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“Abbiamo davvero un’occasione storica. Questa legge di bilancio è importante, aldilà del contenuto numerico, perché dovrebbe essere il primo mattone di un percorso diverso. La sensazione è che ancora oggi i partiti non abbiano capito che bisogna concentrare le risorse sulla crescita e sulla produttività. Stanno dando l’assalto alla diligenza com’è successo in tutte le manovre finanziarie precedenti, in cui ognuno di solito fa la battaglia per la sua bandierina”.
Questo il primo commento del Presidente Carlo Bonomi al Documento programmatico di bilancio del Governo, espresso in un’intervista al Corriere della Sera con Federico Fubini.
“Un partito fa la battaglia per le pensioni, un altro per il reddito di cittadinanza, un terzo per un altro tema ancora”, ha spiegato il Presidente. “Non capiscono che ora bisogna concentrare le risorse su una visione d’insieme, che anteponga a tutto misure a maggior impatto sul PIL.
Invece ho l’impressione che non venga permesso al governo Draghi di fare quello che il premier ha sempre detto che serve all’Italia: tecnologia, produttività e crescita. Noi siamo sicuri che il governo sappia bene ciò che va fatto ma i partiti lo assediano».
Ciò che occorre, ha ribadito il Presidente ricordando la proposta già avanzata da Confindustria, è “un grande intervento coraggioso sul cuneo fiscale. Non lo dico solo io. L’Ocse ci sta dicendo che abbiamo il quinto livello di oneri contributivi tra i Paesi avanzati che non entrano in busta paga, perché diventano prelievo”.
Le risorse che ad oggi vi sembrano destinate, ha proseguito Bonomi, in realtà non hanno ancora preso una direzione chiara. “Si parla di 7-8 miliardi di riduzione del fisco. Ma non è chiaro su cosa. Non si parla invece di tagli al cuneo fiscale, che si calcola non sulle tasse ma sui contributi dovuti per ogni posto di lavoro, contributi di cui due terzi sono a carico delle imprese. Meno oneri contributivi significa più retribuzione lorda che resta in tasca al dipendente, e imprese più competitive se un taglio della quota contributiva riguarda anche loro”, ha spiegato il Presidente.
Sull’ipotesi del taglio dell’aliquota Irpef al 38%, Bonomi ha ricordato come si stia “parlando del 16,5% della platea dei contribuenti Irpef, non di tutti i lavoratori. E la loro aliquota effettivamente pagata è del 22,5%, non del 38%. Invece un intervento sul cuneo contributivo abbasserebbe il costo del lavoro e metterebbe più soldi in tasca a tutti”, ha osservato il Presidente.
Una misura, quella del taglio del cuneo fiscale, per cui “servono almeno dieci miliardi perché un intervento abbia effetti sensibili. Ce lo insegnano i tanti interventi precedenti di ammontare minore, che non hanno smosso niente. E sarebbe solo un inizio di percorso, per continuare in una riforma organica con la delega fiscale ma, invece di far questo, la politica preferisce destinare più risorse al Reddito di cittadinanza”, ha commentato Bonomi.
Proprio su questa misura e sulle risorse ad essa destinate, il Presidente ha ribadito che così com’è strutturata oggi non va bene: “Va cambiata – ha detto - perché non intercetta gli indigenti del Nord ed è un disincentivo per tanti anche al Sud a cercare lavoro nell’economia ufficiale. Ora si vuole mettere quasi un miliardo in più, senza realmente modificare l’assetto del provvedimento. In più si pensa di proseguire con le politiche attive del lavoro così come sono, potenziando con 4 miliardi del Recovery i centri pubblici per l’impiego invece che le partnership pubblico-privato. Ricordo che nel reddito di cittadinanza sono già stati stanziati 516 milioni nel triennio 2019-2021”.
Bonomi ha inoltre sottolineato come “lo stanziamento di 516 milioni nel triennio per rioccupare i soggetti beneficiari del Reddito di Cittadinanza ha creato in tutto 423 assunti. Per ognuno di loro lo Stato ha speso 1,2 milioni di euro, ognuno ci è costato 406 mila euro all’anno. In queste condizioni è inutile mettere altri soldi nel Reddito di Cittadinanza se non lo riformiamo. Oggi non è completo nell’intercettare gli incapienti ed è un grosso fallimento nella parte delle politiche attive”, ha aggiunto.
Il colloquio con Fubini è poi proseguito sul tema delle pensioni e di Quota 100.
“Continuiamo a mettere soldi per prepensionare chi un lavoro lo ha, pur avendo ormai la certezza che così non creiamo nuovi posti di lavoro. Per Quota 100 ci avevano raccontato che per ogni nuovo pensionato ci sarebbero state tre nuove assunzioni. Risultato, ne sono stati assunti 0,4 per ogni prepensionato. Vogliamo continuare a mettere soldi lì? È una scelta che prende a schiaffi i giovani e che è totalmente opposta a quanto indica la nostra tragica curva demografica”, ha detto Bonomi.
Il Presidente ha inoltre ricordato come in Italia esistano “nove sistemi diversi per andare in pensione anticipata, quindi non mettiamoci a giocare con le quote 100, 102 o 104, pubblico sì, privato no... perché così si sprecano solo risorse”.
Infine, il Presidente ha confermato la fiducia nell’azione del Premier e del titolare del dicastero economico.
“Credo che al Presidente Draghi e al ministro Franco sia ben chiaro cosa fare. Ma i partiti non l’hanno ancora capito. Sembrano non avere il quadro d’insieme. Preferiscono scommettere su dividendi elettorali a breve. Ci hanno sempre raccontato che noi le riforme non le potevamo fare perché non avevamo le risorse. Ma oggi le risorse ci sono, quindi non ci sono più scuse. E le riforme vanno fatte”, ha fatto notare.
“È centrale il lavoro”, ha aggiunto Bonomi spiegando i contenuti del nuovo patto sociale esteso anche al sindacato di cui ha parlato Draghi all’Assemblea di Confindustria.
“L’anno scorso - ha aggiunto il Presidente - ci siamo trovati con un milione di poveri in più, c’è un forte disagio sociale a cui si può rispondere solo facendo crescere bene il Paese, altrimenti nel 2024 saremo di nuovo con un tasso di sviluppo sotto al 2% che non ci permetterà di gestire il debito”.
Bonomi è poi tornato sul tema della sicurezza in azienda: “Non è accettabile che si muoia al lavoro. Pensiamo a commissioni paritetiche fra impresa e lavoratori, in modo che sia possibile denunciare e prevenire”.
Infine, il Presidente ha affermato: “occupiamoci delle basse retribuzioni concentrate nei settori dove non c’è contrattazione collettiva, dunque non nell’industria. In questi casi, i bassi salari non sono accettabili, non si può far finta di non vedere. Infine, c’è un problema di ingresso nel mondo del lavoro: troppi stage, troppi tirocini.
Possiamo tornare allo spirito del ‘93, con dei contratti di formazione lavoro aggiornati. Anche perché abbiamo bisogno di fare tanta formazione entrando nel mondo del lavoro. E naturalmente aumentare i salari se sale la produttività”, ha concluso Bonomi.