria sul PIL 2025 e 2026 non sono lontane da quelle del DFP. Ma con i dazi al 20%, secondo il CSC, la crescita del PIL sarebbe più contenuta (0,3% nel 2025 e 0,6% nel 2026). In questo scenario le imprese rinviano gli investimenti per domanda debole, alti costi del credito e incertezza diffusa. L’industria italiana, che si stava stabilizzando dopo una lunga crisi, con i dazi subirà un nuovo calo.
Per affrontare questa fase complessa, Confindustria propone:
- un piano di investimenti produttivi sia per fronteggiare l’attuale calo sia a supporto della domanda;
- una strategia di diversificazione dell’export, concludendo alleanze commerciali, in particolare il Mercosur;
- un rafforzamento dell’attrattività dell’Europa e dell’Italia, attraverso il completamento del mercato unico, la sburocratizzazione, l’armonizzazione delle regole.