COMUNICATI STAMPA

BONOMI, CONFINDUSTRIA: “UN SENTITO GRAZIE AL GENERALE FIGLIUOLO”


Roma, 31 marzo 2022 - “A nome mio e di Confindustria un sentito grazie al Generale Francesco Paolo Figliuolo, servitore dello Stato serio e leale, al quale dobbiamo tutti essere grati per il cambio di marcia e di efficacia impresso alla campagna vaccinale nella difficile battaglia al Covid, che ha richiesto un impegno logistico e organizzativo senza precedenti”. Così Carlo Bonomi, Presidente di Confindustria.

“Mi fa piacere ricordare che, proprio in virtù dell’ottimo rapporto di collaborazione instaurato fin dal principio con il Generale Figliuolo – ha proseguito il Presidente Bonomi –, siamo riusciti a contribuire, attraverso l’iniziativa “Fabbriche di Comunità”, ad estendere l’offerta vaccinale e mettere in sicurezza interi territori, le nostre aziende e l’economia”.

“Auguri di buon lavoro, inoltre, al Generale Tommaso Petroni – ha concluso Bonomi –, al quale assicuriamo fin da ora la massima collaborazione di Confindustria e delle sue imprese”.


Confindustria premia le vincitrici del progetto “Women in Stem” per valorizzare il ruolo delle donne nelle materie scientifiche

Consegnate 11 borse di studio del valore di 3mila euro ciascuna alle studentesse più meritevoli iscritte al primo anno del Corso di Laurea Magistrale nelle discipline Stem per l’Anno Accademico 2021/2022

 
Milano, 29 marzo 2022 – Si è tenuta oggi in Assolombarda la cerimonia di consegna delle borse di studio alle vincitrici del progetto “Women in Stem” della Fondazione Giuseppina Mai di Confindustria, ideato in collaborazione con la Fondazione Bracco e realizzato con il supporto del Governo del Québec, di Assolombarda e del progetto STEAMiamoci.

Con l’obiettivo di aiutare le studentesse a realizzare i propri progetti di carriera nel campo dell'innovazione e della tecnologia, Women in Stem ha lanciato a novembre 2021 una call nazionale per promuovere la presenza femminile negli studi sulle materie STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) al quale hanno risposto 162 profili eccellenti da tutta Italia.

“L’evoluzione e l’innovazione tecnologica stanno rivoluzionando il mercato del lavoro, determinando un incremento nella ricerca di profili STEM ma, a questa crescita, non corrisponde un incremento dell’offerta di risorse femminili con un background di carattere scientifico e informatico. Nella diffusione dell’approccio scientifico, l’Italia sconta un gap che va superato al più presto, favorendo un grande salto culturale che coinvolge le famiglie e la società, anche attraverso un orientamento scolastico mirato” afferma Diana Bracco, Presidente di Fondazione Mai e B20 Ambassador Women Empowerment. “E’ necessario superare stereotipi e pregiudizi che rendono ancora difficile per le donne intraprendere una carriera nel mondo della scienza. La crescita è ancora troppo lenta e il tasso d’abbandono degli studi scientifici è più alto tra le donne che tra i maschi, è quindi fondamentale incoraggiare le ragazze a scegliere dei percorsi di studio nelle lauree STEM”.

“Abbiamo una grande opportunità, afferma Francesco De Santis, VicePresidente di Confindustria per R&S. “Il Pnrr rappresenta un potentissimo acceleratore per colmare i gap che hanno fino ad ora rallentato la crescita. Ricordiamo che il nostro obiettivo, se vogliamo essere davvero protagonisti delle rivoluzioni e delle sfide attuali (digitale, green, energia, salute), deve essere dominare le tecnologie. In questi ambiti - prosegue De Santis - è fondamentale sviluppare le competenze e a creare opportunità di crescita per i giovani. Il progetto Women in Stem rappresenta un contributo concreto verso un obiettivo importante: valorizzare la componente femminile all’interno del mondo della ricerca e innovazione. Per riuscirci dobbiamo creare un Sistema integrato di Ricerca, Sviluppo e Innovazione, basato sulla partenership pubblico – privato e sulla cogenerazione”.


“Già a sei anni inizia a radicarsi nelle bambine il pregiudizio che siano meno brave dei loro coetanei maschi nelle materie scientifiche. E’ un grave problema culturale con ricadute molto concrete anche per la nostra economia. Abbiamo ad esempio pochissime ragazze iscritte ad istituti tecnici, tradizionalmente vicini al mondo manifatturiero, dal 2010 ad oggi in media il 30% del totale. Dobbiamo invece sostenere le ragazze ad avere maggiore consapevolezza dei loro talenti, ha commentato il direttore generale di Confindustria Francesca Mariotti. Donne meritevoli in ambiti cruciali per il futuro del Paese sono una necessità. Rischiamo di perdere un’intera generazione di donne e di giovani che sono ai margini del processo produttivo e, allo stesso tempo le imprese non riescono a trovare i profili scientifici e tecnici di cui hanno bisogno. E’ un tema su cui abbiamo il dovere di intervenire”.

" Dobbiamo incentivare la presenza femminile sia nei percorsi di studio STEM sia nel mondo del lavoro, agendo a tutti livelli: sociale, formativo e produttivo - ha dichiarato Alessandro Spada, Presidente di Assolombarda -. In questo contesto, le imprese possono svolgere un ruolo determinante per valorizzare la diversità di genere come leva per la crescita. Inoltre, sono ampi i margini di miglioramento per trovare un reale equilibrio economico e sociale tra donne e uomini. Le ragazze che oggi celebriamo per le loro capacità, il loro talento e le loro competenze sono un esempio positivo da seguire e un elemento di grande fiducia per il futuro delle nuove generazioni e delle nostre imprese".

Oltre alle 10 borse di studio assegnate durante la Cerimonia, Assolombarda ha offerto una ulteriore borsa di studio STEAMiamoci, intitolata a Maria Gaetana Agnesi, matematica, filosofa, teologa, accademica e filantropa italiana.



CONFINDUSTRIA AL FIANCO DI MILANO CORTINA 2026
Il sistema privato delle aziende italiane, attraverso il supporto di Confindustria, sarà protagonista dei prossimi Giochi Invernali


Milano, 28 marzo 2022 – La Fondazione Milano Cortina 2026 e Confindustria Servizi S.P.A. hanno siglato oggi un Memorandum of Understanding con lo scopo di favorire la collaborazione tra le due realtà e promuovere le opportunità derivanti dal programma di marketing delle Olimpiadi e delle Paralimpiadi del 2026.

Un momento importante che evidenzia, ancora una volta, la centralità del sistema delle aziende private nella Road to the Games e il ruolo strategico rivestito da Confindustria che ha deciso di scendere in campo, al fianco della Fondazione, con l’obiettivo di incentivare la partecipazione delle imprese perché i grandi eventi, come i Giochi di Milano Cortina 2026, rappresentano un importante volano per l’attrattività del nostro Paese.

Il Protocollo d’Intesa è stato firmato nella sede del Comitato Organizzatore di Milano Cortina 2026 presso la Torre Allianz di Milano, dal CEO della Fondazione, Vincenzo Novari, e dal Vice Presidente di Confindustria e Amministratore Delegato di Confindustria Servizi S.p.A., Alberto Marenghi.

“I Giochi invernali del 2026 – ha commentato Vincenzo Novari – coinvolgono tutta l’Italia e offrono agli imprenditori grandi opportunità: l’esperienza di Milano Cortina 2026 rappresenta infatti un'occasione unica di crescita e di sviluppo per l’intero Paese. Ed è proprio in quest’ottica che il ruolo e la collaborazione con il sistema privato delle imprese diventano centrali per poter affrontare questa fantastica sfida”.

“Per Confindustria è essenziale la sinergia di obiettivi tra pubblico e privato per la riuscita dei grandi eventi. Le Olimpiadi – ha sottolineato Alberto Marenghi – ci proiettano in uno scenario internazionale e rappresentano un'occasione imperdibile per l’Italia. Il nostro sistema imprenditoriale, con la capacità progettuale, creativa e innovativa, è pronto a cogliere le opportunità che Milano Cortina 2026 offre per accrescere reputazione, attrattività e credibilità del nostro Paese, fattori rilevanti per il successo del tessuto economico e produttivo. Una grande vetrina per il Made in Italy”.



 


Roma, 23 marzo 2022 - "Desidero ringraziare di cuore il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, per la chiarezza con cui si è espresso: a questi prezzi dell’energia, oggi di nuovo in ascesa, semplicemente le imprese non possono reggere. Quindi ribadiamo la necessità di interventi di natura strutturale" – così il Presidente di Confindustria, Carlo Bonomi.



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IMPRESE ESTERE, CONFINDUSTRIA-LUISS: CONTRIBUTO IMPORTANTE ALL’ECONOMIA ITALIANA
L’Osservatorio Imprese Estere presenta il Rapporto sulle multinazionali in Italia



Roma, 23 marzo 2022 – In dieci anni l’apporto delle multinazionali all’economia italiana ha registrato un netto aumento. Infatti, nel periodo 2009-2019 il numero dei loro occupati è cresciuto del 23,6% (+289 mila addetti), raggiugendo 1,5 milioni di dipendenti nel 2019, a fronte di una perdita complessiva di circa 176 mila unità registrata dal nostro Paese nello stesso arco temporale. In aumento anche il valore aggiunto generato da queste realtà: con +55 miliardi di euro è passato a 134 miliardi di euro, una cifra che corrisponde a quasi il 30% dell’incremento del valore aggiunto sul totale della quota paese. Ma anche il loro fatturato è cresciuto sensibilmente, passando nel 2019 a 624 miliardi di euro: un aumento del 40,4% che rappresenta il 31% dell’incremento totale del fatturato delle imprese residenti. Molto rilevante risulta anche il loro contributo per R&S che, con 4,3 miliardi di euro nel 2019, rappresenta il 26% del totale della ricerca privata realizzata in Italia e imprime un forte impulso all’innovazione.

Sono questi i dati del rapporto “Le imprese estere in Italia e i nuovi paradigmi della competitività”, realizzato dall’Osservatorio Imprese Estere di Confindustria e LUISS, il primo a fornire un quadro completo delle multinazionali in Italia, con un’analisi del loro peso sull’economia italiana, le loro caratteristiche strutturali, il posizionamento all’interno delle catene globali del valore e la loro sensibilità sui temi inerenti alla sostenibilità ambientale.
Dall’analisi emerge come attraverso modelli organizzativi improntati alla gestione manageriale, una corporate governance snella ed efficiente, le grandi dimensioni e l’appartenenza alle catene del valore globali, le multinazionali estere riescano a reagire in maniera più tempestiva alle nuove sfide. Infatti, queste realtà si sono dimostrate particolarmente resilienti rispetto alla crisi pandemica, durante la quale hanno addirittura aumentato la quota di investimenti immateriali.
Dal Rapporto risulta inoltre che i profili delle multinazionali estere presenti in Italia sono coerenti con il nuovo paradigma economico, che coniuga crescita, sviluppo sociale e attenzione all’ambiente. Obiettivi ben integrati nelle loro strategie di business e di tutte le funzioni aziendali, che portano le imprese estere a svolgere anche un’importante funzione di traino per le PMI e i territori in cui operano. Le realtà a capitale estero risultano infine particolarmente inclini all’adozione di azioni e comportamenti improntati alla sostenibilità ambientale, determinando un livello di impatto di quasi l’8% in più rispetto alle altre imprese.

“Le multinazionali, spesso a capo di filiere, sono realtà fortemente integrate sia nella nostra struttura produttive, che nel contesto istituzionale e territoriale in cui operano e sono assolutamente organiche alla vocazione industriale nazionale”. Così Barbara Beltrame Giacomello, vicepresidente per l’Internazionalizzazione e presidente del gruppo tecnico Investitori Esteri di Confindustria. “Le catene globali del valore sono messe a dura prova dai rincari energetici, dalla difficoltà di reperimento e approvvigionamento di materie prime e da criticità logistiche. Questo porterà ad un ripensamento delle stesse catene del valore globali in cui l’Italia, con un approccio di sistema in cui la filiera diventa la cinghia di trasmissione tra imprese domestiche e a capitale estero, potrebbe cogliere importanti opportunità”.


"Innovazione, resilienza, alta produttività, focus sulla sostenibilità e spiccata propensione ad investire in ricerca e sviluppo e in capitale umano: i punti di forza delle aziende internazionali in Italia, fotografate dal Rapporto dell’Osservatorio Imprese Estere, raccontano un ecosistema che dà un contributo fondamentale alla crescita economica del Paese” ha sottolineato il presidente della Luiss Vincenzo Boccia, proseguendo: “Oggi più che mai, la Ricerca ha un ruolo centrale per analizzare la complessità di trend e fenomeni della nostra società, comprendendone punti di forza e criticità e proponendo strategie e soluzioni che possano avere un impatto positivo per accelerare sviluppo e competitività della nostra economia”.



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NEL POST PANDEMIA L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DEL MADE IN ITALY E LO SVILUPPO ECONOMICO DEL PAESE PASSANO DALL’INDUSTRIA FIERISTICA ITALIANA


 

È quanto rivelato da L’Italia delle Fiere Internazionali, la prima edizione del Rapporto economico-scientifico sul legame fra l’economia italiana e il suo sistema fieristico, realizzato dai Centri Studi di Fondazione Fiera Milano e Confindustria in collaborazione con CFI-Comitato Fiere Industria

 

Roma, 23 marzo 2022 – Fondazione Fiera Milano e Confindustria, in collaborazione con CFI-Comitato Fiere Industria, hanno presentato questa mattina i risultati de L’Italia delle Fiere Internazionali", lo studio economico-scientifico che per la prima volta ha analizzato il legame fra l’economia di un Paese e il suo sistema fieristico.  

Dal rapporto, che offre uno sguardo sul cambiamento dell’ecosistema fieristico è emerso che l’internazionalizzazione del Made in Italy e lo sviluppo economico del Paese passano dall’industria fieristica italiana.

L’analisi, che si sviluppa attraverso le quattro sezioni “la situazione del mercato pre-Covid e l’onda d’urto della pandemia“, “il ruolo delle fiere per le filiere del Made in Italy“, “le fiere e l’export“, “le fiere e la trasformazione digitale accelerata dalla pandemia“, ha messo a confronto i quattro Paesi europei a maggiore vocazione fieristica, ovvero Italia, Germania, Francia, Spagna e gli Stati Uniti.

La situazione del mercato pre-Covid e l’onda d’urto della pandemia

Da quanto emerge dalla prima fase dello studio, che prende in analisi il periodo 2015 – 2019, in Italia, Germania, Francia e Spagna si sono svolte più della metà (54%) delle fiere internazionali con una occupazione dello spazio netto affittato del 76%. In questi quattro Paesi si è registrata la partecipazione del 69% dei visitatori totali e del 74% degli espositori. L’Italia rappresenta il 23% delle superficie affittate, la Germania, il principale competitor, il 50% mentre la Francia il 16% e la Spagna al 12%.
L’analisi si spinge poi a osservare la situazione degli Stati Uniti – grazie a una base dati comparabile – e arriva infine ad alcune stime sul mercato mondiale. La pandemia ha colpito duramente le fiere: rispetto al 2019 si stima che il fatturato a livello mondiale sia calato del 68% nel 2020 e del 59% nel 2021.

Il ruolo delle fiere per le filiere del Made in Italy

Nel secondo capitolo vengono presi in esame gli aspetti legati all’internazionalizzazione e che riguardano tutte quelle fiere che vedono una forte presenza di espositori esteri, più del 25%, e oltre il 20% di visitatori stranieri.Tra i 4 Paesi analizzati alcuni settori spiccano per internazionalità: Sistema Moda (84% di fiere con internazionalità forte), seguito da Comunicazione Ufficio, che comprende anche le fiere di editoria (72%), Industria (70%) e Arredamento (68%). In Italia le fiere più internazionalizzate appartengono ai settori Moda, Arredamento, Industria, Salute Ambiente, Comunicazione Ufficio e Costruzioni. L’analisi quantifica inoltre le quote di mercato dell’Italia a livello mondiale per alcuni dei settori più rappresentativi del Made in Italy (arredamento, cosmetica, food e hospitality, meccanica, moda, trasporti). L’Italia ospita il maggior numero di metri quadrati nel settore moda, con una quota di mercato del 23% dei 2,7 milioni di metri quadrati venduti a livello mondiale. Nella cosmetica, che nel suo complesso supera il milione di metri quadrati venduti nei Paesi considerati, l’Italia rappresenta una quota del 13%, al secondo posto dopo la Cina. La Cina occupa la prima posizione in tutti i settori, a eccezione del comparto moda, grazie al suo enorme mercato interno.

Le fiere e l’export

A livello mondiale lo scoppio della pandemia, con il conseguente blocco dell’attività produttiva in tutti i sistemi economici, ha avuto un forte e immediato impatto sullo scam­bio internazionale di beni (-13,6% nel bimestre del primo lockdown aprile-mag­gio 2020 rispetto al mese di febbraio). Il riavvio dell’attività produttiva dal terzo trimestre 2020, la scoperta dei vaccini e infine la loro somministrazione hanno dato un nuovo slancio al commercio mondiale, che in un anno ha raggiunto nuovamente i livelli pre-crisi riagganciando il trend degli anni precedenti (Centro Studi Confindustria). Tuttavia l’invasione russa dell’Ucraina mina la crescita globale per il 2022.

Anche in Italia l’export è tornato ai livelli pre-Covid, ovvero circa a 516 miliardi di beni (il 32,6% del Pil), ma si tratta di un recupero che ha caratteristiche peculiari. Infatti, nel 2020, sono 126.275 gli operatori economici che hanno effettuato vendite di beni all’estero e nel 2019 erano 10.688 in più. In Italia esiste un esteso segmento di “micro esportatori”: 72.571 operatori che realizzano un fatturato molto limitato dalle esportazioni (fino a 75.000 euro). Solo 4.276 operatori appartengono alle classi di fatturato esportato superiori a 15 milioni di euro (segmento che realizza il 71,2% dell’export italiano). Nel 2020 è in aumento la concentrazione delle esportazioni realizzate dai primi 1000 operatori (da 51,7% a 52,6% dell’export complessivo), così come le quote dei primi 100 operatori (da 25,5% a 26,1%) e dei primi 20 (da 12,1% a 12,6%). Si sono quindi rafforzate le aziende più grandi e consolidate sui mercati esteri. Quelle più fragili e piccole, secondo una definizione Istat, hanno abbandonato i mercati esteri e non sono state sostituite da nuovi operatori (Fonte: ISTAT-ICE). In questa analisi si inserisce perfettamente il ruolo che le fiere svolgono dal punto di vista commerciale soprattutto per le PMI: l’impossibilità di accedere ai mercati attraverso le fiere ha probabilmente determinato in parte questi risultati.

Le fiere e la trasformazione digitale (accelerata dalla pandemia)

Fino al 2018, in media, solo il 2% dei ricavi degli organizzatori proveniva dal digital, con punte del 4-5% per alcuni operatori.

Nel 2020, invece, con i quartieri fieristici chiusi, gli organizzatori di fiere hanno provato a rispondere con le fiere digitali. Sono cresciuti moltissimo i canali di vendita misti online e offline, e i canali di acquisto misti: i grandi buyer hanno comprato in quantità significative, sia offline sia online. Ma alla fine l’online avrà davvero convinto? Da un’indagine condotta da GRS Research & Strategy su 1.200 espositori e 6.000 visitatori di 24 manifestazioni fieristiche italiane di livello internazionale emerge chiaramente che i buyer (visitatori) hanno partecipato in numeri piuttosto ridotti alle fiere digitali: tra gli italiani solo il 19%, rispetto al 30% degli esteri. Entrambe le categorie hanno mostrato una soddisfazione medio-bassa per quanto riguarda i fattori analizzati: mantenere le relazioni, capire le novità e le tendenze, contattare i fornitori abituali, cercare fornitori nuovi e fare ordini. Mediamente i soddisfatti sono tra il 30 e il 40%.  

Anche per gli espositori la partecipazione alle manifestazioni virtuali è limitata al 23% degli italiani e al 32% degli esteri, con soddisfazione ancora più bassa sui fattori chiave: cercare nuovi clienti (12-15%) e presentare nuovi prodotti (20-30%), Bassissima la soddisfazione sulla raccolta di ordini, anche se gli espositori esteri
appaiono lievemente più soddisfatti.

Riguardo al rapporto tra visitatori e fiere on line o in presenza, prevale nettamente il gradimento per queste ultime. La Fiera fisica, per la stragrande maggioranza degli interpellati si conferma in quasi tutti i campi con percentuali di gradimento che vanno dal 72% all’87%; dalla possibilità di fare conoscenze causali alla qualità del networking. Dalla soddisfazione generale al senso di appartenenza alla community. Dal fare business a trovare nuovi fornitori e l’ispirazione per nuove idee. L’on line raggiunge risultati apprezzabili quando si parla del rapporto valore tempo e della qualità dei contenuti formativi. Ma soprattutto, il digitale si afferma nettamente quando si affronta il tema dei costi per la partecipazione a una Fiera, con il 76% del gradimento.

In conclusione, possiamo dire che le fiere non hanno sostituti per quanto riguarda aspetti cruciali come le relazioni dirette, l’agire collettivo, la comprensione delle frontiere dell’innovazione e la rassicurazione sulle scelte di fornitura. Soprattutto per le PMI, vera spina dorsale del sistema produttivo italiano, la fiera fisica rimane un elemento chiave, un luogo rassicurante e formativo imprescindibile per la vita stessa dell’azienda.





Roma, 19 marzo 2022 – A fronte delle urgenti misure strutturali chieste al Governo sui prezzi energetici, Confindustria esprime forti perplessità, nonché delusione, su quanto ha deciso ieri il Consiglio dei Ministri.

In particolare:

-        L’indisponibilità a un taglio strutturale delle accise sui carburanti porta a una limatura per soli 30 giorni di pochi centesimi di accise per litro. Certo, è una misura rinnovabile nel tempo, ma l’effetto sul prezzo finale al consumo è ben inferiore agli aumenti in corso. Non si possono continuare a pagare accise sulla crisi di Suez del 1956 o sulla ricostruzione dell’alluvione di Firenze del 1966, per limitarsi ad alcuni esempi di un lungo elenco. Il Portogallo ha appena chiesto alla UE la riduzione dell’aliquota IVA dal 23% al 13%;

-        La rateizzazione per le imprese delle bollette relative ai soli mesi di maggio e giugno è accompagnata da garanzie pubbliche sui prestiti contratti per fare fronte ai maggiori costi delle imprese, quindi un meccanismo che da una parte non è immediatamente applicabile, dall’altra continua a inondare il sistema nazionale con misure che mal si conciliano con la logica dei flussi mensili, ma soprattutto generano indebitamento per gli operatori senza incidere  sul reale problema del costo dell’energia per il settore industriale che questa disposizione non affronta;

-        Il calcolo dei cosiddetti “extraprofitti” degli operatori che importano e realizzano operazioni di trading energetico, per come illustrato ieri nella conferenza stampa, cioè sulla base di indici presuntivi sull’IVA, visto che non è ancora dettagliato, si espone nuovamente e oggettivamente al rischio di impugnative costituzionali. Tutt’altro sarebbe stato un tetto nazionale al prezzo del gas realizzato, invece, sulla base di un’operazione trasparenza sui contratti di import vigenti e sul loro prezzo reale rispetto a quello che si determina ogni giorno sul mercato spot. Tema sul quale va comunque apprezzato che ieri il Governo abbia dotato il regolatore ARERA di poteri volti proprio a tal fine. Questo intervento va comunque accompagnato da misure finalizzate a sganciare la valorizzazione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili dal prezzo del gas.

Restiamo pienamente fiduciosi che al prossimo Consiglio Europeo il Governo italiano, insieme a quelli di Spagna, Portogallo e Grecia, avanzi misure di intervento comune e strutturale.



 
 
Roma, 8 marzo 2022 - Si è riunito oggi con procedura d’emergenza il Consiglio Direttivo di Confindustria, a fronte dell’aggravarsi sempre maggiore degli impatti sull’industria italiana dei prezzi energetici e delle materie prime e dei preoccupanti segnali di riduzione e sospensione temporanea delle produzioni. Gli imprenditori hanno condiviso la necessità di misure straordinarie che divengono sempre più urgenti per affrontare l’emergenza, sia in sede UE che da parte del Governo italiano. A cominciare da un’iniziativa concertata comunitaria per un comune prezzo regolato del gas, che tuteli industria e occupati da prezzi folli e molto diversi dai reali contratti di approvvigionamento in essere. Tra queste proposte anche la sospensione straordinaria a tempo degli ETS, che oggi penalizzano l’industria italiana più decarbonizzata di altre, e la revisione del costo marginale per fissare il prezzo orario dell’elettricità. Il mix energetico italiano va modificato radicalmente.


Roma, 2 marzo 2022 - Valorizzare il ruolo e le potenzialità delle imprese italiane a capitale estero non solo su aspetti strettamente economici, ma anche su programmi di sostenibilità ambientale, economia circolare e welfare, su cui sono impegnate le multinazionali estere. Questo il fulcro del Protocollo tra Confindustria, Regione Campania e Confindustria Campania, firmato questa mattina presso la Reggia di Caserta, per fidelizzare e supportare le imprese internazionali che operano nel territorio e creare le condizioni affinché implementino gli investimenti nelle aree in cui sono già presenti.

La firma di questo Protocollo si inserisce nell’ambito di un percorso di retention e di sensibilizzazione sull’importanza delle imprese a capitale estero, su cui Confindustria è impegnata da anni. Hanno già aderito Toscana, Lazio, Emilia-Romagna, Umbria e Piemonte e l’adesione della Campania è particolarmente significativa perché, con oltre 1.300 aziende che occupano più di 40.000 addetti, è la prima regione del Mezzogiorno per presenza di imprese estere.

Complessivamente in Italia sono presenti 15.779 realtà estere, che costituiscono lo 0,4% del totale delle imprese italiane. Esse occupano l’8,7% degli addetti, generano il 19,3% del fatturato prodotto da tutte le imprese italiane e il 16,3% del valore aggiunto. Inoltre, le multinazionali estere realizzano investimenti in ricerca e sviluppo per 4,3 miliardi di euro, pari al 26% del totale della ricerca privata.

“Confindustria sottolinea da tempo a Governo ed enti territoriali l’importanza delle imprese italiane a capitale estero come fattore strategico per la crescita del Paese”, ha affermato Barbara Beltrame Giacomello, Vice Presidente per l’Internazionalizzazione e Presidente del Gruppo Tecnico Investitori Esteri di Confindustria. “Le grandi imprese estere generano con le PMI un legame virtuoso in un’ottica di filiera. Infatti, da un lato le grandi aziende internazionali trovano fornitori di altissimo livello, flessibili nell’adattare rapidamente la produzione e, dall’altro, le nostre PMI hanno l’opportunità di entrare a far parte delle grandi reti internazionali e diventare più competitive. Per questo – ha concluso Beltrame – è importante creare le condizioni perché le imprese estere continuino a credere nel nostro Paese e supportarle nel cogliere in anticipo nuove opportunità di investimento”.

“È necessario un cambio di paradigma, – ha spiegato il Presidente di Confindustria Campania, Luigi Traettino – che porti a considerare le multinazionali non come aziende straniere, ma come imprese italiane a capitale estero. Gli enti e le istituzioni locali devono uscire da questo equivoco, comprendendo finalmente che queste grandi realtà rappresentano delle notevoli opportunità di sviluppo ed occupazione, consentendo la crescita di piccole e medie imprese locali, che possono diventare dei partner importanti. Anche le multinazionali, però, - ha proseguito Traettino – devono integrarsi compiutamente nel territorio circostante, contribuendo ad un percorso di rigenerazione urbana e di rilancio delle comunità”.

“Stiamo facendo di tutto per attirare investimenti nazionali ed esteri. Abbiamo un grande flusso di risorse in arrivo con il Pnrr, ma non basta. Servono nuovi investitori”, ha affermato Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania. “La cosa decisiva però sarà il livello di sburocratizzazione che riusciremo a raggiungere. In Campania stiamo lavorando a burocrazia zero, per creare le condizioni migliori dal punto di vista fiscale e sui tempi di decisione".

Bonomi: “Su energia servono decisioni coraggiose in tempi rapidissimi e una politica energetica comune in Europa”

Roma, 1° marzo 2022 – Una ferma condanna condivisa alla guerra in Ucraina, la necessità di implementare una politica energetica comune in Europa per far fronte ai fabbisogni del Paese e delle imprese attraverso un comitato nazionale di crisi, tra il Governo e Confindustria, e la costituzione di un organo garante a livello europeo per la misurazione degli impatti della crisi in atto e la definizione delle contromisure da adottare. Sono le principali evidenze e proposte emerse nel corso del Consiglio Generale di Confindustria, tenutosi oggi, alla presenza di numerosi imprenditori del sistema.

“L’attacco russo all’Ucraina è una gravissima violazione della libertà e dell’autodeterminazione di una nazione” ha detto il Presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, nella sua relazione al Consiglio Generale. “È un attacco che in alcun modo può essere giustificato dall’adesione alla NATO, che nei decenni successivi alla caduta del Muro hanno liberamente espresso numerosi Paesi, baltici ed est Europei. Nessuno li hai mai invasi o ha forzato la loro libera volontà nello scegliere l’Alleanza Atlantica”. 

Il Presidente Carlo Bonomi ha quindi ribadito, a nome degli industriali, il più convinto sostegno alla linea del Presidente del Consiglio Mario Draghi, di piena condivisione delle misure che l’Unione Europea sta adottando verso la Russia e di continua concertazione con la NATO. “UE e NATO sono i due pilastri fondamentali della nostra collocazione internazionale - ha dichiarato Bonomi - e in quelle sedi si devono adottare tutte le misure necessarie contro ogni tentativo di calpestare libertà e sovranità dei popoli con l’uso della forza”. 

Il Consiglio ha espresso preoccupazione per gli effetti che l’invasione dell’Ucraina avrà sugli interessi nazionali, in aggiunta ai molteplici gravi fattori che da novembre hanno preso a frenare il rimbalzo del Pil.  Dal problema della dipendenza dal gas russo, che in Italia copre una quota maggiore del consumo totale di energia e una quota molto maggiore di produzione di energia elettrica, al tema dei rincari energetici e delle materie prime. Secondo il Centro Studi di Confindustria, i nuovi picchi di prezzo in relazione alla crisi Ucraina potrebbero far salire la bolletta dell’industria a 51 miliardi nel 2022. Al tema dell’export verso la Russia, che per alcune filiere industriali rappresenta una quota elevata del proprio fatturato: arredamento, legno, abbigliamento e prodotti in pelle, a cominciare dal distretto della scarpa nelle Marche.

Oltre alla necessità di tutelare le imprese italiane presenti in Ucraina e lo stock degli investimenti diretti delle imprese italiane in Russia: si tratta di ben 442 sussidiarie italiane operanti, con quasi 35mila addetti e un fatturato annuale di 7,4 miliardi.

“L’approccio alla politica energetica deve radicalmente mutare – ha osservato il Presidente Bonomi, in accordo con il Consiglio Generale –. Finora il conto di errate scelte politiche è sempre stato presentato all’industria. Per questo chiediamo al Governo un confronto permanente di emergenza sulla valutazione delle conseguenze di questa crisi e l’avvio di un lavoro congiunto essenziale non solo per l’industria ma per la crescita dell’intero Paese”.

A tal proposito, gli industriali hanno condiviso la necessità di aumentare drasticamente nei prossimi anni la quota di GNL liquido via mare, diversificandone al massimo i Paesi di provenienza, e con impianti offshore di arrivo; potenziare la quota strutturale di energia da rinnovabili riservata alle imprese, che può realisticamente sopperire una quota rilevante di fabbisogno energetico in sostituzione al gas; arrivare a un forte aumento dell’estrazione delle riserve nazionali di gas che superi il limite di 2 miliardi di metri cubi annui attualmente definiti dal Governo.

Inoltre, se è vero che l’Italia ha stoccaggi di gas tra i più rilevanti in Europa, utili a far fronte all’eventuale riduzione dell’import dalla Russia, “è essenziale un vero mercato europeo dell’energia per metterli davvero in comune - ha sottolineato Carlo Bonomi -. Occorre quindi, abolire i dazi transfrontalieri, che ancor oggi distorcono i prezzi a nostro svantaggio; chiedere alla UE una sospensione temporanea del sistema ETS, che vede oggi la speculazione finanziaria far salire il costo della CO2 a svantaggio dell’industria italiana molto più decarbonizzata di quella tedesca. Infine, sono da rivedere molti aspetti del FITfor55 a tutela di filiere industriali essenziali, a cominciare dall’automotive, che senza una transizione sostenibile, nei modi e nei tempi, rischiano la desertificazione”.

“Siamo consapevoli che la risposta coordinata all’emergenza militare e umanitaria viene oggi prima di tutto – ha concluso il Presidente Bonomie dobbiamo essere tutti ancora più consapevoli che quello che sta accadendo avrà conseguenze molto serie sulla nostra economia e su quella di tutta Europa. Infatti, dove non c’è democrazia non può esserci né mercato e né impresa, necessarie per costruire il futuro sostenibile dei nostri figli e del pianeta”.  

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