STIRPE AL SOLE 24 ORE: IL 95% DEI LAVORATORI DELL’INDUSTRIA HA IL CONTRATTO NEI TEMPI FISIOLOGICI

09 agosto 2022 | Vice Presidente,Lavoro e Relazioni Industriali

“Il nostro è un sistema già pronto e orientato ad andare verso un'accelerazione delle procedure di rinnovo dei contratti. In questo momento anche considerando i contratti scaduti da meno di 12 mesi, abbiamo un tasso di rinnovo intorno al 95%. Nel 5% che rimane ci sono situazioni che presentano incrostazioni che contiamo entro fine anno di poter rimuovere, in collaborazione con le associazioni di categoria”. Così Maurizio Stirpe, Vice Presidente di Confindustria con delega al Lavoro e alle Relazioni Industriali in un’intervista al Sole 24 Ore.

Il minimo comune denominatore di Industria 4.0 e della transizione digitale ed energetica sarà quello di spostare il focus da un rapporto di lavoro di tipo quantitativo a un rapporto di lavoro di tipo qualitativo: “non sarà più importante la quantità ma la qualità delle ore che si lavorano. E la parte più importante sarà il risultato che si ottiene. È una rivoluzione in fieri ma nel giro di qualche anno questi aspetti prenderanno il sopravvento. Non è solo un tema del sindacato. È tutto il mondo del lavoro che deve fare un grosso sforzo per cogliere le opportunità che ci sono dietro le evoluzioni del mercato del lavoro. Tutti i processi in atto – ha sottolineato Stirpe - portano sempre più a una logica di partecipazione all'interno delle aziende, secondo cui si condividono gli obiettivi e gli strumenti per raggiungerli. Ma questo può avvenire se esiste armonia. In generale ci dobbiamo dimenticare un sistema di relazioni industriali basato sul conflitto per accedere a un sistema basato sulla condivisione”.

Ci sono due temi centrali: uno è la misura della rappresentanza, l'altro riguarda invece i perimetri della contrattazione. Una volta che avremo risolto queste due tematiche probabilmente avremo per ogni settore un contatto di riferimento” – ha proseguito il Vice Presidente. Nella contrattazione, “Quando si prendono in considerazione i livelli di inquadramento, allora significa che si incomincia a percepire le modifiche che stanno avvenendo. Nel contratto dei metalmeccanici è stato un passaggio fondamentale perché una parte degli aumenti salariali è stata collegata a una trasformazione degli inquadramenti. È la spia del passaggio da valutazioni di tipo quantitativo a valutazioni di tipo qualitativo”.

Sul salario minimo Stirpe ha affermato: “Il sistema delle relazioni industriali in Italia ha puntato molto sulla contrattazione collettiva tant'è che noi abbiamo l'80% dei lavoratori coperti dai contratti collettivi nazionali di lavoro. La direttiva europea sul salario minimo non si riferisce sicuramente al mercato del lavoro italiano, ma è evidente che è un tema che non ci appassiona perché i nostri minimi sono bene al di sopra della soglia dei 9 euro lordi individuata. Non è un tema che potrebbe creare problemi alla Confindustria, ma andrebbe poi creata una modulazione tra livello del reddito di cittadinanza, salario minimo, Tem e Tec. Per di più in Italia esiste già una sorta di salario minimo perché quando il giudice affronta una controversia legale fa riferimento al minimi retributivi e contributivi di una legge del 1989 che contiene già la fissazione dei minimi retributivi e contributivi”.

Inoltre, per avere un mercato del lavoro più moderno e competitivo bisogna completare gli avvisi comuni contenuti nel Patto per la fabbrica che riguardano il welfare, il mercato del lavoro, le politiche attive, la sicurezza nei luoghi di lavoro e la partecipazione.

“I salari e la produttività sono temi strettamente connessi – ha detto Maurizio Stirpe. Quando si mette in evidenza che in Italia i salari non sono aumentati come in Germania, Francia, Spagna, va detto che nel nostro paese negli ultimi 20 anni i salari sono cresciuti poco ma anche la produttività è cresciuta poco. Tra l'altro, per chiarezza, sarebbe necessario disaggregare il dato della crescita della produttività perché se prendiamo in considerazione l'industria vediamo che è cresciuta e i salari sono cresciuti, ma se consideriamo i servizi o la Pa allora vediamo che non crescono né la produttività né i salari”.

 


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