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Autori: Hubertus Bardt, Sandra Parthie, German Economic Institute, Cologne / Ciro Rapacciuolo, Livio Romano, Centro Studi Confindustria, Rome / Christian Helmenstein, Economica, Wien / Jyrki Ali-Yrkkö, Etla, Helsinki /Emmanuel Jessua, Rexecode, Paris
La crisi del coronavirus è una sfida sanitaria ed economica che richiede una risposta innanzitutto europea. Il Centro Studi Confindustria, insieme alla rete europea dei centri di ricerca ETTE (European Think Tank Exchange), lancia un appello in vista del Consiglio europeo di domani.
La crisi che stiamo vivendo è molto diversa da quella del 2008/2009 ma, come allora, rappresenta una minaccia gravissima alle economie di tutta Europa. A causa del coronavirus è l’intero sistema economico del continente ad essere colpito ma poiché il virus non ha investito tutti i paesi nello stesso momento e con la stessa intensità, vi saranno distorsioni nel funzionamento delle catene del valore che legano le imprese dei vari paesi membri nei prossimi mesi. A meno che non si decida di agire in modo coordinato e tempestivo a livello europeo.
L’effetto sulla crescita del PIL di quest’anno stimata per diversi paesi UE varia da -5 per cento in uno scenario ottimistico, a -12 per cento in uno scenario pessimistico.
Per affrontare la crisi nell’immediato serve un programma europeo di salvataggio (European Rescue Programme), che si occupi di gestire la discesa dei tassi di contagio e di garantire che esistano livelli adeguati di apparecchiature mediche e servizi sanitari per fronteggiare l’uscita dall’ondata epidemiologica e la possibile nuova ondata nei prossimi mesi. E servono azioni coordinate anche a livello europeo per garantire liquidità ad imprese, banche e famiglie in questa fase di contrazione fortissima dell’attività produttiva, grazie alla BCE, alla BEI ed altre istituzioni comunitarie.
Ma oltre a gestire insieme l’emergenza, i paesi europei hanno bisogno di un programma comune per la ripresa (European Recovery Programme) che miri a rilanciare la crescita economica su basi sostenibili. L’Europa deve garantire la libera circolazione di persone, merci e servizi tra paesi membri. Al contempo, necessita di un piano che finanzi con risorse adeguate e in tempi celeri nuovi investimenti pubblici e privati, focalizzandoli su salute, tecnologie, economia verde. Il Green Deal dovrà avere un ruolo centrale all’interno di questa strategia di rilancio.
I 1500 miliardi attualmente previsti dalla Commissione per sostenere la ripresa post-coronavirus appaiono per adesso adeguati alla sfida che hanno davanti le economie europee. Tuttavia, per evitare rimbalzi asimmetrici delle economie dei vari stati membri dopo la fase di emergenza, è indispensabile che il programma europeo che ne determinerà l’utilizzo sia implementato rapidamente, al più entro settembre 2020.
Azioni unilaterali da parte di singoli stati membri devono essere evitate, perché contribuiscono solo ad aggravare la crisi economica aumentando l’incertezza, minando la fiducia di cittadini e imprese, e accrescendo i costi di produzione. Le catene del valore europee hanno bisogno quanto prima di un ritorno a condizioni di normalità nella gestione dei rapporti tra imprese. In gioco c’è la competitività internazionale dell’industria europea nei prossimi anni.