Indagine Confindustria sul lavoro del 2024

Note dal CSC

Giovanna Labartino, Francesca Mazzolari e Giovanni Morleo

  • L’annuale indagine Confindustria sul lavoro, svolta tra febbraio e aprile 2024, fornisce informazioni per il 2023 e inizio 2024 su struttura dell’occupazione e politiche aziendali di gestione del lavoro nelle aziende associate. In calce a questa pagina sono disponibili le tavole riassuntive e comparative relative alle principali variabili oggetto di indagine.
  • Particolare attenzione quest’anno è dedicata, da un lato, al tema delle competenze di difficile reperimento da parte delle imprese e delle azioni intraprese per farvi fronte e, dall’altro, ai premi variabili collettivi erogati e alle iniziative di welfare adottate a livello aziendale. L’indagine, inoltre, riprende il tema del lavoro agile, continuando a monitorne la diffusione e chiedendo alle imprese quanti lavoratori siano stati impiegati con questa modalità di lavoro e con quale frequenza di utilizzo.
  • Tra le imprese con ricerche di personale in corso al momento dell’indagine, il 69,8% dichiara di riscontrare difficoltà di reperimento. Disaggregando tali difficoltà in relazione alle competenze ricercate, esse emergono soprattutto per le competenze tecniche (complessivamente segnalate dal 69,2% delle imprese) e per le mansioni manuali (nel 47,9% dei casi a livello nazionale e nel 58,9% nel settore industriale). Con riferimento agli ambiti aziendali, in due terzi dei casi le difficoltà vengono riscontrate nella ricerca di competenze funzionali alla transizione digitale, in quasi un terzo dei casi se funzionali a una maggiore internazionalizzazione dell’impresa, nel 15% circa dei casi in funzione della transizione green. Tra le azioni intraprese in risposta al fabbisogno di competenze, le imprese prevedono principalmente attività di formazione rivolte al personale attualmente in forza (nel 59,7% dei casi). Quasi la metà delle imprese (49%) fa, inoltre, ricorso a servizi esterni come le consulenze e quasi un terzo (28,5%) si dichiara coinvolto in programmi educativi sul territorio (ITS Academy, PCTO, tirocini curriculari, ecc.).
  • Con riferimento al lavoro agile, i risultati indicano che il 32,6% delle imprese che hanno partecipato all’indagine ha utilizzato questa modalità di lavoro nel 2023. In particolare, questa quota risulta quasi quadruplicata rispetto alle imprese che lo utilizzavano prima del Covid. Per quanto riguarda l’intensità di utilizzo del lavoro agile, nelle imprese in cui esso è previsto, mediamente il 34% dei dipendenti non dirigenti ha utilizzato tale modalità di lavoro, per lo più per 2 o 3 giorni a settimana (tra 4 e 12 giorni al mese).
  • L’indagine continua a monitorare l’applicazione di contratti collettivi aziendali e le materie regolate da questi accordi. A inizio 2024 oltre un quarto delle imprese associate (il 25,2%) applica un contratto aziendale, cioè firmato con RSU/RSA o rappresentanze territoriali. La diffusione è maggiore nell’industria in senso stretto (dove il contratto aziendale è presente nel 33,4% delle imprese) rispetto ai servizi (18,1%) e nelle imprese più grandi (76,9% in quelle con 100 o più dipendenti) rispetto a quelle più piccole (11,6% fino ai 15 dipendenti).
  • La diffusione della contrattazione aziendale mostra quindi percentuali più elevate se calcolata sulla base degli addetti: risultano occupati presso aziende che la applicano il 65,1% dei dipendenti nel campione complessivo – media tra il 69% registrato nell’industria in senso stretto e il 59,1% registrato nei servizi.
  • Le materie regolate dal contratto aziendale, quando presente, sono principalmente i premi di risultato collettivi (nel 60,4% dei contratti), la conversione dei premi di risultato in welfare (47,7%), l’orario di lavoro (46,7%), l’offerta di servizi di welfare aggiuntivi (39%), la conciliazione vita-lavoro (36,7%).
  • L’indagine di quest’anno contiene un focus proprio con riferimento ai premi variabili collettivi e alla loro conversione in welfare. Innanzitutto, l’indagine ha rilevato che nel 2023 in oltre il 60% delle imprese sono stati effettivamente erogati i premi variabili collettivi previsti dal contratto aziendale. Inoltre, nel 40,2% delle imprese mediamente un terzo dei lavoratori ha deciso di convertire i due terzi del premio ricevuto in welfare.
  • Il 51,3% delle imprese hanno dichiarato di erogare welfare. Tale quota deriva dalla somma di coloro che lo erogano perché previsto dalla contrattazione aziendale (14,4% del totale) e di coloro che lo erogano perché previsto da altre fonti (es. CCNL) o su iniziativa unilaterale del datore di lavoro.


1. L’occupazione nelle imprese del Sistema Confindustria nel 2023

L’occupazione è aumentata, trainata da quella femminile L’occupazione dipendente complessiva nelle imprese associate a Confindustria è aumentata dell’1,4% tra fine 2022 e fine 2023, sintesi di un incremento dello 0,5% nelle imprese dei servizi e dell’1,9% in quelle dell’industria. L’aumento coinvolge le imprese di ogni classe dimensionale – seppur in misura diversa – da quelle fino a 15 dipendenti (+0,6%) a quelle con 16-99 dipendenti (+2,1%) a quelle da 100 dipendenti in su (+1,1%).

Nelle imprese associate, la crescita occupazionale nel corso del 2023 è trainata dalla componente femminile (+3,4%), mentre quella maschile risulta pressocchè stabile (+0,3%; Figura A). Secondo i dati della Rilevazione sulle Forze di Lavoro condotta dall'Istat, l’occupazione alle dipendenze complessiva in Italia nel 2023 ha invece registrato una crescita media annua simile per uomini e donne, con un aumento rispettivamente del +2,2% e del +2,5%.


Rispetto alla tipologia contrattuale, nel corso del 2023 nelle imprese associate si registra una crescita degli occupati dipendenti a tempo indeterminato (+1,7%) e una contrazione di quelli a tempo determinato (-5,4%), una divaricazione registrata anche per il complesso dell’occupazione dipendente in Italia (dati Istat). Rispetto al totale, l’occupazione a tempo indeterminato si conferma la tipologia contrattuale di gran lunga prevalente nelle imprese associate (il 92,6% del totale dei dipendenti è impiegato con tali contratti), mentre gli occupati a tempo determinato rappresentano il 5,2% del totale. Tra il 2022 e il 2023 risultano in marcato aumento gli apprendisti (+14,9%), sia nell’industria (+5,4%) sia e soprattutto nei servizi (+29,4%), dove d’altronde erano calati nei tre anni precedenti.

Diffuso l’impiego dei contratti di somministrazione Quasi un terzo delle imprese associate (30,6%) ha impiegato nel 2023 almeno un lavoratore in somministrazione a tempo determinato (ex-interinale), con una diffusione più alta nell’industria (39,9%) e nelle grandi imprese (72,3% in quelle con almeno 100 dipendenti). Per dare un’idea dell’intensità di utilizzo, si consideri che il numero di lavoratori in somministrazione di cui si avvalsa l’impresa complessivamente nell’anno è pari mediamente al 7,4% della forza lavoro complessiva riportata al 31 dicembre 2023.

La somministrazione a tempo indeterminato (staff leasing) è stata utilizzata mediamente dal 9,6% delle imprese, anche in questo caso più nell’industria (14,3%) e nelle grandi imprese (35,1%), per una quota di lavoratori somministrati in corso d’anno pari all’1,0% della forza aziendale (Figura B).

Il ricorso alla somministrazione, in termini sia di imprese che lo utilizzano sia di lavoratori coinvolti, è risultato nel 2023 ampio e molto stabile rispetto alla precedente rilevazione relativa al 2021, confermando che si tratta di una forma di impiego a cui le imprese fanno efficacemente ricorso per selezionare tempestivamente risorse specifiche da inserire in organico.


 

Turnover del lavoro più alto nei servizi Come nelle precedenti edizioni, anche quest’anno l’indagine misura il turnover in entrata (pari al 17,8% nel 2023) e in uscita (16,2%). Il tasso di turnover complessivo, quindi, dato dalla somma di lavoratori assunti e cessati nel corso dell’anno sul totale dell’occupazione a fine 2022, è risultato pari al 34,0%. Il turnover si conferma decisamente più alto nelle imprese dei servizi (47,1%) rispetto all’industria (25,7%), mentre non si rilevano differenze sostanziali tra classi dimensionali.

Gran parte del turnover in uscita è determinato da dimissioni, che hanno rappresentato la causa della fine del rapporto di lavoro nel 65,8% dei casi di cessazione.


2. Le assenze dal lavoro nel 2023

Tasso di assenteismo più alto in imprese più grandi Nel corso del 2023 le ore lavorabili pro-capite, al netto delle ore di Cassa Integrazione Guadagni, sono state mediamente pari a 1.701. Di queste, 111,9 non sono state lavorate a causa delle assenze dal lavoro (retribuite e non). Il tasso di assenteismo (calcolato come il rapporto tra le ore di assenza e le ore lavorabili) si è dunque attestato al 6,6%.

L’incidenza delle assenze, come calcolata sulla base dei dati dell’indagine Confindustria sul lavoro, è risultata più alta nei servizi (7,2%) che nell’industria in senso stretto (6,2%).

Il tasso di assenteismo si è confermato crescente all’aumentare della dimensione aziendale: 7,3% in quelle con 100 e più addetti, 4,5% in quelle fino ai 15 (Figura C).

Causali di assenza diverse per genere La malattia non professionale si è confermata la causa più frequente di assenza (3,5% delle ore lavorabili di un addetto medio), seguita dai congedi retribuiti (pari all’1,1%), mentre le categoria dei permessi per Legge 104 e degli altri permessi retribuiti rappresentano ciascuna lo 0,7% delle ore di assenza nell’anno. L’incidenza delle assenze è risultata pari al 5,8% tra gli uomini e all’8,3% tra le donne. I congedi parentali spiegano la quasi totalità della differenza, essendo pari al 2,6% delle ore lavorabili per le donne e allo 0,5% per gli uomini.



3. Le politiche aziendali, il lavoro agile e il capitale umano

Contratto aziendale presente in un’impresa associata su quattro Sulla base dei risultati dell’ultima indagine Confindustria sul lavoro, nei primi mesi del 2024 oltre un quarto delle imprese associate (25,2%) sono stimate applicare un contratto aziendale, cioè firmato con RSU/RSA o rappresentanze territoriali. Il dato complessivo risulta come media di una diffusione più alta nell’industria in senso stretto (33,4%) e più bassa nei servizi (18,1%).

Gli accordi sono anche molto più diffusi nelle grandi imprese (68,3% tra quelle con almeno 100 dipendenti) rispetto alle piccole (11,8% se i dipendenti sono al massimo 15). Di conseguenza, la percentuale di lavoratori coperti da un contratto aziendale è più alta rispetto alla quota di imprese e raggiunge quasi i due terzi del totale nel campione complessivo (65,1%) e il 70,8% nell’industria in senso stretto.

Tra le materie regolate nei contratti aziendali, in primis, i premi di risultato collettivi: oltre il 60% dei contratti aziendali nelle imprese associate a Confindustria li prevede, e la quota sale all’83,4% tra le imprese con almeno 100 dipendenti (la diffusione raggiunge il 91,3% nelle grandi aziende nell’industria al netto delle costruzioni).

Molto diffuse nella contrattazione aziendale anche la possibilità di conversione del premio di risultato in welfare (47,7%) e la regolazione dell’orario di lavoro (46,7%). In oltre un terzo dei contratti aziendali sono regolati, inoltre, l’offerta di servizi di welfare aggiuntivi rispetto a quelli previsti per legge, CCNL o regolamento aziendale (39%), iniziative di conciliazione vita-lavoro (36,7%) e il lavoro agile (33,9%; Tabella A).


I premi variabili collettivi incidono più per operai e impiegati Tra le imprese che applicano un contratto aziendale che prevede premi variabili collettivi, il 60,7% dichiara di aver effettivamente erogato un premio nel corso del 2023. Tale quota cresce al crescere della dimensione aziendale, passando dal 57,4% registrato per le piccole imprese, al 60,2% delle medie, al 79,5% per le grandi imprese.

Nel 2023 l’incidenza dei premi variabili collettivi sulla retribuzione annua complessiva è stata mediamente pari al 4,3% per operai e impiegati e al 3,8%.% tra i quadri. Nell’industria in senso stretto l’incidenza dei premi è mediamente più elevata che nei servizi e risulta particolarmente alta nelle imprese dell’industria oltre i 100 dipendenti: 5,5% per operai e impiegati e 4,5% per i quadri.

Iniziative di welfare presenti in più della metà delle imprese I risultati dell’indagine mostrano che oltre la metà (il 51,3%) delle imprese associate a Confindustria ha adottato iniziative di welfare, con la quota che sale al 57,0% nell’industria e si ferma al 43,7% nei servizi. La diffusione del welfare cresce con la dimensione aziendale: è maggiore nelle imprese con più di 100 addetti (78,7% la media complessiva, che arriva all’85,2% per quelle industriali), mentre è del 58,8% in quelle medie e del 40,9% in quelle con al massimo 15 addetti.

Il 51,3% delle imprese che sono stimate erogare welfare ai propri dipendenti può essere scomposto in relazione alla fonte istitutiva, ovvero come somma di quelle che lo erogano da contrattazione aziendale (14,4% del totale) e di quelle che invece lo erogano perché previsto da altre fonti, per esempio il CCNL o per iniziativa unilaterale del datore di lavoro. Questo secondo gruppo, per cui la fonte istitutiva del welfare esclude il contratto aziendale, è preponderante a prescindere dal settore e nelle imprese piccole e medie, mentre la contrattazione aziendale si conferma la fonte istitutiva privilegiata nelle grandi imprese (Figura D).

 

Con riferimento alle differenti modalità di erogazione del welfare previsto da contrattazione aziendale, nel 32,5% delle imprese il welfare è erogato solo a valle della conversione di un premio di risultato, mentre nel 20,8% dei casi il welfare è previsto esclusivamente in maniera svincolata dal premio di risultato; nel rimanente 46,7% (dunque, nella gran parte dei casi) le imprese prevedono entrambe le modalità (Figura E, pannello di destra).

Tra le imprese che hanno erogato premi variabili collettivi nel 2023, l’indagine ha rilevato che nel 40,1% dei casi almeno un lavoratore ha effettivamente convertito il premio in welfare, situazione più comune nell’industria (44,1%) che nei servizi (34,0%) e nelle imprese grandi (49,0%) più che nelle piccole (12,7%). In questi casi, circa un terzo dei lavoratori ha deciso di convertire, mediamente, il 67,1% del premio ricevuto.

 

 

Lavoro agile in una impresa su tre, specie per due-tre giorni a settimana Anche l’indagine di quest’anno ha rilevato il grado di diffusione del lavoro agile (o smart working) da parte delle imprese associate in due periodi distinti di tempo, ovvero prima della pandemia e nel 2023. Alle imprese che hanno utilizzato il lavoro agile, è stata inoltre chiesta l’intensità media di utilizzo, in termini di numero di dipendenti per giorni alla settimana (o al mese) di lavoro da remoto.

I risultati indicano che la quota di imprese che utilizzano lo smart working si è quasi quadruplicata, da 8,9% nel pre-pandemia a 32,6% nel 2023 (Figura F). Questa modalità di lavoro si conferma maggiormente diffusa nelle imprese dei servizi (38,5%) rispetto all’industria (28,2%), anche per la natura stessa dell’attività. In particolare, poi, la diffusione del lavoro agile è legata alla dimensione aziendale, essendo presente in meno di un quarto delle imprese piccole, con meno di 15 dipendenti (24,2%), in circa un terzo delle imprese medie, tra 16 e 99 dipendenti (35,5%), e in due terzi delle imprese grandi, con più di 100 dipendenti (66,6%).

 

 

Passando ad analizzare l’intensità di utilizzo del lavoro agile risulta che, nelle imprese in cui esso è previsto, oltre un terzo dei dipendenti non dirigenti ha utilizzato tale modalità di lavoro (34%), senza differenze sostanziali tra il dato dell’industria (33,8%) e quello dei servizi (34,2%). Più nello specifico, l’8,9% dei dipendenti lo ha utilizzato per al massimo 1 giorno alla settimana (fino a 4 giorni al mese), il 20,9% ha scelto tale modalità per 2-3 giorni a settimana (5-12 giorni al mese), e il 4,2% per oltre 3 giorni alla settimana (oltre 12 giorni al mese; Figura G).

 

 

Difficoltà di reperimento delle competenze per oltre due imprese su tre Nell’indagine di quest’anno, alle imprese è stato chiesto se riscontravano significative difficoltà di reperimento di personale nelle politiche di assunzione. Tra le imprese che avevano in corso ricerche di personale al momento della compilazione del questionario, il 69,8% ha riportato di aver riscontrato difficoltà.

La quota di imprese che dichiarano difficoltà è più elevata nell’industria (73,5%) che nei servizi (65,0%) e cresce con la dimensione aziendale, dal 64,8% nelle imprese piccole, al 72,8% in quelle medie e al 77,6% nelle grandi (Figura H).


 

Le maggiori problematiche emergono per le competenze tecniche (segnalate dal 69,2% delle imprese con difficoltà di reperimento) e per quelle manuali (47,2%). Meno diffuse le segnalazioni riguardanti le competenze trasversali (16,5%) e quelle manageriali (8,3%).

Per quanto riguarda, invece, gli ambiti aziendali, si registrano maggiori problemi nel reperire risorse con competenze funzionali alla transizione digitale, segnalate mediamente dal 66,3% delle imprese con difficoltà di reperimento, e in particolare dal 76,6% nei servizi (contro 58,4% nell’industria). Risultano meno diffuse le problematiche negli ambiti internazionalizzazione (32,5%) e green (15,1%), anche se per entrambe si rileva una maggiore diffusione in imprese grandi e industriali; Figura I).


Quasi i due terzi delle imprese che segnalano difficoltà di reperimento (64,3%) intraprende azioni per farvi fronte, concentrandosi soprattutto sulla formazione del personale attualmente in forza (59,7%). Da sottolineare, inoltre, che il 49,0% delle imprese ricorre a servizi esterni, come consulenze e collaborazioni, e che il 38,3% è intervenuta allargardo il bacino di ricerca in termini di aree geografiche o metodologie di recruitment. Infine, più di un quarto del totale delle imprese (28,5%) è coinvolto in programmi educativi sul territorio (ITS Academy, PCTO, tirocini curriculari, ecc.), oltre la metà (50,7%) tra quelle più grandi.

Formazione fondamentale in risposta alle difficoltà di reperimento delle competenze Ancora in tema di competenze, dall’indagine risulta che nel corso del 2023 ben oltre la metà delle imprese ha offerto ai propri dipendenti (non dirigenti) almeno un’attività di formazione diversa da quella obbligatoria, per una percentuale di dipendenti in formazione in queste imprese mediamente pari al 57,0%.

Come detto, la formazione dei dipendenti rappresenta una delle azioni principali messe in campo dalle imprese per affrontare la carenza di competenze sul mercato del lavoro. Tale evidenza è dimostrata anche dal fatto che, se nella media nazionale la quota di imprese che ha svolto attività di formazione nel 2023 è pari al 57,0%, la quota di imprese “formatrici” è sensibilmente più alta tra quelle che hanno riscontrato una qualche difficoltà di reperimento delle competenze (66,0%) rispetto a quelle che o non cercavano o non hanno riscontrato difficoltà (51,4%; Figura J). Ciò vale a prescindere dal settore o dalla dimensione aziendale, ma va tuttavia rilevato che la differenza tra le due quote è sensibilmente più alta nell’industria (dove è pari a 18 punti percentuali) e in particolare tra le piccole imprese industriali (21,6 punti percentuali).

 

 


Appendice: Le caratteristiche dell’Indagine annuale Confindustria sul lavoro

Edizione 2024

Questa nota esamina i risultati dell’Indagine Confindustria sul Lavoro del 2024 che, come in precedenti edizioni, è andata sul campo nei primi mesi dell’anno. La somministrazione dei questionari da parte delle Associazioni del Sistema Confindustria alle proprie imprese associate ha avuto inizio il 12 febbraio 2024, con un termine inizialmente fissato per il 29 marzo, poi prorogato al 19 aprile.

Il campione di quest’anno è costituito da 3.742 aziende. Complessivamente a fine 2023 le imprese che compongono il campione occupavano 813.366 lavoratori dipendenti a livello nazionale.

Come in precedenti edizioni, il questionario di quest’anno include domande relative agli orari e alle assenze dal lavoro, alla struttura e alla dinamica della manodopera occupata con diverse tipologie contrattuali e alle politiche aziendali, con particolare riferimento alla contrattazione aziendale, alle competenze di difficile reperimento e al capitale umano.

Nel questionario è stato confermato anche l’approfondimento relativo allo stato e ai giudizi delle imprese sull’utilizzo del lavoro agile.

Nella presentazione dei risultati dell’indagine, le imprese del campione sono classificate per comparto sulla base del CCNL applicato (Tabella A1) e per dimensione aziendale sulla base del numero di occupati alle dipendenze a dicembre 2023. Dettagli sulla composizione del campione per comparto e numero di addetti sono riportati nella Tabella A2.

In questa nota (come in quelle elaborate a commento di edizioni passate dell’Indagine Confindustria sul lavoro) i risultati medi a livello nazionale sono ponderati sulla base della distribuzione (per 11 comparti e 3 classi dimensionali) degli occupati nel totale delle imprese associate a Confindustria.

 

Gli orari e le assenze dal lavoro: definizioni e metodologia di calcolo

I giorni lavorabili sono calcolati sottraendo ai 365 giorni dell’anno:

  • i sabati e le domeniche (105 giorni) e le festività infrasettimanali nel 2023 (10 giorni);
  • il dato aziendale dei giorni di ferie, quelli di P.A.R. (ex festività e riduzione orario di lavoro) e quelli di permesso per banca ore e conto ore.

Le ore lavorabili annue sono calcolate:

  • moltiplicando i giorni lavorabili per l’orario settimanale normale del personale a tempo pieno al netto delle pause retribuite, diviso per cinque;
  • sottraendo le ore pro-capite di Cassa Integrazione Guadagni effettuate dal personale.

Il tasso di assenteismo è calcolato come il rapporto percentuale tra le ore di assenza e le ore lavorabili, ed è disponibile per sesso, qualifica e tipologia di assenza.

I risultati si basano sulle risposte fornite dalle 3.469 aziende del campione che hanno compilato la sezione del questionario relativa agli orari e alle assenze dal lavoro.

 

 


Contatti

Nome Cognome
 +39 123.456.789
 ZZZ
Dove siamo
Complementary Content
${loading}