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Maurizio Stirpe al Sole24Ore: Lavoro, così non va. Dialogo con le imprese o non si esce dalla crisi

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Maurizio Stirpe al Sole24Ore: Lavoro, così non va. Dialogo con le imprese o non si esce dalla crisi

01 agosto 2020 | Vice Presidente

“Non è questo il modo di affrontare l’autunno che ci si prospetta, con la certezza che si sono già persi 500mila posti di lavoro e il rischio che questa cifra possa anche raddoppiare.

Con i sindacati c’è un clima di tensione sui rinnovi contrattuali. Nell’azione di governo manca un disegno chiaro e soprattutto condiviso. Si parla tanto di ascolto dei corpi intermedi ma poi non si dà seguito al dialogo nella decisione politica. Il risultato è un’azione frammentata e inefficace.

Il decreto agosto non è la strada giusta per rispondere all’emergenza in cui ci troveremo nei prossimi mesi. Ed è fonte di profondi squilibri a danno delle aziende. Un esempio: al blocco dei licenziamenti deve corrispondere una cassa integrazione Covid senza condizioni, non con la griglia di costi aggiuntivi prevista nei testi circolati finora.”

Così Maurizio Stirpe, Vice Presidente per il lavoro le relazioni industriali, nella sua intervista di oggi al Sole24Ore.

“In un momento in cui le imprese sono in grande difficoltà sarebbe opportuno creare un clima favorevole ad un recupero dell’attività e di conseguenza dell’occupazione. Se si va avanti con polemiche sterili e strumentali non si fa altro che rallentare la ripresa – prosegue Stirpe.

Per quanto riguarda il dialogo con il Governo e con i sindacati: “andrebbe fatto un incontro al più presto per affrontare in modo strutturale i problemi della crescita e del lavoro. Con i sindacati abbiamo fissato un appuntamento il 7 settembre, presenti il Presidente di Confindustria, Carlo Bonomi e i tre segretari generali, per parlare di tutto, dai contratti alla riforma degli ammortizzatori sociali, alle politiche attive del lavoro.

Sul Decreto agosto atteso in questi giorni, spiega il Vice Presidente Stirpe: “Il problema principale riguarda la cassa integrazione e il divieto di licenziare. Il meccanismo individuato dal governo per risparmiare, con le percentuali a carico delle imprese a seconda della perdita di fatturato, di fatto fa sì che non ci sia più simmetria tra la Cassa Covid e il blocco dei licenziamenti.

La Cig diventa onerosa e non si tiene conto che le aziende già se la pagano. Questo non è accettabile. Le deroghe ai licenziamenti previste non tengono conto della nostra richiesta di inserire anche i casi di licenziamenti individuali e collettivi per motivi economici in cui esiste un accordo sindacale.”

“Bisogna andare oltre la prospettiva dei prossimi mesi – continua Stirpe.

Non si può proseguire con decreti che affrontano l’emergenza, con misure frammentate. Occorre un approccio strutturale: lunedì scorso abbiamo visto il ministro del Lavoro, mi auguro che si proceda con la riforma degli ammortizzatori sociali.

E per l’occupazione occorre una misura strutturale: sgravi totali per i giovani, per le donne senza limiti anagrafici, nel Sud per lo meno per cinque anni. In modo da dare una prospettiva di medio termine al paese, alle imprese e ai lavoratori.”

Sulle polemiche di questi giorni a proposito del ricorso alla Cig Covid da parte di aziende che non hanno avuto un calo di fatturato: “Lo studio Inps e Bankitalia, poi ripreso dall’Ufficio parlamentare del Senato, che prende in considerazione il fatturato delle imprese, è stato letto con superficialità e strumentalizzato – spiega Stirpe.

Le aziende fanno ricorso alla cassa integrazione quando non hanno lavoro. Il fatturato si può riferire a ordini arrivati prima oppure all’esaurimento delle scorte. Non è collegabile alla richiesta di Cig Covid che è invece legata al lockdown e alla necessità di rispettare i protocolli sulla sicurezza.

Ci sono state dichiarazioni pesanti, contro aziende bollate come scorrette. Polemiche sulla Cig, decreto agosto: sono gli ennesimi segnali del clima antimpresa che esiste nel paese, come l’analisi dell’Inps sui rinnovi contrattuali, secondo cui ci sono ancora 52 contratti da rinnovare che riguardano l’82% dei lavoratori, quindi molti di più rispetto all’anno scorso.

Sono tutte affermazioni che alimentano il conflitto.

Infine, il rinnovo dei contratti: “Confindustria vuole rinnovarli. Ma il sindacato fa richieste al di fuori dei principi stabiliti insieme nel Patto della Fabbrica di due anni fa. Chiedono troppi soldi per il contratto nazionale, che deve rispettare l’andamento dell’indice Ipca per definire il trattamento economico minimo.

A settembre ci vedremo, dopo un lungo periodo in cui è stato difficile fissare gli incontri. Sarà importante per riprendere le fila di una strategia complessiva per il lavoro, che veda le parti sociali insieme. Un modo per essere più incisivi anche nei confronti del governo.”       


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